L’ALTERNANZA CAMMINO-CORSA PER APPRODARE ALLA CORSA CONTINUA E COME MEZZO POST INFORTUNIO

Non sempre e non per tutti la corsa continua su lunghi tratti anche se lenta è praticabile senza inconvenienti e/o senza fatica. Con riferimento ai principianti che non hanno mai praticato la corsa ed anche a chi, pur avendola praticata, è stato costretto ad una lunga pausa per colpa di un infortunio è necessario partire dalla semplice camminata inserendo tratti corsa via via più lunghi prima di essere pronti per la corsa continua.

Questa graduazione della corsa infiltrata nel cammino non è una cosa proprio facile se non ci si è già trovati nella stessa situazione altre volte ed è piuttosto facile sbagliare soprattutto eccedendo con il carico più che eseguendolo troppo blando.

Un primo consiglio da dare è quello di partire da tratti di corsa proprio brevi. Meglio qualche tratto in più ma di breve durata che pochi tratti ma di durata eccessivamente lunga. Ovviamente per capire il momento giusto per inserire la corsa nel semplice cammino bisogna valutare bene quest’ultimo. Il caso clamoroso nel quale è assolutamente opportuno inserire al più presto la corsa se uno è intenzionato a praticarla come mezzo di preparazione è quando con il cammino si è arrivati a quantità e velocità di percorrenza più che ragguardevoli. Possono esserci notevoli resistenze alla corsa che, essendo per definizione “una successione di salti” (io direi in modo più pignolo “una successione di passi rapidi con una fase di volo”), è anche notoriamente traumatica, ma, se non ci sono problemi articolari particolari io non vedo perché quando un soggetto è arrivato a camminare per un’ora senza problemi e magari, se vuole, è pure in grado di fare dei tratti di cammino sfiorando la velocità di 8 chilometri all’ora (che, provare per credere, è un ottimo indicatore di efficienza fisica) non possa affrontare senza problemi dei brevi tratti di corsa da inserire nel cammino. Per chi prova a camminare ad otto chilometri all’ora e ci riesce provare a correre è la cosa più normale ed istintiva che ci sia. Arrivati ad otto chilometri all’ora infatti viene proprio spontaneo correre perché a quella velocità è più facile correre che camminare. C’è qualche soggetto che trova istintivo mettersi a correre già quando cammina a 7 chilometri all’ora, altri che addirittura hanno questo istinto già a sei chilometri all’ora, sono cose individuali, ma diciamo comunque che se un soggetto camminando a 8 chilometri all’ora non ha l’istinto di mettersi a correre o ha un talento innato per la marcia oppure ha dei seri problemi con la corsa. Insomma la corsa è la naturale evoluzione di una camminata molto veloce che è talmente veloce che ci impedisce di non fare una fase di volo fra un passo e l’altro. Guardate che anche i marciatori di alto livello anche se marciano molto correttamente e con un bello stile quando superano certe velocità inseriscono inevitabilmente una fase di volo in ogni passo e se non vengono squalificati è solo perché tale fase di volo non è decisamente valutabile e si riesce ad apprezzare solo analizzando l’azione al rallenty. Poi la correttezza della marcia è decisiva per innescare eventuali sanzioni e può capitare che non venga squalificato chi “vola” un po’ di più ma ha una marcia decisamente corretta mentre che venga squalificato uno soggetto che “vola” anche piuttosto poco ma non ha una marcia corretta. Per assurdo se un soggetto non sa marciare può essere squalificato anche se non vola proprio per niente perché la marcia ha delle sue regole imprescindibili che non dipendono nemmeno dalla presenza o meno di una fase di volo. Il marciatore che marcia male pur avendo sempre un piede a contatto con il terreno vuol dire che è proprio scoordinato nel senso che in genere si marcia male perché si sta forzando molto il ritmo. Chi non ha nemmeno una impercettibile fase di volo vuol dire che non sta forzando il ritmo, se marcia male a quei ritmi vuol dire che proprio non sa marciare. Al contrario il vero marciatore riesce a tenere un ottimo assetto di marcia anche se accentua la fase di volo e a quel punto verrà squalificato solo per questa che, chiaramente, non può essere troppo accentuata ma se il problema è solo questo basta che riduca anche di poco il suo ritmo per ridurre di molto la fase di volo ed approdare ad una marcia corretta sotto tutti i punti di vista.

Tutto questo per dire che anche il talento della marcia, oltre certi ritmi finisce inevitabilmente per correre… anche se sembra che stia ancora marciando. A maggior ragione, chi non è un talento della marcia oltre una certa velocità (io dico 8 chilometri all’ora ma per qualcuno è anche meno…) avrà l’istinto di correre. Ecco, la corsa più istintiva che ci può essere è quella leggermente superiore al ritmo del cammino veloce e tenerla per brevi tratti non dovrebbe essere molto difficile. Ovviamente se l’obiettivo è inserire dei tratti di corsa nel cammino, più che abbassare il tempo di esecuzione dell’intero tratto di cammino-corsa, non ci interessa tenere una elevata velocità dei tratti di cammino e così potrà essere che il recupero di cammino fra un tratto di corsa e l’altro sia più lento della solita camminata non “infiltrata” da tratti di corsa. A tal proposito qualcuno obietta che se deve inserire per le prime volte dei tratti di corsa non vuole nemmeno metterci dentro dei tratti di cammino nel recupero e preferisce recuperare completamente da fermo. Ognuno ha i suoi gusti e anche questa può essere una soluzione. Unica cosa che suggerisco a chi fa dei tratti di corsa recuperando da fermo senza camminare è che questi tratti non siano troppo veloci perchè obiettivamente il recupero da fermo potrebbe anche darci la dispoinibilità energetica per affrontare dei tratti di corsa a ritmo via via crescente ma in un’ottica di buona gradualità dell’incremento del carico questa non è una splendida mossa. Mi tocca dare dei numeri di quelli che sono molto restio a dare per spiegarmi. All’inizio, in chi si accosta alla corsa il problema non è correre molto velocemente ma riuscire a fare tratti di corsa continua abbastanza lenta sempre crescenti. Se questi tratti molto lenti sono per esempio a 9 chilometri all’ora (ritmo decisamente abbordabile per la maggior parte dei principianti) non ha senso cercare di correre a 18 chilometri all’ora (esattamenti il doppio) dopo pochi giorni se questi tratti di corsa sono di una lunghezza di poche centinaia di metri. Anche se non sono un grande sostenitore della corsa lunga e lenta l’approccio metodologico più graduale è certamente quello che prevede l’inserimento di tratti di corsa continua di alcuni minuti prima di passare ad esplorare andature nuove. Insomma fintanto che il neo podista da 9 chilometri all’ora non riesce a correre per almeno dieci minuti consecutivi è inutile che si ponga il problema di vedere per quanti metri riesce a correre ad andature diverse. In realtà i podisti italiani tendono a commettere l’errore opposto per un fatto culturale: siamo immersi nella cultura della corsa su strada e fintanto che uno non riesce a correre almeno 40 minuti consecutivi (se non un’ora o più…) non si sente nemmeno un podista e quasi si vergogna a provare a correre ad andature diverse da quelle della corsa continua. Anche qui la faccenda è molto soggettiva in ogni caso io affermo che la curiosità di correre ad andature diverse in chi non riesce a correre nemmeno per un chilometro consecutivo senza fermarsi a camminare è una curiosità strana ma la “non curiosità” di provare ritmi diversi per chi riesce già a correre mezz’ora consecutiva senza problemi è altrettanto strana. Dunque semplificando in quell’operazione impossibile che ci vede ipotizzare un podista “medio” (che non è mai esistito e mai esisterà perché è siamo tutti uno diverso dall’altro) si può pure dire che dopo che un neo podista è riuscito a correre uno o due chilometri di corsa continua a ritmo lento potrà avere la curiosità di vedere cosa succede ad andature leggermente superiori. Questo sarà il primo vero e concreto esperimento della sua carriera di podista, esperimento che molti tardano troppo a fare e che essenzialmente ci darà una risposta in breve tempo ad un quesito amletico: “Faccio più fatica ad incrementare la distanza di corsa mantenendo questa andatura lenta che ho iniziato ad usare appena mi sono approcciato alla corsa o faccio più fatica ad aumentare questa velocità, anche di poco e su brevi tratti perché questa nuova velocità la trovo poco naturale e poco istintiva?” A grandi linee siamo divisi in due partiti e qui c’è proprio quel bipolarismo che in politica viene contestato da molti (in primis dal sottoscritto che si definisce un “estremista” di centro…). C’è chi fa più fatica ad aumentare la distanza della corsa anche se la mantiene a basso ritmo e c’è chi fa più fatica ad aumentare la velocità di corsa anche se per brevi tratti. Poi esistono gli ibridi, gli indecisi, ma quelli, almeno in un primo tempo, sono piuttosto pochi.

Allora anche qui ci tocca dare i numeri per semplificare. C’è chi dopo essere riuscito a correre circa due chilometri di corsa continua in 13-14′ in pochi giorni arriva a correre mezz’ora allo stesso ritmo senza problemi. Evidentemente quel soggetto grandi problemi di resistenza non ne ha e se si diverte pure a correre a quel ritmo si è già scoperto un potenziale corridore di lunghe distanze. Poi c’è chi non ci sente a correre mezz’ora a quel ritmo però se gli dici di correre 100 metri in 18″ o anche 17″ non ci pensa un attimo, li fa punto e basta senza nessun problema. Non è che abbiamo scoperto un velocista ma abbiamo già scoperto un soggetto che ha un minimo di elasticità muscolare e coordinazione perché senza quelle i 100 metri non riesci a correrli nemmeno in 20″. Il passo successivo ci chiarisce le idee: se quel soggetto resiste dall’idea di correre mezz’ora a ritmo continuo anche se ad un ritmo qualsiasi e proponendogli altre corse su tratti di 100 metri arriva facilmente a 16 o anche a 15″ sui 100 la risposta è già data: il soggetto è più portato per la corsa veloce che per la corsa di resistenza a come tale, anche se vorrà farlo non potrà incrementare i chilometraggi di percorrenza della corsa continua in modo rapido perché non ha le doti fisiche per farlo. Al contrario al soggetto che riesce ad aumentare la lunghezza delle corse ma fa fatica a correre 100 metri anche in meno di 20″ non si potrà suggerire di fare delle corse veloci aumentando sempre più la velocità come se nulla fosse perché quel compito risulta difficile per quel soggetto.

In sintesi si scopre in breve tempo la propensione per le distanze lunghe o per quelle brevi e le tappe successive di evoluzione devono essere calibrate su quelle caratteristiche.

Tale discorso riguarda anche chi si riaccosta alla corsa dopo un infortunio arricchito del fatto che bisogna considerare l’infortunio dal quale il soggetto proviene. Qui la faccenda è complessa perché può trattarsi di un soggetto che ha buona propensione per le corse di velocità ma magari si è fatto male proprio con quelle e pertanto anche se sarebbe fisiologicamente portato a trattare in breve tempo buone velocità di corsa deve un po’ frenare per motivi riabilitativi. E così il soggetto resistente che non fa nessuna fatica in breve tempo a tornare a correre per più di un’ora ma non può farlo perché il suo inconveniente, guarda a caso, si manifesta proprio quando corre le lunghe distanze. Insomma può essere proprio il tipo di infortunio più che le proprie caratteristiche personali a suggerire un nuovo approccio alla corsa evitando un certo tipo di sovraccarico che può essere stimolato di più dalla corsa veloce o da quella lunga a seconda delle situazioni.

Il classico commento a queste esposizioni terribilmente generiche è “Ma io non sono né veloce, né resistente e faccio fatica sia a ad aumentare la velocità che la lunghezza dei tratti di percorrenza…” E la risposta ancora più banale a questo commento è che comunque tutti fanno fatica sia ad aumentare la velocità che la distanza dei tratti percorsi. Poi, a pensarci su, si scopre che una predisposizione verso la velocità o verso la resistenza c’è.

Sui perfetti ibridi, che, anche se rari, esistono c’è da dire una cosa. Ce ne sono di più bravi e di meno bravi. I meno bravi non devono disperare perché pian pianino potrebbero, per esempio, arrivare al record del mondo degli 800 metri. In fondo in fondo il primatista degli 800 metri è un atleta eccezionale oppure, visto in un altro modo, un atleta che sui 100 metri le prende da un sacco di atleti anche di livello non eccelso e, nella maratona, se proprio arriva in fondo, probabilmente le prende pure da un buon numero di amatori. Negli 800 metri…. fa il record del mondo, ma quella è una delle tante stranezze legate al mondo della corsa.