IMPEGNO E DIVERTIMENTO NELLO SPORT

“Vuoi traviare i bravi giovani che con tanto entusiasmo tentano di uscire con il massimo dei voti dalla scuola e che con altrettanto entusiasmo si gettano anima e corpo nel mondo del lavoro e convincerli che vale la pena spendere molte ore per lo sport anche ben dopo aver finito gli studi…”

Per certi versi questa accusa è assolutamente fondata solo che il termine “traviare” lo sostituirei con “svegliare”.

Scambiare l’obbedienza con il rincoglionimento è un grande errore e noi possiamo a tutti gli effetti essere definiti dei genitori o dei nonni assolutamente irresponsabili se non mettiamo in guardia i nostri figli e nipoti dal grave errore di trascuarare lo sport e non dargli la giusta importanza nell’età che va dai 18 ai 30 anni circa. E’ un fatto di salute, non di divertimento.

Non abbiamo esitato ad inventarci follie tipo il “passaporto verde” per costringerli a pratiche sanitarie sulle quali la comunità scientifica era letteralmente spaccata in due. Su una cosa sulla quale non c’è nessun dubbio, perché tutti sono d’accordo che l’attività fisica sia essenziale e determinante per crescere sani, non solo non ci inventiamo nessun “passaporto verde” ma addirittura incentiviamo chi abbagliato da falsi miti di efficienza produttiva ed arrampicamento sociale inizia già a sedici anni a fare lo studente professionista per conseguire il massimo dei voti, bruciare le tappe, per alla fine ambire ad essere inserito nel consiglio di amministrazione della tale azienda fin da giovane. Il tutto per correre dietro al vile danaro il cui accumulo non garantisce certamente alti livelli di salute ma semmai solo un collocamento sociale privilegiato.

Pertanto il motto è: “Cosa perdi così tanto tempo con lo sport alla tua età, con quello mica ci mangi…”

Ed è vero che con lo sport non si mangia, o meglio si mangia solo se si entra nel carrozzone dello sport di alto livello perché se ne resti ai margini, nella migliore delle ipotesi lo sport diventa una cosa che assorbe tantissimo tempo senza fornire alcun introito.

Così come nella scuola c’è l’incentivo della promozione per farti studiare il più possibile (o meglio per farti condurre gli studi secondo le direttive del ministero perché chi studia davvero non è assolutamente detto che esca con il massimo dei voti…) esiste anche una specie di “mannaia” di promozione nello sport che se entro i 19-20 anni riesci ad entrare in qualche gruppo sportivo militare o in qualche club professionistico puoi tranquillamente proseguire a praticare sport (talvolta in modo perfino esagerato) altrimenti sei costretto a metterti fare l’amatore che butta giù la panza da due allenamenti alla settimana già a vent’anni.

La disputa “impegno o divertimento” nello sport si risolve nel fatto che per conto mio il grande impegno deve essere quello degli adulti per fare in modo che lo sport sia altamente concorrenziale nei confronti della scuola e del mondo del lavoro che di fatto stanno stritolando ogni velleità di carriera sportiva in quasi tutti i giovani dai 18 anni in su.

Se continuiamo a pubblicizzare uno sport finto che si deve assolutamente farsi da parte nel momento in cui la competizione sociale ti chiede dieci ore al giorno per altre cose allora vuol dire che accettiamo in toto una società sbagliata.

Quando dico che lo sport è quella grande forza che ci può aiutare a cambiare la società dico proprio questo, perché è proprio grazie allo sport che richiede molto tempo che ti rendi conto che con la scusa del collocamento sociale stanno tentando di rubarti la vita.

Il giovane che poco dopo i 20 anni ha abbandonato ogni pratica sportiva veramente coinvolgente per concentrarsi completamente sui suoi impegni di studio e/o lavoro viene visto come un soggetto responsabile. Gli irresponsabili siamo noi che non lo mettiamo in guardia sul fatto che così si sta rovinando la salute precocemente e non c’è alcuna collocazione che vale un peggioramento della salute.

C’è, inevitabile, una forte conflittualità fra mondo della scuola e sport e altrettanto fra sport ed un certo tipo di mondo del lavoro. E compito di chi comanda lo sport e la società in genere fare in modo che tale conflittualità non si risolva costantemente a danno dello sport.

Tanto per dare i numeri posso ammettere che un giovane di 28 anni che corre i 100 metri in 10″8 abbia voglia di concentrarsi un po’ più sulla sua professione e sia disposto a saltare qualche allenamento se impellenti motivi professionali lo costringono a diluire l’attività sportiva. Ma che lo stesso a 21 anni molli completamente la pratica sportiva perché è impegnato 10 ore al giorno con il suo nuovo lavoro è una follia da paese del terzo mondo.

Lo sport divertente è quello praticato sul serio, quello praticato per finta non è divertente e non è nemmeno utile alla salute. E’ compito nostro fare in modo che almeno fino ai 30 anni circa esistano tutti i presupposti affinché un giovane possa praticare davvero lo sport anche senza essere un professionista e senza essere passato con successo dalla mannaia delle squadre sportive militari. Ciò non vuol dire grattarsi fino ai trent’anni ma entrare nel mondo del lavoro in quel modo fisiologico che si confà ad ogni società civile. Così come durante il periodo di studio non devono esistere corsi che arrivano a chiederti più di 50 ore di impegno settimanale per poter essere condotti con successo.

Se studi davvero e non sei pilotato da chi vuole darti una falsa informazione con un po’ di anni di impegno a trenta ore di studio la settimana sei pronto per rigirare questa società come un calzino e rifondarla con ben altri principi. E’ proprio vero che per non cambiare nulla bisogna ingolfare le menti e renderle incapaci di applicare sul campo quanto appreso a scuola.

Come sempre tutto parte dalla scuola, ma su questo ormai sono un ridicolo disco rotto che ripete sempre la stessa cosa. Se studiamo davvero capiamo che l’obbedienza non è più una virtù, lo diceva già Don Milani oltre mezzo secolo fa.