Questa storia (chiamiamolo aneddoto ma è una vera e propria storia) ha inizio circa 35 anni fa ma ha avuto una sua rievocazione leggendaria ieri in una mezza maratona in una tranquilla cittadina immersa nella pianura padana (rispettiamo la privacy senza dire che è la cittadina che ha dato i natali ad un grande maratoneta italiano quale Massimo Magnani ed ha avuto una società leggendaria che ha tesserato Laura Fogli, Orlando Pizzolato ed Emma Scaunich fra gli altri…) con pochi tranquilli iscritti in una tranquilla mattinata con il fiume Po un po’ tanto altino da far pensare agli organizzatori che bisognava pure calcolare i tempi della piena per poter capire se si poteva partire o meno.
In questo piccolo balzo indietro di 35 anni o più io devo definire subito quelle che erano le “signore del ragu’ nel contesto sportivo dell’Italia degli anni ’70 e ’80 immediatamente successivo alle domeniche a piedi che hanno fatto nascere un po’ in tutta Italia le cosidette corse “non competitive”. Ebbene all’epoca nelle innumerevoli corse “non competitive” che esistevano un po’ ovunque esisteva un nucleo di atleti terribilmente competitivi che si intrufolava in quelle corse e con un codice d’onore del tipo “Chi fa gara vera parte alle nove meno un quarto e non un secondo prima…” dava vita a sfide che le innumerevoli corse competitive che pullulano sul suolo nazionale adesso possono decisamente scordarsele. In breve quelle “non competitive” erano decisamente più competitive delle competitive di adesso se è vero che vi si trovavano anche una ventina di atleti in grado di correre a 3’20” per chilometro e per “vincerle” molto spesso bisognava correrle addirittura a 3’10” al chilometro (ma a Verona per esempio potevi “perderle” pure correndo a 3′ per chilometro perché potevi anche trovarci Bordin e Pimazzoni…). Da sfondo a queste sfide c’era comunque una cornice di migliaia di atleti veramente non competitivi dove assieme a quelli che corricchiavano (magari anche sotto ai 4′ per chilometro che adesso viene ritenuto un ritmo da “big”) ce n’erano anche proprio di quelli che camminavano e basta come avviene nelle vere non competitive di oggi e, per certi tratti, ahimè, anche nelle competitive propriamente dette di oggi. Fra questi c’erano anche le mitiche “signore del ragù” che erano quelle signore generalmente non troppo giovani (diciamo dai 60 in su) che camminavano tranquille parlando del ragù che avevano già messo in pentola e che dovevano andare a controllare a casa abbastanza presto. Quanto presto? Diciamo presto in un modo piuttosto preciso, più o meno giusto giusto da presentarsi sul rettilineo finale della non competitiva terribilmente competitiva assieme ai più forti dei pazzi scatenati partiti con la regola del codice d’onore che si giocavano la vittoria nel rettilineo finale (spesso una stretta stradina di campagna perché chissà come mai, pur avendo corso anche su stradoni immensi, andavi a finire quasi sempre in una stradina di campagna…) correndo sul filo dei 25 chilometri all’ora come se fosse il finale di un 1500 di buon livello. In questi casi chi correva lo sprint o aveva una lucidità tale da vincere controllando con grande maestria l’azione di corsa oppure poteva finire per travolgere le signore del ragù lasciando spazio per la vittoria all’atleta meno dotato di sprint ma più dotato di doti coordinative atte a scansare le signore del ragù. In breve, siccome erano corse “non competitive” non potevi pensare di poter avere il rettilineo finale tutto a tua disposizione per poter giocare lo sprint finale a tuo piacimento come se fosse una gara di 800 metri dove si può allargare la traiettoria fino ad arrivare a correre in quarta corsia. Lì la quarta corsia proprio non esisteva ed esisteva solo un pertugio dove inserirsi con maestria senza buttare per terra nessuno ed andare a vincere la corsa “non competitiva” che più competitiva non si può.
Questa è la leggenda, le signore del ragù esistono ancora, eccome se esistono, ma non esistono più gli atleti che le importunano con questi atteggiamenti strani, o meglio se esistono (ma quelli veramente competitivi sono terribilmente pochi) sono stati dirottati sulle corse cosiddette competitive dove per iscriverti devi accendere un mutuo e la vera competizione è durante la settimana per racimolare su i soldi per quella iscrizione più che per la gara vera e propria…
Le signore del ragù esistono talmente tanto che… l’aneddoto deve essere finito con altra parte di racconto che trova narrazione circa trentacinque anni dopo in questa competitiva nemmeno troppo cara nell’iscrizione se devo ammettere che non ho acceso nessun mutuo ed insomma mi sono sobbarcato l’onere della trasferta standoci dentro con i costi (grazie al metano che anche se inquina quasi come un carburante vero costa comunque molto meno e alla transpolesana che non ti fa pagare nessun pedaggio…).
Stavo correndo, non a ritmo folle ma insomma ad andatura sufficiente per ipotizzare un attacco al mio stagionale sulla mezza maratona (e quello per la privacy proprio non va assolutamente scritto) e sento dietro me con passo leggero e per nulla rumoroso una signora che con voce per nulla affannata dice: “A me piace stare leggera…” un’altra con passo altrettanto leggero e certamente non affaticata che risponde: “Anche a me non piace per nulla stare lì a fare tanta fatica”. Stavo quasi per voltarmi e dire: “Voi avete capito l’essenza dello sport, bello competere indubbiamente, oggi per esempio io sto tentando di fare il mio record stagionale in questa mezza in una sfida con me stesso ma non ha alcun senso affannarsi più di tanto e poi è certamente una bella cosa tentare di correre leggeri anche per non sovraccaricare le articolazioni…”. Sono stato zitto un po’ anche perché volevo risparmiare fiato e ho sentito anche la battuta successiva: “E poi questi unti, no guarda io ho un’ altra filosofia…” e lì proprio l’istinto stava per prevalere sulla necessità di risparmiare fiato e per un nonnulla mi sono trattenuto dal dire: “Signora, sono perfettamente d’accordo con lei, sono 45 anni che corro e non ho mai messo un filo di olio di canfora sulle gambe prima delle gare, cos’è questa mania di ungersi sempre come se un buon riscaldamento non bastasse… uno cosa deve ungersi per guadagnare due secondi in una gara di ventuno chilometri?”. Invece sono stato zitto anche lì ed ho fatto bene perché la replica dell’altra signora dopo un breve istante di pausa è stata: “Comunque io un po’ di cipolla alla fine ce la metto sempre” e lì, come per incanto, mi si è acceso un bagliore e mi si è rinnovata in tutto il suo splendore la leggenda delle signore del ragù solo che queste non stavano intralciando il mio incedere ma stavano chiacchierando tranquillamente mentre correvano al ritmo del mio stagionale sulla mezza e se non stavo attento mi superavano pure. Le ho guardate ed ho visto che erano pure giovani, sui 35 circa, ben più giovani delle signore del ragù di un tempo. Ho pensato che l’età del ragù si è abbassata di molto ma poi ho istintivamente aumentato e penso che sia stata la cipolla a farmi aumentare perché senza nessun disprezzo per le signore, al contrario anche abbastanza carine, io la cipolla non l’ho mai potuta sopportare e così sono andato con un leggero affanno in più verso il mio destino dello stagionale di ieri sulla mezza graziato da un Po che ha deciso di non passare al massimo nel momento della gara (altrimenti la annullavano come hanno fatto a Torino) lasciando le signore ad un agonismo più soft ma non per questo meno nobile e soprattutto alla loro disputa sul fatto che alla fine un po’ di cipolla ci va sempre. Per me invece la cipolla non ci va proprio mai. Non ci va l’olio di canfora che unge terribilmente e non ci va nemmeno la cipolla…