LA “QUINTA EFFE”: TUTTO E’ RELATIVO…

Da quel che ricordo mi pare di non aver votato a sinistra nemmeno una delle  troppe volte che sono andato a votare. Eppure quando mi incontro con i “vecchi” compagni (“compagni” nel senso di compagni di scuola…) della “quinta effe” mi sento quasi comunista. Ieri c’è stata una delle cene annuali, quella del trentatreesimo anniversario della maturità, tanto per dire che sono andato a votare un certo numero di volte (quante? Forse un po’ meno di 33 visto che in Italia si vota un po’ meno di una volta all’anno…).

Alle cene della “quinta effe” mi rendo conto che tutto è relativo. Alle cene della “quinta effe” mi sento povero (buon per loro), mi sento terribilmente contestatore (mi spiace per loro) e mi sento addirittura quasi comunista. Inutile precisare come, a livello occupazionale, i miei compagni di classe si siano piazzati tutti abbastanza bene. Io penso che ciò sia dovuto più al tipo di percorso emotivo che hanno compiuto durante il periodo scolastico più che alla “tecnicità” delle informazioni che hanno acquisito durante quel periodo. Così ci si trova ancora con una certa costanza anche dopo 33 anni sempre per quel vissuto emotivo più che per il fatto che qualcuno ci abbia riferito “tecnicamente” che è opportuno continuare a trovarsi per tutta la vita anche poi quando uno è completamente immerso dentro ai fatti suoi.

Scherzando, ho detto al mio “compagno di cena” (il compagno di cena, che può assolutamente non essere coincidente con il compagno di banco, è quello che hai a fianco alla cena…) che su un sito internet c’è scritto a chiare lettere che, in quinta, ormai loro avevano perso il  connotato di classe “alla deriva” per assumere quello molto più banale di classe di “secchioni”.

E’ partita la contestazione. “Intanto non si capisce che siamo noi, non c’è scritto chiaramente quinta effe, e poi noi non siamo mai stati secchioni, nemmeno in quinta.”

La prima precisazione mi ha fatto capire che sono miei amici. Tutti i miei amici chiedono la precisa identificazione del sottoscritto sul sito. Mi riconoscono nettamente ma vogliono questa identificazione precisa. Io scappo, mi piace non identificarmi, tanto chi mi conosce capisce benissimo che a scrivere sono io. Posso essere contestato ugualmente anche senza identificarmi, offro questa possibilità sul sito, ma ritengo che le contestazioni devano essere effettuate sulla base di ciò che scrivo più che sulla base del mio “essere”. Troppe volte in Italia si contesta una proposta molto valida adducendo come motivazione il fatto che chi l’ha formulata è un incoerente, un irresponsabile e non ci si può assolutamente fidare di ciò che dice e propone.

Sul fatto che la “quinta effe” non si sia mai convertita alla secchioneria potrebbe partire una replica terribilmente dettagliata, prolissa e insostenibile per qualsiasi lettore. Mi limito a dire che questa è l’essenza della teoria della relatività. Tutto è relativo. A mio parere loro in quinta erano un branco di secchioni. Evidentemente, per percepire ciò, io non ero quello che si suol dire uno “studente modello”.

C’era il professore di topografia. E anche lì in campo la teoria della relatività. Il profe di topografia ha compresso al massimo (al massimo secondo loro…) il programma della materia per riuscire a trovare il tempo di insegnarci a vivere. Io, scherzando ma non troppo, sono andato ad accusarlo un po’ che qualche anno fa in metropolitana a Praga mi hanno scippato da vero pirla per il semplice motivo che “nel programma di topografia” sono state tralasciate alcune cose molto importanti… In sintesi: “Tu, che avevi capito come deve funzionare la scuola, potevi fregartene ancora di più dei programmi ministeriali e potevi trasferirci ancora qualcosa in più della tua capacità di guardare la “Realtà” che non si legge sui libri.”

Fin qui sono ancora poco comunista. Forse contestatore ma non ancora comunista. Divento quasi comunista nel momento in cui mi confronto con “Sxxxi” (che non crediate che adesso, di punto in bianco, perché la quinta effe vuole l’identificazione mi abbandoni ad una totale violazione delle norme sulla privacy).

“Sxxxy” ha il personal trainer “vero” (non quello “gratuito” che è un po’ finto…) e odia i ciclisti che, a suo dire, “intasano” il traffico cittadino.

Passi per il personal trainer incaricato di aiutarti a rimetterti in forma. Non ho mai detto che sia un’abitudine scorretta. Dico solo che se uno riesce a farne a meno, o se comunque riesce a diradare molto gli incontri con il personal trainer, ha decisamente più possibilità di capirci qualcosa in tema di preparazione fisica. Il concetto è semplice: il tuo fisico puoi scoprirlo solo tu e se qualcun altro ti bombarda di informazioni relative alla sua esperienza personale rischia di farti solo caos. Quelle informazioni vanno bene per ciò che riguarda il suo fisico ma non per il tuo. Per quanto semplice, il concetto è contestabilissimo, mi piacerebbe provocare domande e discussione sull’argomento e comunque mi riservo di tornarci su articoli più specifici.

Quello sulla “quinta effe” oserei dire che è più un articolo politico. Divento estremista di sinistra, una specie di terrorista, quando dico che bisogna sgombrare la città dalle auto per renderla più vivibile. Poi però, “Sxxxi”, terrorizzato, in un impeto di “sinistrosità” mi replica: “E i lavoratori dove li metti? La gente in città ha bisogno di lavorare!”. E qui io abbandono la mia razionalità per diventare “radical chic”:  “La città deve essere ottimamente fruibile per  i turisti, godibile per i residenti, non intasata da chi lavora.”  Decentriamo tutte le attività che si possono decentrare in periferia. E’ chiaro che un minimo di servizi per chi ci abita devono essere garantiti. Uno sportello bancario per i residenti ci vuole, ma un’ infinità di uffici in centro città sono una cosa anacronistica, non al passo con i tempi. Nel 2014 si può tranquillamente affermare che Verona è una città con chiara vocazione turistica.

Sono un terrorista perché dico che Roma compie in grande il peccato che compie Verona. Roma, a mio parere, sarebbe la città più bella del mondo se non fosse letteralmente assassinata dal traffico. Ma è anche la capitale d’Italia e la gente ci deve lavorare. E’ la capitale d’Italia anche a dieci chilometri dal centro e non si vede perché non si possono decentrare tantissimi uffici che potrebbero essere raggiunti dai mezzi pubblici con ancora più facilità se solo fossero decentrati.

Tutto è relativo, lasciamo perdere destra e sinistra. Io dico che muoversi è importantissimo per la salute e per questo bisogna garantire ai cittadini la possibilità di muoversi a piedi ed in bicicletta senza rischiare la vita. Il mio amico (lui è più contento se lo chiamo amico che non “compagno” ed in effetti, anche se non siamo d’accordo praticamente su nulla, è incredibilmente  mio  “amico” più ancor che “compagno”) ha il personal trainer  che si preoccupa della sua attività fisica e dice che in centro ci si va per lavorare. Ci scontreremo politicamente. A mio parere è  più importante vivere che lavorare. Ma io sono quello che a scuola faceva gli scioperi per andare a correre. Non ero uno studente modello, non sono un cittadino responsabile.

Per favore non arrendiamoci alla città delle auto, non “investiamo” Sxxxi (in bici non puoi investire un automobilista…) facciamolo solo rallentare e convinciamolo a cambiare idea. Alla fine non è politica, è lotta per la salute. Nella città delle bici sono convinto che campa di più anche “Sxxxi”. Forse ci rimetterà il suo personal trainer…

 

p.s: al seguente articolo è seguita una pronta replica di “Sxxxi” che ho pubblicato nella sezione “DOMANDE E COMMENTI PUBBLICATI”.