LA SCHEDA DI “LAVORO” ED I CONSIGLI INDIVIDUALIZZATI: DUE FILOSOFIE A CONFRONTO

C’è un abitudine, molto diffusa nelle palestre private, che è quella di elaborare “schede di lavoro”. E’ un’abitudine curiosa e curiosa è soprattutto la definizione che viene data a queste tabelle: vengono chiamate schede di “lavoro”.

Di “lavoro” si parla in attività motoria con riferimento al professionista che guida l’allievo nell’attività motoria: se si vogliono avere garanzie sulla qualità della sua assistenza è opportuno che si tratti di un vero e proprio professionista che fa di questa attività il suo “lavoro”, anche se c’è da aggiungere che molti appassionati, volontari e dunque non “professionisti” del settore, hanno ottime capacità e dunque, soprattutto in Italia dove al volontariato è lasciata la gestione di gran parte dell’attività motoria, diventano determinanti per una buona diffusione dell’abitudine al movimento.

Di “lavoro” si parla in talune situazioni anche con riferimento all’allievo, per esempio quando questi è uno sportivo talentuoso in odore di professionismo. Lavora certamente il professionista dello sport, quello che si guadagna da vivere con lo sport, ma per certi versi “lavora” anche il dilettante che sta tentando di diventare professionista (e sono tanti in un ambiente dove la distinzione fra dilettante e professionista molto spesso non è ben netta).

E’ “lavoro” anche, se vogliamo, quello del comune cittadino che ha subito un intervento o un infortunio grave e sta riabilitando il suo fisico in vista della normale vita di tutti i giorni. “Lavora” con il piano di riabilitazione per rimettersi in sesto più in fretta possibile.

In tutte le altre situazioni di approccio al movimento, che sono la stragrande maggioranza, parlare di “lavoro” ci pare piuttosto strano, se non ridicolo. L’attività motoria è gioco, per le persone anziane forse è un po’ meno gioco e più impegno per la salute ma comunque non “lavoro”. E se così fosse ci viene da dire che ci siamo già cacciati in un ambito inopportuno perché tutto ciò che è lavoro, in una società che, nonostante la disoccupazione, è letteralmente stritolata dal lavoro aggiungere altro “lavoro” non fa certamente bene alla salute. Così, la scheda di “lavoro” riferita ad un piano di attività motoria per un soggetto “qualsiasi” ha, come minimo, un brutto nome.

E’ forse un tarlo della nostra società quello di inquadrare come “lavoro” tutto. Così perfino i bambini, che una volta giocavano senza orari e senza regole ad una miriade di giochi non codificati e assolutamente non controllati dagli adulti, rischiano di essere invischiati in “programmi di preparazione” per l’avvicinamento a qualche accidenti di sport che alla fine possono far ricordare la “scheda di lavoro”.

E così la scheda di lavoro di un adulto sano che non “lavora” in nessuno sport perché magari con lo sport ha già chiuso da più di vent’anni, ma viene inquadrato e cortesemente invitato a sorbirsi carichi di attività motoria ben determinati secondo regole che assassinano all’istante l’aspetto ludico dell’attività motoria.

Forse il problema non è la scheda di “lavoro” o il suo nome bensì la compressione degli orari dedicati all’attività motoria che fa sì che questa sia collocata sistematicamente dentro ad un orario ben preciso e ristretto e per quello anche sistematicamente in palestra perché, se c’è brutto tempo non c’è assolutamente tempo per farla in un altro momento.

Bisogna riscoprire, anche se per molti è un lusso improponibile, la gioia di fare attività all’aperto. Rovesciare le abitudini. Andare in palestra lo stretto necessario per fare quell’attività motoria che non si può fare all’aperto (che, in fin dei conti, è gran poca) e poi svolgere all’aperto la maggior parte del movimento, anche in inverno, anche nella brutta stagione.

Purtroppo questo per molti è un lusso improponibile e ciò è un paradosso, una contraddizione dei nostri tempi. Fare attività motoria all’aperto costa meno che iscriversi ad una palestra privata. Ma per fare attività motoria all’aperto occorre più tempo, bisogna fare i conti con il clima e aver la possibilità di collocare l’uscita secondo le condizioni climatiche. In palestra non è così: pioggia, freddo, vento e neve puoi andare sempre alla stessa ora. Alla fine risulta più comodo ed economico così. Ma non è la stessa cosa, perché poi finisci per fare i conti con la scheda di “lavoro” dentro quattro mura che, per accoglienti che siano, sono sempre quattro mura. Non c’è dubbio la filosofia è un’altra.

Ormai è talmente radicata l’abitudine alla palestra privata che certa gente fuori si sente smarrita e continua a frequentarla anche se ha tutto il tempo libero necessario a svolgere attività all’aperto. In effetti fuori dalla palestra non trovi tecnici a consigliarti il tipo di attività motoria da praticare. Questo sito è un timido ed al tempo stesso eccentrico tentativo di proporre una cosa simile ma il tecnico di palestra difficilmente si offre di aiutarti nell’attività all’aperto, non sta nel novero delle sue abitudini, non è nemmeno abituato all’idea che tu possa chiedergli consigli per un’attività all’aperto alternativa alla palestra. E se anche fosse ti dirà certamente di integrare la tua attività fisica in palestra con quella all’aperto, giammai di sostituirla in toto, per ovvi motivi di interesse personale.

Così ci sono due vere e proprie filosofie a confronto: quella di chi subisce la scheda di lavoro giorno per giorno con certosina pazienza e quella di chi rifiuta di iscriversi in palestra e svolge saltuariamente attività fisica all’aperto. Come spesso accade il buon senso suggerirebbe di mediare. Per certe cose, purtroppo, la palestra è praticamente necessaria, e, privata o pubblica, una palestra di riferimento dove andare quando ce n’è bisogno, sarebbe il caso che fosse alla portata di tutti. D’altro canto rintanarsi otto mesi all’anno in una palestra per uscire a svolgere attività fisica all’aperto solo a tarda primavera è un’abitudine non troppo salutare. Lo smog delle nostre città non giustifica questo atteggiamento. E’ dimostrato che chi sta di più all’aperto sta meglio anche nelle città piene di smog rispetto a chi sta costantemente al chiuso.

Il problema degli insegnanti di educazione fisica permane. Quelli onesti che operano nelle palestre private farebbero bene ad adoperarsi per diffondere anche l’attività all’aperto. Quelli all’aperto… non esistono. Non esiste ancora, nel ventunesimo secolo, una figura di insegnante di educazione fisica che si occupa della salute dei cittadini e da indicazioni su come muoversi al di la dello spazio palestra o delle varie attività sportive che sono diffuse anche come servizio sociale ma non sono comunque idonee all’intera popolazione.

Allo stato attuale per  venire a contatto con un insegnante di educazione fisica, se non ti iscrivi ad una palestra privata devi comunque iscriverti ad un qualsiasi corso di palestra pubblica oppure metterti a praticare un’attività sportiva, amatoriale finchè vuoi ma pur sempre un’attività sportiva.

Probabilmente è anche per questo che la scheda di “lavoro” sta ancora dilagando e fatica ad essere superata da una filosofia dell’attività motoria per tutti e “contro” lo stress da lavoro.