Siamo portati a pensare che nel processo di addestramento sportivo la qualità della seduta di allenamento sia fondamentale per garantire il miglioramento delle capacità prestative dell’atleta. In effetti la qualità della seduta di allenamento è veramente molto importante e non confonderla con il “volume” della stessa, cioè con l’aspetto quantitativo della stessa, come si fa sovente, è già una gran cosa ed indice di accortezza del preparatore che non si ferma agli aspetti più grossolani della preparazione. Però c’è un’ altra cosa che determina in modo marcato l’evoluzione degli adattamenti dell’atleta e che talvolta viene trascurata anche da allenatori molto preparati: la qualità del recupero. Ovviamente l’allenatore non può seguire come un’ombra l’atleta e della “qualità” del suo recupero ne sa gran poco, sarebbe semplicemente imbarazzante che sapesse proprio tutto e vengono in mente certe leggende riferite ad eccentrici allenatori di calcio di altri tempi che si intromettevano veramente, scusatemi il termine, nei “cazzi” dei loro atleti in modo devastante con la presunzione di alterarne pure le abitudini di vita più intime.
In ogni caso il recupero è importante sia nel suo aspetto qualitativo che nel suo aspetto quantitativo e la buona strutturazione dello stesso permetterà di ottenere il consolidamento degli adattamenti innescati con la buona seduta di allenamento. Quale sia il buon recupero è difficile dirlo ma l’atleta che si ascolta un po’ lo capisce ed impara a capirlo sempre più. L’atteggiamento da evitare è quello dell’atleta che per cancellare l’onta di un recupero mal fatto ignora del tutto questa cosa, finge che tutto sia andato bene e ci passa sopra con una seduta di allenamento che, a quel punto, diventa inopportuna e rischia di complicare il tutto. L’atleta non deve colpevolizzarsi di non aver messo in atto le migliori procedure per avere un buon recupero, deve solo affrontare la situazione come va affrontata e mettere i mattoni nel giusto ordine per non far crollare la casa. E’ chiaro che se un atleta si allena assiduamente e con caparbietà ma dopo, nelle pause di recupero, si lascia andare a fumo, alcol e droghe evidentemente ha qualche problema esistenziale più che un problema di recupero. Se si ammazza di fatica con qualche partner molto esigente probabilmente non ha un problema esistenziale molto grave ma comunque potrebbe tentare di gestire questi momenti entusiasmanti in modo da farli convivere con l’altrettanto entusiasmante attività agonistica. In ogni caso non deve fare come quel tale che per tenere in piedi un rapporto con due partner nascondeva il tutto ad entrambe finendo massacrato come nel copione della più classica delle commedie all’italiana.
Allora, premesso che non ci siano segreti inenarrabili di mezzo, l’atleta deve tentare di gestire la preparazione nel miglior modo possibile facendo in modo che la seduta di allenamento successiva ad un certo recupero sia la più proficua possibile. E’ una visione un po’ capovolta rispetto a quella che si ha solitamente del recupero e da a questo ancora più importanza. Mentre tradizionalmente si diceva: “Hai fatto questo allenamento e dunque adesso ci sta questo recupero” con questa visione si dice: “Hai fatto questo recupero e dunque adesso ci sta questo allenamento”. Parlando di calcio ci viene in mente George Best che probabilmente di queste cose doveva capirne abbastanza. Non penso che George Best facesse finta di niente quando arrivava sul campo massacrato da recuperi che non erano molto recuperi e non penso che chi ha allenato questo talento abbia fatto finta di niente o peggio ancora abbia punito il giocatore sottoponendolo a fatiche improponibili nel momento sbagliato. Probabilmente per George Best il vero recupero era proprio la seduta di allenamento e c’era da augurarsi che fosse anche nell’imminenza della partita per sottrarlo ad imprese più faticose.
Ricordo un atleta delle lunghe distanze dei miei tempi che diceva sempre che il suo recupero dipendeva dal fatto che il turno di lavoro che lo attendeva fosse da dieci o da dodici ore. Era assolutamente comprensibile e si può certamente dire che se questo atleta avesse potuto disporre delle possibilità di recupero anche di un lavoratore “normale”, se non di quelle di un professionista dello sport, avrebbe potuto ottenere risultati agonistici di gran lunga migliori di quelli già apprezzabili che ha ottenuto.
Il recupero è fondamentale perché stampa nel proprio organismo i benefici della seduta di allenamento, lo fa a livello organico, lo fa a livello nervoso, lo fa a livello psicologico. Provate ad imparare qualcosa a memoria e nel contempo infiltrare questo apprendimento con altre cose di tutt’altro tipo che ingolfano la memoria in modo importante: vi accorgerete che il compito diventa molto arduo.
“Ma se non riesco a recuperare in modo ottimale compenso con un grande impegno nella seduta di allenamento successiva…”. Questo è l’errore tipico del dilettante calato nel perfetto ruolo di dilettante allo sbaraglio. E’ proprio perché sei un dilettante che non ti puoi permettere il lusso di comportarti come se avessi recuperato sempre bene i carichi di allenamento. Se hai qualche possibilità di contrastare a livello prestativo qualche professionista (e a volte questa possibilità esiste perché i dilettanti veri sono alimentati da un entusiasmo che può essere anche superiore a quello dei professionisti, anche se poi ci pensa il doping ad annullare la magia di questo entusiasmo e a ristabilire le sacre distanze fra dilettante e professionista) te le devi giocare anche imparando a recuperare, imparando a capire i tuoi limiti ed imparando a calare la preparazione nel contesto della tua realtà professionale che certamente condiziona fortemente i tuoi recuperi.
Parlando di alcuni atleti non è raro sentir dire “Se avesse avuto le possibilità di recupero di altri atleti sarebbe diventato un grande campione…” e tante volte questa frase è pur vera. Io aggiungo, riferito a certi dilettanti, che si potrebbe dire spesso anche “Se avesse il coraggio di ammettere che è un dilettante e di comportarsi come tale, avrebbe la possibilità di battere molti professionisti che si allenano il doppio di lui.” Molti dilettanti giocano a fare i professionisti, forse questa cosa era più inflazionata ai miei tempi ma temo che accada ancor oggi. Probabilmente se non accade oggi, una volta tanto, è “merito” del doping. Merito nel senso che mentre un tempo allenarsi come un professionista per un dilettante era folle ma possibile, al giorno d’oggi oltre che folle è semplicemente impossibile. L’atleta dilettante è perfettamente consapevole che certe preparazioni sportive se non integrate con un supporto farmacologico molto sofisticato (chiamiamolo così invece che chiamarlo doping altrimenti tutti i professionisti che fanno gran fatica per risultare negativi ai controlli si arrabbiano) sono semplicemente impossibili e così si rassegna a prepararsi come un vero dilettante.
Il recupero è comunque importante per tutti: per i dilettanti perché va considerato nel contesto della vita lavorativa che accompagna il processo di perfezionamento sportivo. Per i professionisti che non usano farmaci perché comunque se non si usano farmaci il recupero di certe sedute di allenamento molto pesanti non è un fatto assolutamente banale. Per gli atleti che usano farmaci… questo non lo so ma sono convinto che anche se la leggenda dice che il doping moderno ti serve soprattutto per recuperare meglio io penso che comunque l’oculatezza nei recuperi serva pure a chi trangugia farmaci a go go. L’atleta robot che può ignorare i giusti recuperi non sono riusciti ad inventarlo nemmeno con la miglior integrazione farmacologica e pertanto si può proprio dire che il problema del recupero è un problema di tutti gli sportivi.