IL TRAINING POLARIZZATO, IL “MISCHUNG” E L’ENTROPIA

Chi decanta le proprietà del training polarizzato forse non è abbastanza vecchio per ricordarsi le famose dispute degli anni ’60 su metodo della continuità (Marathon – training) e lavoro interrotto da pause (Intervall – training). In un famoso congresso (Duisburg, marzo 1964) venne fuori che la disputa si poteva risolvere con la formulazione di un metodo a metà fra i due detto “Mischung” che univa le corse lunghe tipiche del metodo della continuità alle sedute con tante prove ripetute tipico del metodo delle pause.

In tempi successivi l’unica cosa che fu chiara era che il congresso di Duisburg, pur animato da grandissimi allenatori, non aveva risolto proprio nulla e semmai aveva dato una sola indicazione abbastanza precisa: che un metodo misto fra i due discussi (‘sto famigerato “Mischung”) non poteva funzionare.

Circa sessant’anni dopo riprendiamo atto di questa cosa e ci inventiamo l’allenamento “polarizzato” che vuol dire più o meno la stessa cosa: fai quel cavolo che vuoi basta che ciò che fai sia abbastanza caratterizzato e semplice per non far casino e dare dei messaggi contrastanti.

Io che sono vecchio ma non abbastanza per raccontare cosa si fosse detto di preciso a Duisburg, posso però testimoniare che a Piovezzano, un paesino della provincia di Verona che ha sfornato notevoli mezzofondisti, un certo Egidio Perantoni detto “el dotor”, a fine anni ’70 sentenziava che “Non è importante che cavolo fai ma è importante che tu lo faccia bene e devi essere convinto che quello sia il miglior allenamento per te”.

Forse, senza rendersene conto, il mitico Egidio aveva centrato il fatto che metodo della continuità, metodo delle pause o chissà quale altro metodo, nella specializzazione sportiva dobbiamo fare i conti con una cosa molto importante che è l’entropia.

L’allenamento polarizzato ha dalla sua che si elimina il caos delle mezze intensità e così si riesce a recuperare meglio, perché quando ci si allena a bassa intensità si recupera bene e ci si concentra bene su intensità elevate che in certi momenti della preparazione sono decisive per entrare davvero in forma.

Il riconoscimento di certi stimoli allenanti che per essere “riconosciuti” devono essere facilmente decodificabili è fondamentale per fare in modo che questi possano portare delle modificazioni importanti. distinguibili, che possono innescare il cosiddetto “salto di qualità” che non è altro che un cambiamento di stato che avviene dopo la somministrazione di stimoli che possono scatenare adattamenti autentici e non fittizi.

Il concetto di entropia è fondamentale perché in tutti questi tentativi che anche se devono apparire semplici all’organismo in realtà sono abbastanza complessi almeno nella loro formulazione bisogna tenere presente che andiamo a proporre un qualcosa che anche se ottenuto senza supplementazione di farmaci è comunque abbastanza anomalo per l’omeostasi del soggetto. Insomma, in breve andiamo contro il concetto di entropia. Per dirla in parole strane tentiamo di creare un certo ordine nel sistema atleta che lo mette in grado di produrre prestazioni sportive che non hanno nulla di normale. Per certi versi si può dire che tentiamo di andare un po’ contro natura se non fosse che per l’uomo è abbastanza naturale provare a migliorare, anche in modo abbastanza clamoroso, in tutte le cose che fa.

L’entropia ti dice che più un certo ordine è elaborato, complesso, ricercato e costruito e più è labile, perché la natura, al contrario, tende al massimo disordine. Probabilmente è per questo motivo che gli atleti al massimo della forma tendono ad infortunarsi: perché hanno costruito un equilibrio molto labile.

Ogni metodo di allenamento che insiste con forza in una certa direzione tende a scardinare quell’insieme di resistenze offerte dall’organismo che prova a mantenere il suo tranquillo equilibrio omeostatico. L’entropia non sta a guardare e se le inventa tutte per riportare in equilibrio il sistema seguendo la via più semplice ma la via che cerchiamo noi non è certamente la più semplice perché abbiamo la presunzione di creare nuovi cambiamenti di stato.

L’allenamento a “blocchi” potrebbe sembrare un controsenso e pure potenzialmente pericoloso però funziona perché la semplicità dei blocchi provoca gli stimoli decisivi per i vari cambiamenti di stato.

Un tempo con le piste in carbonella la pista era chiusa da ottobre ad aprile. Eppure quando l’atleta andava in forma, verso giugno, creava stati di forma anche migliori di quelli raggiungibili ora anche se tendenzialmente meno duraturi (difficilmente si stava in forma più di un mese-40 giorni circa). Bocciavamo il Mischung in inverno, costretti a lunghe sgroppate di corsa continua per l’impossibilità di praticare la pista, lo bocciavamo anche in primavera ed estate, nell’impossibilità di inquinare troppo le sedute di pista necessarie ad andare in forma.

Eravamo già dei precursori del training polarizzato. Poi con l’avvento delle piste sintetiche in gomma, oltre che le tendiniti sono arrivati anche i sistemi di preparazione mista, potendo usare la pista anche in inverno e non potendola usare troppo in estate, pena l’esposizione a gravosi carichi sui tendini accentuati dalla risposta della pista in gomma.

L’affermazione di Egidio Perantoni trova riscontro nel fatto che lo stimolo allenante deve essere chiaro e riconoscibile ed il primo requisito perché possa andare a bersaglio in tal senso è che chi lo propone al proprio organismo abbia le idee abbastanza chiare ed ovviamente sia convinto di ciò che sta facendo.

In tal senso io sono convinto che ogni proposta di allenamento deva essere mediata fra allenatore ed atleta a non può essere calata dall’alto pena il rischio di non creare la condizione psicologica idonea per l’effettuazione di quel carico di allenamento.

Ovviamene l’empirismo impera su questi concetti ed è per questo che io sostengo che le scienze motorie devano in realtà essere chiamate “arti motorie” a meno che non ci rassegniamo a metterle a punto in laboratorio come in troppe situazioni si è tentati di fare negli ultimi decenni. L’auspicio di un’arte del movimento svincolata dalle risultanze di laboratorio è di tutti gli esperti del movimento convinti del fatto che le teoria dell’allenamento va messa a punto essenzialmente sul campo. Polarizzata o anche non polarizzata.