LA FORZA DELLE COSE E LA FORZA DELLE IDEE

Questo è uno di quei titoloni che possono far discutere di tutto e di più di tutto. Nello sport ci sono indubbiamente sia cose che idee, ci sono nella vita in genere, nella politica e pure al cinema che certamente non vive solo di idee.

In politica abbiamo l’idea che ci prendano il voto con le belle idee e che dopo ci amministrino con le brutte cose e forse quella non è un’idea del tutto sbagliata. Al cinema alcune belle idee faticano a trovare corpo perché pure il cinema ha i suoi limiti nelle cose, ma poi quando l’idea prende corpo ti accorgi che conta anche più delle cose e così ci sono film che sono costati un occhio che sono brutti film e film costati gran poco che sono dei capolavori.

Nella vita e pure nello sport ci sono idee che non riescono a decollare ma poi se decollano volano meglio di qualsiasi altra cosa.

Tendenzialmente diciamo che il concetto è proprio questo: le cose sono più pesanti le idee sono più leggere. Le cose hanno una loro inerzia di massa indiscutibile, le idee a volte non hanno la forza di vincere questa inerzia perché sono troppo leggere.

Tentiamo di stare nello sport per scrivere meno corbellerie possibile.

Il doping è una cosa, l’idea di uno sport senza farmaci è solo un idea. Forse anche una bella idea ma troppo leggera in confronto al peso colossale che ha uno sport orchestrato in un certo modo e che deve rispondere alle leggi del mercato.

Negli sport individuali ci sono inerzie di massa più affrontabili rispetto agli sport di squadra. L’atleta matto che vuole diventare un campione anche se non pare che abbia i numeri per tentare l’impresa ha più possibilità di riuscirci in uno sport individuale che in uno sport di squadra per due motivi: primo che la squadra offre più resistenze perché tende a stabilizzare il risultato e così se può coprire il momento difficile di un singolo atleta può rischiare di non mettere in evidenza la vampata clamorosa dell’atleta emergente, secondo perché mentre le sconfitte mettono in cattiva luce l’atleta animato da folli idee nella sua squadra le stesse sconfitte caricano il singolo invece di deprimerlo perché vengono rielaborate esclusivamente dall’atleta stesso che se è davvero un grande campione prende spunto proprio da queste per crescere ed arrivare al vertice.

Alla base della crescita di un campione c’è sempre un’idea piuttosto originale. E’ difficile che un campione si dimostri tale per la sola forza delle cose. Questo può succedere casualmente nelle categorie giovanili ma poi se non esiste un progetto, un’idea bislacca, tutto tende a svanire.

Ci si può chiedere se ci sia più casualità nelle cose o nelle idee. Generalmente le cose non sono mai casuali anche se ci sfugge il nesso del loro accadimento. Le idee possono essere casuali in un primo momento o almeno apparire casuali ma poi man mano che vengono “coltivate” si rivelano sempre meno casuali e invece più strutturate e parte integrante di una certa realtà.

Associamo, forse erroneamente, il concetto di pragmatismo a chi considera molto la forza delle cose e di idealismo a chi appunto coltiva la passione per le idee. In realtà a volte può apparire più pragmatico proprio chi insegue con tenacia un’idea di chi si fa trasportare dal peso delle cose.

Sparo un paio di corbellerie non indifferenti allontanandomi dallo sport: il Leopardi per conto mio era un pragmatico, affascinato dal peso delle cose dalle quali riusciva a farsi poeticamente trasportare (e il naufragar m’è dolce in questo mare) e se fosse stato un po’ idealista non ce l’avrebbe fatta a farsi trasportare da quel pragmatismo, rinunciando a diventare il Leopardi il che attesta come sia stato doppiamente pragmatico.

Al contrario ritengo che sia stato un idealista Albert Einstein, già da piccolo dove a scuola si rifiutava di studiare quanto gli proponevano per rincorrere le sue idee rompendo pure le scatole a chi voleva indirizzarlo in altro modo. Un rompiscatole idealista che ha avuto una certa coerenza forse idealista più che pragmatica perché di pragmatico c’era ben poco in quanto aveva in testa. Insisti ed insisti le follie che aveva in testa dimostrano avere anche una certa pragmaticità. Resta il fatto che un Albert Einstein veramente pragmatico sarebbe naufragato subito sotto i colpi di insegnanti non alla sua altezza e non avremmo avuto un vero Albert Einstein ma forse solo un bravo studente adeguato alle esigenze della scuola.

Nello sport due esempi di idealismo per conto mio sono Jim Ryun e Cassius Clay. Il primo è un vero e proprio testone e, a dispetto del fatto che a 14 anni sembrasse negato per la corsa si mette in testa che vuole diventare uno dei più forti atleti del mondo. Ci impiega solo cinque anni per diventare il numero uno ed in quei cinque anni passa da ragazzino in ritardo di crescita a campione fin troppo precoce. Pragmaticamente una cosa piuttosto inconcepibile che ti dimostra che a volte le idee riescono a spostare pesi che le cose non riescono a spostare.

Il secondo ne sa prendere talmente tante nel pugilato che diventa il pugile più forte del mondo e le sa prendere così bene che ti mette sotto pure pugili molto più quotati di lui come il mitico Foreman nel grandioso incontro di Kinshasa. Pragmaticamente nel pugilato si direbbe che devi saper menare più forte degli altri. Invece Cassius Clay mena alla grande a parole nelle conferenze stampa perché poi quando sale sul ring vince perché sa incassare bene più che per quanto sappia menare. Cassius Clay è un idealista, non a caso si fa pure della galera per non aver voluto andare in guerra e personalmente lo trovo più poetico del Leopardi almeno nel momento in cui dice a tutti che lui è il numero uno indiscusso del mondo ma poi quando sale sul ring ha paura di morire perché sa quante dovrà prenderne per tentare di vincere.

Probabilmente Cassius Clay più poetico di Giacomo Leopardi è semplicemente blasfemo ma bisogna porsi anche nei panni dell’osservatore. Se l’osservatore è uno studioso di sport che di poesia non ci capisce proprio nulla si può arrivare anche a tanto e chi ci capisce di poesia magari non avrà i numeri per decodificare il messaggio di Cassius Clay e tantomeno di… Gianfranco Zigoni altro personaggio di sport molto meno conosciuto di Cassius Clay ma che nel suo ambiente ha fatto impazzire le folle.

Zigoni, in arte “Zigo-gol” era il classico calciatore “maledetto” (liberamente tratto dai “poeti maledetti”) in grado di mandare in visibilio i tifosi ma non in grado di approdare al quel livello prestativo in grado di garantirgli una buona permanenza in una squadra di alto rango. Ma Zigo-gol in una squadra di alto rango non avrebbe potuto essere “Zigo-gol” per quella stramaledetta forza delle cose che a volte sovrasta la forza delle idee. L’idea “Zigo-gol” poteva trovare spazio solo in una squadra di provincia e li crescere a dismisura assumendo contorni mitologici. Uno Zigoni pragmatico magari in grado di segnare il doppio dei gol che ha fatto in carriera in un grande club non avrebbe avuto la popolarità che ha avuto restando un calciatore “maledetto” dal quale potevi attenderti di tutto.

Le idee nello sport sono certamente determinanti ed a volte costruiscono la leggenda molto di più di quanto riescano a fare gli episodi concreti. Non c’è correlazione fra il numero di trofei sportivi vinti e la leggendarietà di un certo atleta anzi si può proprio dire che il tasso di leggendarietà aumenta se questo alone di leggenda è molto sensibile in atleti che hanno vinto piuttosto poco.

Nel mio ambiente c’è stato un atleta, scomparso qualche anno fa, che a livello di leggenda ha lasciato il segno ed ha fatto dire a più di qualche esperto che fosse l’unico in grado di sfoderare prestazioni nella corsa prolungata a livello di quelle dei keniani. Tale atleta è stato Loris Pimazzoni che in realtà non ha ottenuto concretamente grandi risultati, superato in questo da atleti che lui aveva dimostrato a più riprese di essere in grado di battere, ma anche lui, sullo stile dei poeti maledetti, non ha mai “pragmaticamente” centrato l’appuntamento con manifestazioni veramente importanti, restando per lo più nella leggenda della corsa prolungata più che nei suoi riscontri statistici.

Se un idealismo può esistere nello sport è quello che si rifà a questi personaggi più che ad una sequenza matematica di atleti che hanno ottenuto certe prestazioni. E così si può pragmaticamente analizzare la corsa del numero uno per capire come può essere il numero uno così come con processo al contrario andare a scoprire come personaggi avvolti nell’alone leggendario avessero in realtà possibilità di fare molto meglio di ciò che hanno fatto andando ad indagare su poche fonti che possono dare spunti per capire questa cosa. Chiaro che una risposta matematica non ce l’abbiamo e così uno è libero di dire “Questo cronometricamente è stato il più forte di tutti e pertanto è sensato studiare questo” come un altro è libero di dire “Non me ne frega niente, per conto mio il potenziale di quest’altro era decisamente superiore e pertanto se devo rifarmi ad un modello di corsa io scelgo questo anche se non ha ottenuto i risultati del numero uno”.

Se vogliamo è sempre uno scontro fra cose (il risultato concreto) ed idee (la leggenda, il risultato potenziale ma mai ottenuto) dove il pragmatismo è più giustificato a livello scientifico e l’alone poetico permea invece la leggenda.

Nelle mie teorie bislacche io sostengo come a volte sia molto più concreta la leggenda del riscontro scientifico, spesso inquinato da metodi di indagine non del tutto ortodossi. Ma queste sono opinioni, cioè idee e pertanto non ci resta che dire che alla fine siamo concretamente immersi nelle idee, oltre che nelle cose che percepiamo comunque in mille modi diversi.