LA PRIMA STRUTTURA SPORTIVA SONO LE PISTE CICLABILI

Sono sempre stato convinto che il livello di evoluzione di un paese non si rilevi dal numero di campioni dello sport che riesce a produrre ma dal numero di soggetti che praticano regolarmente una buona quantità di attività fisica tale da poterli definire sportivi.

In Italia qualcuno tende ancora a definire sportivi quelli che guardano lo sport per televisione. Ma quelli sono essenzialmente “telespettatori” e sono veramente un numero infinito, più o meno come gli automobilisti che non sono praticanti dell’automobilismo bensì soggetti che usano regolarmente l’automobile praticamente tutti i santi giorni.

Ritengo che la struttura sportiva più importante, decisiva per trasformare gli italiani da telespettatori a sportivi, siano le piste ciclabili prima ancora degli impianti sportivi che sono comunque molto importanti per la diffusione dello sport.

Purtroppo è quasi più facile che ci costruiscano una grande quantità di impianti sportivi che non una efficiente rete di piste ciclabili. I costi di quest’ultima sono pressoché incalcolabili non in quanto di difficile determinazione in fase progettuale di realizzazione vera e propria della struttura ma in quanto elemento di potenziale rivoluzione dei consumi che può proprio sconquassare l’attuale tipo di economia.

Ovviamente ad una buona rete di piste ciclabili deve essere affiancata un’altrettanto efficiente rete di mezzi pubblici e questa accoppiata micidiale relegherebbe l’autovettura a mezzo di trasporto ancora necessario per le sole persone disabili. A questo punto sarebbe la fine del vecchio modo di intendere l’auto e la nascita del tempo della liberazione da questo fantastico e contemporanemente micidiale mezzo.

L’automobile per i primi cinquant’anni dalla sua comparsa ci ha liberato nei successivi cinquant’anni ci ha schiavizzato e pure minato la nostra salute.

Le città senza auto sono uno scenario apocalittico e fantastico al tempo stesso. Le abbiamo viste al tempo del Covid ed era l’unica cosa apprezzabile di quel tempo ma nessuno se n’è accorto perché avevamo la testa su ben altre problematiche. Se ci avessero liberato prima delle nostre automobili ci saremmo tutti accorti che si può vivere anche senza l’auto e sarebbe stata una scoperta decisiva ma si son ben guardati dal farlo. Al contrario ci tocca pensare che ci abbiano liberato in tempi quasi umani proprio perché dovevano liberare le automobili.

La discussione politica attualmente non verte sul fatto che forse è il caso di abbandonare il mezzo di trasporto che ha caratterizzato gli ultimi settant’anni ma sul fatto che sia meglio portarlo avanti con un certo tipo di alimentazione piuttosto che con un altro. L’unica alimentazione sana è quella a pedali perché tutte le altre inquinano, impediscono di fare movimento e rendono l’auto troppo pericolosa per chi non va in auto. Se con un’ auto a pedali investi un ciclista finisce a parolacce ma all’ospedale probabilmente non ci va nessuno.

Tempo fa dicevo che l’auto elettrica è quel giocattolo per bambini che fa bene alla salute se la usano gli adulti. Mi sono informato sull’auto elettrica ed ho cambiato opinione: l’auto elettrica è un giocattolo per bambini che hanno pericolosamente perso la voglia di muoversi e se la usano gli adulti il discorso è proprio uguale. Il vero giocattolo nato come giocattolo ma che può diventare mezzo per gli adulti è l’auto a pedali.

Con quella gli adulti possono tornare bambini, assaporare il gusto della lentezza e liberarsi dalla schiavitù dello stress una volta per tutte. Non servono pratiche orientali o attività motorie miracolose di chissà quale tipo per liberarsi dallo stress, è semplicemente necessario che rallentiamo tutti, che nessuno suoni più il clacson a quello davanti che non ha i tempi di reazione di un velocista alle Olimpiadi e che nessuno sgasi per colmare in fretta la terribile distanza (di sicurezza…) che lo separa dal mezzo che lo precede.

In un’economia rallentata il PIL diminuisce e il bilancio per l’assistenza sanitaria si dimezza. Siamo tutti più poveri e stiamo tutti decisamente meglio. La ricchezza ci ha rovinato perché ha prodotto squilibri sociali assolutamente insostenibili per i più poveri ed ha guastato l’esistenza pure dei più ricchi inglobandola in uno stress senza confini. La lotta al superfluo passa dalla lotta di liberazione dall’autovettura, poi sarà la volta del telefonino, della televisione e di tutte quelle cose che promettendo di aumentare la qualità della nostra vita alla fine l’hanno peggiorata. Il Paradiso non è certamente di qui, ma nemmeno l’inferno e se non reagiamo almeno un po’ una discreta esperienza infernale rischiamo di farla, a partire dalle temperature del pianeta dove si è deciso che consumare tanto petrolio è ancora una cosa saggia.