Secondo qualcuno, dopo l’articolo su “L’individuo al centro dell’Universo” sarei in procinto di scrivere uno splendido articolo sul sesso degli angeli per raggiungere il top dell’aleatorietà. C’è che se vi attendete quello sul “giusto” numero di ripetizioni da fare con i pesi avete proprio sbagliato sito. Quell’articolo sui pesi difficilmente apparirà su questo sito ed il giorno che appare vuol dire che sto iniziando a dare i numeri oppure che ho ceduto il sito e non sono più io a gestirlo.
Non so se arriverò a redigere ad un articolo sul sesso degli angeli ma per filosofia nel modo di intendere l’attività motoria sono molto più vicino a quello che ad un eventuale articolo sul numero delle ripetizioni di pesi nella preparazione di un accidenti di sport. Vediamo perché.
Sono assolutamente favorevole allo sport, soprattutto a quello di buon livello, praticato con assiduità e dedizione (diciamo un allenamento al giorno dai 13 ai 35 anni circa per poi scendere su carichi inferiori ai primi fisiologici scricchiolii). Un po’ meno favorevole allo sport dei campioni, quello televisivo dei due allenamenti al giorno, e ancora un po’ più scettico nei confronti dello sport “occasionale”, quello dei due allenamenti alla settimana che siccome uno non se ne innamora a 15-16 anni si può pure mollare che tanto non succede nulla e nella vita ci sono cose più importanti…
“Nella vita ci sono cose più importanti…” quello è il concetto ed è il motivo per cui difficilmente mi metterò a scrivere di un certo modo di intendere l’attività fisica.
Per conto mio l’attività fisica è una cosa importante che deve essere emotivamente coinvolgente e non può diventare un qualcosa per dimagrire o per diventare più belli, tonici e prestanti. Se arriviamo a questo punto vuol dire che siamo all’anno zero dell’attività motoria.
Non ci si può mettere a tavola con un entusiasmo superiore a quello di un atleta che si accinge ad affrontare un allenamento e facendo questo curioso paragone non ho scritto una follia sul sesso degli angeli. Altro che sesso degli angeli, questo è un dato concreto e drammatico che ci deve fare riflettere molto. La maggior parte degli italiani si mette a tavola con più entusiasmo di quello che prova per una normale sessione di attività fisica (chiamatela allenamento, seduta di palestra, lezione di qualche accidenti o come volete chiamarla).
Questo può voler dire essenzialmente due cose: o che l’industria alimentare, anche grazie alle diete, è riuscita a svilupparci una passione per il cibo maniacale (diete da un lato e trasmissioni televisive sulla cucina dall’altro tanto per dire…) oppure vuol dire che il business dell’attività motoria spingendo su certe attività che si “vendono” meglio di altre è riuscito a trasformare il concetto di attività motoria in un’idea talmente noiosa che l’entusiasmo attorno ad essa si è praticamente azzerato.
Si mangia per vivere, non si vive per mangiare e se uno sport non è in grado di farmi pensare ad esso quando sto mangiando un cibo che non mi aiuta a stare bene vuol dire che è uno sport del cavolo, non coinvolgente, nel senso che uno sport deve entusiasmare al punto tale che uno vuole essere sempre più efficiente per praticarlo meglio e pertanto se anche esiste un cibo succulento che delizia il palato a questo cibo ci rinuncio facilmente perché mi rendo conto che può rendere meno divertente un allenamento che doveva essere più “gustoso” di quel cibo.
Hanno trasferito il nostro gusto per l’attività motoria dal campo sportivo alla cucina per poi tentare di farcelo ritrovare in palestra, ma non funziona così. In cucina non si corre ed in palestra in genere c’è troppo poco spazio per la pratica di molti sport. Poi qualcuno ha pure tentato di trasformare la palestra in una mezza cucina nel senso che vi hanno portato gli integratori alimentari ma anche lì siamo decisamente fuori strada, perché chi fa attività sportiva convinto vuole farla finché campa e dunque sta alla larga dagli integratori alimentari che a lungo andare rischiano di fare solo danni.
Dunque sono un po’ distantino dalla filosofia di chi va in palestra per diventare magro o per diventare grosso a seconda dei gusti. Se sei innamorato di una certa attività sportiva non ti interessa nulla di diventare grosso o diventare magro e accetti il tuo fisico che sei hai praticato costantemente attività motoria per tutta la vita non dovrebbe essere proprio da buttare e, soprattutto è il “tuo” fisico e non quello degli altri perché, udite udite qui c’è un altro problema da sesso degli angeli.
Non solo ci stanno raccontando che in cucina ci si diverte di più che al campo sportivo. Non solo ci stanno dicendo che in palestra bisogna soffrire perché se non soffri non ottieni risultati ma ci stanno pure “vendendo” il concetto che dobbiamo cambiare il nostro fisico e pertanto chi è grosso deve diventare magro e chi è magro deve diventare grosso. Ma perché e per chi?!? Per noi stessi certamente no.
L’attività fisica assidua insegna ad amare il proprio corpo (è “educazione fisica” appunto) non a tentare di cambiarlo a tutti i costi. E se qualche preparazione fisica è talmente esasperata che può arrivare anche a modificare le nostre proporzioni corporee quello non è un bel segnale ma potrebbe essere invece il segnale che nella foga di aumentare la preparazione per un certo obiettivo stiamo un po’ esagerando.
La follia estrema è che a volte c’è chi cerca questo curioso effetto collaterale dell’attività fisica senza nessun obiettivo sportivo. Tu chiedi che disciplina sta preparando ad un soggetto che si sta preparando chiaramente troppo e sta dimagrendo a vista d’occhio o, al contrario, sta mettendo su massa muscolare in modo spropositato e questo ti dice che non sta preparando nessuna gara, nessuno sport, sta “semplicemente” tentando di cambiare le proprie proporzioni corporee perché non si vede più bene allo specchio e vuole vedersi in un altro modo… Ma vai dallo psicologo! Anzi ti do una soluzione ancora più economica: metti lo specchio in cantina fin tanto che non hai risolto quel problema psicologico!
Allora quando scrivo che l’individuo è al centro dell’Universo ed è inevitabile che lo sia perché per quanto sia grande il mondo tutte le cose che vi accadono sono anche riferite al nostro microcosmo e pertanto sono inevitabilmente connesse con il nostro io, sia essa una zanzara che ci rompe le scatole a tre metri di distanza o sia un disastro meteorologico causato dall’inquinamento che accade dall’altra parte della terra (ma che magari è stato causato anche dalle attività produttive delle nostre terre…), scrivo un qualcosa che per qualcuno sarà anche troppo vicino al sesso degli angeli ma è comunque un argomento che serve a far capire che dobbiamo ampliare un pò gli orizzonti quanto andiamo a discutere di attività motoria perché è un argomento troppo importante per mercificarlo. Altro che diventare grossi e diventare magri, qui si tratta di prendere la vita nelle proprie mani e non farla gestire dagli altri per mere questioni economiche. E visto che siamo partiti da una questione eterea per trattare l’attività fisica casco a bomba su una questione terribilmente terra terra che fa tanto arrabbiare alcuni miei lettori ma che non rinuncio a propagandare: se vogliamo aumentare la quota di movimento nella popolazione bisogna investire soldi nelle lotta per la sicurezza nelle strade perché quella è l’unica guerra “mondiale” che stiamo combattendo e che non risparmia nessun paese. Di incidente stradale si muore in tutto il mondo, fa terribilmente paura a chi si muove per le strade a piedi ed in bici e se l’esito di questa battaglia è che si venderà meno petrolio e l’industria automobilistica conoscerà l’ennesima crisi questa non è una tragedia che ci deve fermare. La politica deve darci anche gli strumenti per riconvertire quei posti di lavoro persi per un cambiamento nelle abitudini di spostamento. Costruiamo più piste ciclabili e meno automobili, di lavoro ce n’è comunque, basta saperlo organizzare.