Creare è certamente più difficile che imitare ed è per quello che gli assi della moda si fanno pagare salatamente. Quando sono dei veri assi poi possono creare quello che vogliono, anche se è una bidonata pazzesca che tanto la clientela abbocca perché non sono più le loro idee a far successo quanto il marchio che ormai si è imposto e detta legge.
Nello sport il modello da imitare è sempre di moda ma poi accade che il vero campione crei e non segua nessuna moda. Il vero campione non imita nessuno, sono gli altri che imitano lui, un po’ come nella moda.
E’ per quello che nello sport è buona norma non porsi modelli di riferimento. Il modello ben che vada può portarti ad emulare il campione ma non a superarlo.
Lo stesso Dick Fosbury, il campione che ha rivoluzionato la tecnica del salto in alto, non è che sia stato proprio imitato da chi ha fatto meglio di lui. Per assurdo il miglior “Fosbury” non è stato quello messo in scena da chi l’ha inventato. Partendo dalla sua idea altri saltatori in alto hanno fatto ancora meglio e anche se non hanno cambiato nella sostanza la tecnica di scavalcamento dorsale dell’asticella che ha fatto strage nell’ultimo mezzo secolo, l’hanno messa a punto innovando continuamente, aggiungendo perfezionamenti che l’hanno resa ancora più efficace.
Nella necessità di creare più che di imitare ci tocca ammettere che la maggior parte dei libri di sport possono anche riportare idee interessanti ma concettualmente sono già vecchi nel momento in cui vanno in stampa.
I protocolli di allenamento sono un’assurdità perché i campioni sono pochi e non possono esistere i protocolli di allenamento ma semmai i foglietti di allenamento relativi ad un singolo soggetto con particolari caratteristiche. Laddove esistono i protocolli e tutto è standardizzato invece è in campo medico dove tutto deve essere soggetto a verifica e non può certamente essere pericoloso per l’atleta che non è una cavia. E’ per quello che il doping di una volta era più pericoloso di quello di adesso. Era meno diffuso, più pionieristico, non aveva protocolli rigidi e giustamente veniva chiamato doping. Quello di adesso è altamente standardizzato viene somministrato ad un numero impressionante di atleti, tant’è che non si può più nemmeno chiamare doping anche perché, se debitamente controllato, non da nemmeno positività agli inutili controlli antidoping.
Il doping di adesso provoca una frattura netta fra lo sport di alto livello e lo sport delle seconde schiere facendo credere che ci sia una gran differenza fra le metodologie di allenamento di chi pratica sport ad alti livelli e di chi lo pratica a livello più basso. In realtà la grande differenza è a livello di assistenza sanitaria e lì la differenza è praticamente abissale, tant’è che un atleta di seconda schiera che provi ad allenarsi come un professionista senza assistenza medica rischia quasi di sicuro di farsi male ma non per scorrettezza dei carichi quanto proprio per l’impossibilità di sostenerli senza un certo tipo di assistenza medica.
Visto che tutto è altamente standardizzato a me piacerebbe che di punto in bianco si dicesse che l’assistenza medica per gli sportivi deve essere la stessa garantita ai comuni cittadini. Si risparmierebbe certamente molto in farmaci, ci sarebbe meno differenza fra atleti di alto livello e atleti di medio livello ma gli sponsor non sarebbero per nulla contenti perché certi atleti di medio livello riuscirebbero anche a mettere in crisi qualche big di primo livello rendendo meno efficace e redditizia la sponsorizzazione, se l’atleta sponsorizzato non vince non offre un buon servizio allo sponsor.
Non resta che cercare sistemi di preparazione innovativi per colmare questo gap, che si è aperto grazie alla ricerca medica fra i due tipi di sport.
A maggior ragione l’atleta di seconda schiera non può prendere a modello l’atleta di alto livello perché sa che se non riesce ad allenarsi meglio di lui non potrà aver speranze di riuscire a contrastarlo sul piano dei risultati. Il talento è un talento perché facendo le stesse cose degli altri riesce ad ottenere risultati migliori. Al non talento resta solo la possibilità dell’innovazione tecnica nella preparazione conscio del fatto che l’atleta che ha già ottenuto risultati notevoli anche se non porta in campo nulla di nuovo in tema di preparazione può comunque adottare carichi di allenamento molto elevati perché può contare su un’assistenza medica standardizzata che è riservata solo agli atleti di un certo rango.