Chi di “sbaglio” ferisce di “sbaglio” perisce. Alla cultura dell’esercizio “sbagliato” dove bisogna stare attenti a come ci si muove perché si rischia di sbagliare e allora tanto vale continuare a fare i sedentari per non sbagliare io contrappongo la cultura della macchina “sbagliata”, della macchina diffusa solo per alimentare un business che ha sconvolto e deturpato il concetto di attività fisica per la salute.
Il business ovviamente non ha inquinato solo il mondo dell’attività motoria ed io mi lamento del fatto di come la medicina abbia perso in questi anni una grandissima occasione per portare a galla tutto ciò che di marcio ha attorno a sé. Ci si è persi su mille cavilli sulla questione vaccini chiedendo addirittura che chi ha sbagliato “paghi” (pagare cosa? Si sapeva benissimo che era tutto sperimentale, al limite sono state le scelte politiche un po’ avventate ma gli scienziati non potevano muoversi che così studiando in fretta soluzioni tempestive che inevitabilmente portavano con sé un ampio margine di errore) e non si è andato ad indagare sulla base dell’iceberg, quella serie di motivi per cui ancora adesso si lascia passare per televisione la pubblicità di farmaci del tutto inutili se non dannosi per la salute della collettività.
Io dico che non è scienza una pratica che si fa dominare dalle leggi di mercato e così mi rifiuto di chiamare scienza quella delle “arti motorie” che sono state semplicemente devastate dal business così come penso che la classe medica dovrebbe ribellarsi in massa all’ingerenza opprimente delle multinazionali del farmaco sulla loro professione rendendola a volte a dir poco imbarazzante.
Il confronto ai limiti dell’eretico fra mondo dell’attività motoria (io le chiamo “arti motorie”) e scienza medica mi è dovuto nel senso che se l’ingerenza del mercato va ad inquinare addirittura la scienza figuriamoci se non va ad inquinare una materia meno sacra all’interno della quale gli operatori non sono per nulla concordi nel definirsi scienziati ed anzi alcuni stravaganti quali il sottoscritto rifiutano decisamente tale etichetta argomentando come sia una falsa gabbia per uniformare la dottrina.
In effetti se le arti motorie sono scienza acquistano una certa sacralità ma allora devono fare i conti anche con alcune leggi ed è necessario formulare dei protocolli accettati dai più. Se invece è un’arte allora si naviga ancora nell’empirismo, tutto è possibile e comanda una splendida anarchia che impedisce la costruzione di improbabili dogmi dell’attività motoria.
Io dico che le arti motorie sono arti punto e basta e che hanno vissuto un’era imbarazzante nell’ultimo mezzo secolo nel momento in cui si è tentato di farle diventare scienza per squisiti fini commerciali.
Un “paziente” che cammina sotto il controllo di un cardio frequenzimetro su un tapis roulant ipertecnologico è scienza, un cittadino che cammina nel parco magari pure con un po’ di nebbietta e scansando le deiezioni dei cani è arte. Preferisco l’arte, soprattutto se il paziente non è un vero paziente ma è lo stesso soggetto che scansava le deiezioni dei cani ed è stato convinto a mettersi a fare il paziente per poter essere controllato su un tapis roulant.
Il tapis roulant è un po’ il simbolo di questo tentativo maldestro di medicalizzazione dell’attività fisica a fini commerciali ed è stato piazzato sul mercato con politiche di marketing decisamente azzeccate.
Non è il paziente sul tapis roulant ad invidiare l’avventore del parco, ma quest’ultimo a pensare che forse non ha senso camminare nel parco non solo perché si rischia di pestare le deiezioni dei cani ma perché può pure succedere che senza controllo del cardio frequenzimetro fai un infarto ti accasci e poi, complice la nebbietta, nessuno ti soccorre e finisci così i tuoi giorni per aver avuto la pessima idea di andare a camminare nel parco invece di metterti su un molto più sicuro tapis roulant.
Io sto tentando di fare dell’umorismo grottesco che probabilmente non fa per nulla ridere per descrivere la situazione ma purtroppo c’è gente che pensa davvero che sia proprio più sicuro l’uso del tapis roulant e la deriva della società è che in certe situazioni è davvero così, non solo ma da questa disgrazia il tapis roulant ne esce ancora meglio.
Sto alludendo a questioni di sicurezza che nulla hanno a che fare con la salute del paziente che non è un paziente ma un comune cittadino. Non siamo tutti potenziali infartuati e camminare sul tapis roulant invece che nel parco per la paura dell’infarto è semplicemente folle per la stragrande maggioranza di tutti noi ma se invece alludiamo ad altri problemi di sicurezza allora la questione si complica. Diciamolo chiaro e tondo: nella maggior parte delle città italiane. nel parco isolato il vero pericolo non è pestare una merda bensì trovare qualche balordo ed in tal senso la nebbietta da fastidio ancora più di quanto lo dia nell’individuazione delle deiezioni canine.
Il marketing manipola tutto e così diventa molto chic usare il tapis roulant perché è la dichiarazione al mondo intero che non hai nulla a che spartire con i balordi che frequentano il parco a certe ore della sera e pertanto ti chiudi in una palestra molto chic dove può entrare solo una certa categoria di persone. Sul tapis roulant di lusso le persone che possono permetterselo, al parco in mezzo alla nebbietta ed ai balordi chi non può permetterselo e non ha nulla da perdere perché magari va a correre senza smartphone e pure senza cardiofrequenzimetro. Insomma non è l’ingabbiato sul tapis roulant ad invidiare il podista autentico ma viceversa. Poi scopri che quello che offre davvero un servizio alla sua salute è il solo il secondo ma poco conta, l’immagine è tutto.
Siamo nell’era del falso, dell’apparenza che impera sulla sostanza e se il dio danaro ha deciso che è meglio far camminare la gente sui tapis roulant invece che all’aperto in modo molto più naturale allora tutti saranno concordi sul fatto che un podista alle sette di sera d’inverno in un parco urbano non è uno che sta rinforzando il suo organismo ma un pazzo scatenato che si fida troppo della sua città. Il tapis roulant i danni non li fa solo sul singolo costringendo a respirare aria viziata il malcapitato che decide di servirsene ma fa male alla collettività se davvero gli avventori del parco restano in pochi rendendolo di fatto insicuro. Ma tale sicurezza deve essere estesa anche a tutto il resto della città perché le situazioni più pericolose si concretizzano poi nelle strade più che nei parchi in quanto non esistono più i pedoni ed i ciclisti. Si pedala e si cammina in palestra, per strada si va solo in automobile, è questa è l’altra grande aberrazione di un’era dell’attività motoria molto contraddittoria che ci vede schiavi delle macchine fuori dalla palestra e pure dentro la palestra con altre macchine che non servono per nulla a qualificare la nostra attività fisica.
Insomma stiamo vivendo un’era “sbagliata” per certi versi ma se io ho sbandierato che gli sbagli non esistono nell’attività motoria mi tocca ammettere che anche nell’organizzazione dell’attività motoria per le masse non esistono errori, nulla è casuale. Il problema è che questa è un’attività motoria finalizzata al mantenimento di un certo sistema sociale e non di un buon livello di salute della cittadinanza. Il cambio di paradigma deve avvenire decretando il primato della salute sull’economia e allora la battaglia è una grande battaglia se è vero che in questa battaglia ci è immersa anche la scienza medica che giustamente è definita scienza praticamente da tutti. Non vorrei che l’unica a meritarsi l’appellativo di vera scienza fosse quella che riguarda l’economia perché sui nostri stili di vita è quella che attualmente detta le regole più delle altre.
In un crescendo pirotecnico mi appello alla morale ed al senso religioso delle masse che devono aver il coraggio di liberarsi dalle logiche comandate dal dio danaro per restituire dignità a scienze che sono ancora più importanti per la comunità di quelle dell’economia e della finanza.