LA CURVA DELL’ALLENAMENTO

Il grafico dei benefici dell’allenamento in funzione della quantità di allenamento svolto non segue una linea retta, disegna una curva. Ciò vuol dire che l’affermazione “Più ci si allena e meglio é” non è proponibile. O meglio, tale affermazione funziona fino a certi livelli di carico dopodiché diventa clamorosamente falsa, anche se non in modo improvviso ma in modo graduale e progressivo.

Tale grafico può essere utile per capire quali quantità di carico è più opportuno somministrare al nostro organismo per ottenere il massimo dei benefici dall’allenamento.

Prima di analizzare l’andamento del grafico è opportuno soffermarsi sulle sue estremità proprio per capire gli errori imperdonabili, quelli da non fare assolutamente e che rendono inutile un discorso di attenta valutazione delle altre sfumature se non solo in seconda analisi. Gli estremi del grafico presentano due situazioni drammatiche, sono proprio “drammatiche” più che sconvenienti, lo sono per motivi diversi e vanno analizzate entrambe. Intanto si può tranquillamente affermare che la situazione più pericolosa è quella ad inizio grafico perché più subdola, difficilmente riscontrabile e purtroppo è pure la più diffusa nella popolazione comune. E’ la situazione di assenza di attività fisica. Nessun allenamento. Nessun allenamento, nessun beneficio si potrebbe pensare. Magari fosse così. Se quel “nessun allenamento” corrisponde ad un azzeramento dell’attività fisica, inteso estensivamente e pertanto non è la situazione di una persona che si muove normalmente ma non esercita alcuna attività sportiva ma è proprio l’assoluta mancanza di attività fisica in ogni momento della giornata, allora più che “nessun beneficio” si ha l’instaurarsi di una condizione di sedentarietà patologica pericolosissima che quando si evidenzia clinicamente ha già fatto danni almeno parzialmente irreversibili. Praticamente la differenza fra uno che muore di fame ed uno che muore di sedentarietà è che quello che muore di fame se ne accorge e fa di tutto per scongiurare l’infausto evento, quell’altro a volte non se ne accorge nemmeno e, se non fa certi esami, crede pure di poter campare come una persona normale.
Questo sito esiste perché questa non è la favola del lupo per far andare a letto i bambini presto ma una drammatica realtà del nostro tempo.
Poi c’è l’altro estremo drammatico ma “meno” drammatico del grafico che è quello relativo all’eccesso di allenamento. E’ meno drammatico perché esiste un detto, che in questo caso funziona benissimo, che recita “Uomo avvisato mezzo salvato” e l’eccesso di attività fisica prima di ammazzarti (che poi non ti ammazza praticamente quasi mai…) ti avvisa ripetutamente ed insistentemente che occorre proprio tutta la più buona (buona…) volontà per continuare ad ignorare questi segnali inequivocabili. Ciò nonostante esiste anche chi, pur senza “ammazzarsi di fatica”, danneggia il suo organismo per colpa dell’eccesso di allenamento anche se ripetuti segnali hanno suggerito una sana frenata. Esiste per il semplice motivo che esiste lo sport professionistico. Esiste uno sport dove vincere conta perfino troppo e vincere o perdere fa una differenza abissale in termini economici e pertanto se qualcuno crede di avere un fisico indistruttibile lo mette a dura prova nella speranza che resista miracolosamente a carichi improponibili ed anzi da questi tragga giovamento per arrivare a livelli prestativi sovrumani. Da questo atteggiamento nasce tutta la problematica del doping che, non mi stanco mai di precisarlo, deve essere contestualizzata nell’ambito di preparazioni incredibili per poter essere compresa. Non è solo il doping in sé per sé ad essere pericoloso ma tutta la preparazione dell’atleta di alto livello, e quando affermo che a volte allenarsi in un certo modo è più pericoloso senza trattamento farmacologico che non “con” il supporto farmacologico la gente che non capisce niente o che vuol far finta di non capire sentenzia che se dico così vuol dire che sono un sostenitore del doping. Io non sono assolutamente un sostenitore del doping ho addirittura rischiato di farmi del male pur di non doparmi mai in vita mia ma proprio per questo so quanto sia pericoloso allenarsi tantissimo senza alcun ausilio farmacologico. In ogni caso non voglio dilungarmi su questo argomento del quale mi sto convincendo ogni giorno che passa che si vuole mantenere un’assoluta ignoranza perché la verità fa paura (e così continueremo con l’antidoping assolutamente inefficiente ed ipocrita ancora per un bel po’…).

Tornando alla quantità utile e salutare di allenamento bisogna cominciare a studiare l’andamento del grafico per capirci qualcosa. Fino ad ora abbiamo solo detto che gli estremi sono pericolosi. Il primo esiste essenzialmente per ignoranza (la maggior parte dei “malati” di sedentarietà appena si accorgono di essere malati iniziano in qualche modo a muoversi)il secondo esiste per motivi di strutturazione dello sport di alto livello che funziona in un certo modo un po’ difficile da modificare.

Al centro del grafico abbiamo la situazione ideale: colui che si allena abbastanza ma non troppo e trae il massimo dei benefici dall’attività fisica. Mai come in questo caso il detto “In medio stat virtus” è più opportuno.

Io però sono un estremista dell’attività fisica e dico che per sfuggire al peggiore dei due incubi, quello della sedentarietà, forse è pure opportuno stare “un po’ più su della media” con il rischio di esagerare un po’ con l’attività fisica. Il rischio opposto non mi fa paura in quanto uno che si allena poco non potrà fare questi grandi risultati agonistici ma in quanto uno che si allena poco e rende “sotto la media” potrebbe disaffezionarsi del tutto all’attività fisica e rischiare di cadere nel baratro della sedentarietà assoluta.

Ora si tratta di definire cosa sia la media universalmente accettabile per cominciare a disquisire sul cosa sia un po’ poco e un po’ tanto. Anche qui non è difficile analizzare gli estremi. Sugli estremi c’è poco da valutare. Lo zero è uno zero assoluto il che vuol dire uno che fa centomila giri con l’auto prima di parcheggiare se proprio non trova il posto sotto casa. Oppure che se si rompe il telecomando della televisione va in crisi, questo è già malato prima ancora che il medico gli dica che ha tutti i parametri fisiologici sballati. L’altro estremo sono i 14 allenamenti alla settimana, cioè due tutti i giorni che purtroppo stanno diventando la normalità della maggior parte degli sportivi di alto livello. Questo tipo di preparazione senza assistenza medica è un’inutile eroismo ed è pure pericolosa. Cominciamo a spostarci lievemente da tali estremi quando uno si allena uno o due volte alla settimana e pertanto è un “quasi sedentario” e, sull’altro estremo quando uno si allena circa dieci volte alla settimana e pertanto è un “quasi professionista”. Purtroppo, a mio parere, sono molti di più quelli che esagerano in basso (solo uno o due allenamenti alla settimana) di quelli che esagerano in alto (ben dieci allenamenti alla settimana). Avviciniamoci verso il “centro virtuoso” e qui ci sono già le prime contestazioni e ognuno dice la sua. Oltretutto bisogna considerare l’età del soggetto che andiamo a valutare. Io dico che un ragazzo che fa allenamento tutti i giorni della settimana, sette su sette, non è per niente uno che esagera ed è uno che ha giustamente entusiasmo per lo sport che pratica e se a scuola gli rompono le scatole per questo suo “vizio” che purtroppo nella realtà italiana non è una cosa molto comune questo è un grosso limite della cultura dell’attività motoria in Italia. E’ la stessa cultura che porta i bambini a fare due sedute di psicomotricità alla settimana con l’intento di soddisfare il fabbisogno di movimento del bambino. Due sedute di psicomotricità è l’antipasto e se teniamo il bambino fermo all’antipasto rischiamo di dovergli fare psichiatrico-motricità più che psicomotricità creando una nuova frontiera dell’attività motoria per bambini stressati che hanno tutti dieci a scuola.

Tento di ammorbidirmi. Un ragazzo può anche accontentarsi di quattro allenamenti alla settimana se sono ben fatti, ma non di meno. Quattro allenamenti alla settimana è l’attività giusta e calibrata per un ultracinquantenne quale il sottoscritto. Molti mi chiedono perché non faccio allenamento tutti i giorni ed io rispondo che è perché ho dato troppo in gioventù. Ma questo non è uno scherzo, anche un ultracinquantenne, se non ha esagerato un po’ da giovane e riesce a trovare un po’ di tempo libero tutti i giorni può pure allenarsi tutti i giorni. Ovviamente poi è la “qualità” di quegli allenamenti a determinare se quel soggetto sta facendo le cose con buon senso o meno.

In sintesi, i tre allenamenti alla settimana che possono essere sufficienti ad una certa età non lo possono essere da giovani. Tre allenamenti alla settimana è proprio il minimo sindacale per un giovane che sta studiando come un disperato nel raggiungimento di un obiettivo temporaneo quale può essere un esame di maturità imminente, ma non può essere la norma quotidiana di un ragazzo nel pieno dello sviluppo fisico. A tre allenamenti alla settimana si perde per sempre la possibilità di vedere che capacità prestative ha il proprio fisico e a nulla servirà scatenarsi in allenamenti improbabili vent’anni più tardi.

La realtà italiana è una realtà che sta ben sotto queste medie. Ci sono giovani che per studiare “meglio” rinunciano completamente all’attività fisica e non trovano nessuno che li convince a cambiare idea e li illumina sulla portata della fesseria che stanno facendo.

Quando un master si allena sette volte alla settimana rischia di passare per un fanatico e, se confrontato con quello che fanno mediamente i giovani, lo è davvero. Purtroppo a volte il master è un fanatico non tanto perché trova il tempo per andare al campo sportivo tutti i giorni (sana abitudine) quanto perché rischia di affrontare l’attività sportiva con un ardore agonistico che da giovane gli è stato negato in nome de “il dovere innanzitutto”. Il dovere di un buon cittadino è anche tentare di restare in salute il più a lungo possibile e per raggiungere questo obiettivo non ci si può muovere un paio d’ore alla settimana, a nessuna età.