Ieri un folle ha ucciso 8 persone su una pista ciclabile a New York. Non so se fosse ateo o di che religione, so solo che uno che fa una cosa del genere è comunque pazzo. La follia non siamo ancora riusciti a comprenderla nonostante siano apparsi sulla terra personaggi del calibro di Jung e Freud. Un grande psichiatra italiano ha provato a dimostrare che esiste una follia collettiva tipica della nostra società alimentata da spersonalizzazione dei rapporti ed eccessiva importanza data al danaro. Ci è riuscito perfettamente al punto che è stato praticamente cacciato dalla sua città. E’ più facile dire che i matti sono gli altri che non tentare di porre rimedio alle proprie follie.
Adesso spero che non ci sia qualche altro folle che per vendicare quegli otto morti sponsorizzi una guerra santa sostenuta da chissà quale religione. E’ dimostrato che non si riesce a combattere l’odio con altro odio.
Sono sconvolto per quegli otto morti e penso anche agli altri 100, 150 circa (forse duecento, sui giornali non c’è scritto il numero preciso) che ieri sono morti come tutti i giorni in sella ad una bicicletta colpevoli solo di vivere in una società che ha molta paura del terrorismo ma poca degli incidenti stradali non dovuti a terrorismo.
Non so come si possa combattere il terrorismo, ci sta provando il mondo intero ad inventarsi qualcosa e non ci riesce, ma so come si potrebbero combattere gli incidenti stradali “normali”, quelli dove non c’è una vittima ed un carnefice ma solo vittime perché anche il presunto carnefice lo diventa in modo del tutto involontario, vittima di un sistema che non sanziona con la dovuta energia i comportamenti pericolosi.
Nella nostra società per capire se uno per strada è un terrorista o un comune cittadino che ha fretta ci metti un po’ perchè nella fase iniziale i due soggetti sono praticamente identici. Mettono in atto entrambi un comportamento visibilmente pericoloso solo che il cittadino normale alla fine riesce ad evitare l’incidente (non sempre purtroppo) mentre il terrorista lo provoca in modo clamoroso e nel modo più devastante possibile.
Alla fine il terrorista va su tutte le televisioni del mondo perché si capisce che ha fatto qualcosa di veramente pazzesco, gli altri cento che hanno ammazzato qualche pedone o qualche ciclista solo per sbaglio vanno subito nell’oblio perché anche se hanno stroncato involontariamente la vita di una persona non si vuole rovinare più di tanto anche la loro. Ed è giusto perché non si può condannare a morte un soggetto che non ce l’ha fatta ad evitare un pedone, però si può legiferare in modo tale che questi soggetti siano sempre meno per fare in modo che i comportamenti definiti “normalmente frettolosi” non facciano più vittime del terrorismo.
Non occorre molto e posso fare un esempio banale: ad un automobilista che fa i 62 chilometri all’ora su un tratto di strada frequentato da bici e pedoni dove c’è il limite dei 30 chilometri all’ora non ci si può accontentare di dargli una multa salata, bisogna proprio toglierli la patente almeno per un paio di settimane perché si ricordi bene della fesseria mostruosa che ha fatto. Metterlo in galera quando ha fatto il morto (perché a 62 chilometri all’ora il ciclista lo puoi tranquillamente ammazzare) è troppo tardi, bisogna intervenire a livello preventivo.
Non siamo in grado di curare tutti i matti che ci sono in giro, magari fosse così, però possiamo educare tutte le persone che hanno fretta e possiamo insegnare che la loro fretta è meno importante della salute di tutti i pedoni e ciclisti che circolano per le strade. E’ un po’ una guerra questa e forse è l’unica guerra santa che merita di essere combattuta.