Nello sport odierno la vittoria è ormai fine a se stessa e non più indirizzata a raggiungere la “distrazione”, l’emozione che lo sport dovrebbe regalare. Distrazione nello sport di oggi è un accidenti muscolare che ti impedisce di proseguire la regolare preparazione che deve portarti al successo. Il concetto di “distrazione” proprio non si sa dove stia di casa. Eppure la radice proprio della parola sport deriva da questa “distrazione” e non da “secondo lavoro” oppure “cosa molto importante per tenere alto l’onore della Patria”.
Dobbiamo perseguire il fine della vittoria delle emozioni nello sport quale che sia il risultato tecnico agonistico. Se riusciamo a far vincere nuovamente le emozioni abbiamo fatto vincere lo sport. Troppi sportivi ormai si emozionano davanti alla televisione a vedere le gesta degli eroi della Patria che trionfano nello sport professionistico, troppo pochi si emozionano nell’ottenimento dei loro importantissimi risultati sportivi che non servono direttamente alla Patria per mostrare l’efficienza del movimento sportivo ma servono per farci stare bene e per poter pensare di vivere in un Paese progredito.
Le Federazioni Sportive nazionali hanno l’incarico istituzionale di organizzare l’attività sportiva e di provvedere a fornire il supporto tecnico per l’evoluzione delle varie discipline sportive. Troppo spesso l’evoluzione della disciplina sportiva viene fatta coincidere con il concetto di evoluzione tecnica degli esponenti di vertice delle varie discipline. E così se in un certo sport si ha il campione che vince il titolo mondiale si dice che in quello sport siamo presenti ed abbiamo ottenuto successi, se invece i migliori atleti di quel determinato sport non riescono ad emergere a livello internazionale si dice che siamo in ritardo rispetto al resto del mondo. Questo può essere anche un parametro per la valutazione dei successi sportivi e per gli sponsor e per lo sport televisivo è probabilmente il parametro più importante. Ma c’è un altro parametro che per misurare il livello di penetrazione dello sport nella popolazione è decisamente più importante: è quello della diffusione della pratica di quello sport a tutti i livelli ed un ulteriore parametro molto importante è il tipo di coinvolgimento sia in termini di tempo che a livello emotivo di questo sport nella popolazione comune. In breve, se in un certo sport si ha il campione mondiale della disciplina è una cosa gradevole e che allieta i vari sponsor ma se in quello sport c’è qualche milione di praticanti coinvolti in modo non superficiale allora è molto meglio e il dettaglio del campione del mondo diventa del tutto trascurabile.
I giovani dai 14 ai 19 anni, più o meno vanno tutti a scuola e ci vanno tutti i giorni (escluse le feste, le vacanze e le berne ma insomma diciamo tendenzialmente tutti i giorni) inoltre sono molto coinvolti dalla loro attività di studenti ed in questa investono emozioni legate al rendimento scolastico oltre che al vissuto scolastico vero e proprio. Sarebbe interessante sapere quanti di quei 4-5 milioni di studenti che vivono in questo modo la scuola riescono a vivere con la stessa intensità e con un impegno almeno minimamente equiparabile a quello della scuola lo sport. Quelli che praticano lo sport quasi tutti i giorni sono gran pochi, quelli che ci investono emozioni a questa età sono sempre pochi, certamente in numero molto inferiore a quello dei colleghi della scuola elementare che in tale campo hanno ancora una fantasia intatta e giustamente galoppante.
Per farla breve le Federazioni Sportive dovrebbero collaborare con la scuola per fare in modo che possa partire una rivoluzione dal basso, dalla base dello sport italiano, per avere una società più sana, più “sportiva” nel vero senso della parola e non nel senso restrittivo dello sport televisivo.
Mi piace citare Roberto Benigni che io ritengo quasi più un politico che un comico e che dice che “A molti fa paura iniziare un nuovo cammino, poi ad ogni passo di questo nuovo cammino si rendono conto quanto sarebbe stato pericoloso restare fermi e non mettersi in movimento.” Lo sport sta vivendo un momento pericoloso in questa società e lo sta vivendo per una sorta di immobilismo che l’ha legato all’immagine dello sport dei campioni. Solo la scuola potrà dare nuovo impulso allo sport vero per farlo ripartire e renderlo più genuino, più diffuso in modo autentico fra la popolazione, più emozionante nel suo vissuto diretto e non mediato dalle gesta dei campioni eroi della Patria.
Le Federazioni ed il CONI devono smetterla di valutare il loro operato in base al numero di medaglie ottenuto dai campioni nelle manifestazioni internazionali e devono invece monitorare il grado di diffusione effettiva fra la popolazione ed il tipo di coinvolgimento dello sport di base. L’emozione deve prendere il sopravvento sulla necessità di vincere ed è quella che potrà garantire la sopravvivenza dello sportivo “cronico” di quello sportivo che innamoratosi dello sport a 12-13 anni non lo molla più per tutta la vita perché ormai l’ha inglobato nel suo io. La necessità di vincere funziona da carburante per gran poco e si esaurisce nel momento in cui lo sportivo capisce che probabilmente non diventerà mai un professionista di alcuna disciplina sportiva, da quel punto in poi non esiste più alcuna necessità di vincere e, se la motivazione era solo quella, il sogno crolla e lascia spazio a centomila altre cose della vita quotidiana. Le emozioni nello sport devono vincere sempre, a dieci anni (come praticamente sempre accade) a venti (come quasi mai accade) ed anche a quaranta, cinquanta o settant’anni (come curiosamente accade di nuovo dopo lunghi anni di assenza dai campi sportivi). Se anteponiamo il concetto di emozione individuale al concetto di vittoria a tutti i costi per la Patria (la famosa anticamera del doping di Stato) potremo davvero rifondare uno sport autentico, più diffuso, più efficace e vero strumento di prevenzione sanitaria. E forse, in qualche modo, anche senza tante medaglie, la Patria l’avremo salvata davvero. Chiaro che però una scossa a Federazioni Sportive e scuola bisognerà trovare il modo di darla per non ritrovarci a parlare di sport solo quando guardiamo la nazionale di calcio davanti ad un televisore e con tanto di patatine e birra al seguito. Ben venga anche la birra, ma dopo la nostra attività sportiva, non durante quella degli altri.