Ho fatto una domanda ad un mio amico che lavora nella scuola. Una di quelle domande cretine che si usano nei questionari con risposta a crocetta dove quasi mai esiste la risposta veramente giusta ma uno è obbligato a mettere la crocetta nella risposta meno cretina perché questo è ciò che vuole chi ha elaborato il questionario. Più o meno ti domandano: “Di che colore era il cavallo bianco di Napoleone?” e le tre risposte possibili sono: “Beige, fucsia o nero”. Tu sai che sono tutte e tre sbagliate ma capisci anche che negli intenti di chi ha elaborato il quiz la risposta è “beige”. Costretto a mettere la crocetta ti butti sul “beige”.
Così al mio amico, che non aveva letto i miei due deliranti articoli sui mondiali di atletica, ho detto: “Ci sono tre commentatori: uno ha detto che il flop della Nazionale italiana è colpa del lavoro della Federazione di Atletica, un altro ha detto che dipende da una serie di molti fattori, per esempio modello culturale, famiglia, mode, valori, scuola etc., etc. un altro dice che è solo colpa della scuola”. Lo so che tutte e tre le risposte possono essere sbagliate (come accade quasi sempre in questi quiz…) ma metti la crocetta. Lui ha messo la crocetta su Dino Ponchio. Ha dato ragione a Dino Ponchio. Sinteticamente per chi non ha voglia di leggersi i due polpettoni di commento ai mondiali di atletica, io (che sarei la crocetta N°3) accusavo il Prof. Dino Ponchio di aver capito il problema dell’atletica italiana ma di non essere stato abbastanza incisivo nel denunciarlo. Praticamente ci ha messo di contorno un sacco di cose per dire che alla fine c’entra un po’ anche la scuola. Gli altri due commentatori della tv (che in questo caso sono unificati nella risposta della crocetta “uno”, attribuendo entrambi grande responsabilità di questo andazzo alla Federazione di Atletica) non hanno nemmeno sfiorato l’argomento scuola.
Ripeto, l’analisi del Prof. Dino Ponchio non è certamente molto distante dalla Realtà, però al mio amico che lo ha votato subito come analista più attendibile ho replicato: “Si vede che tu lavori nella scuola a non puoi dargli contro…” Risposta del mio amico: “Ma cosa vuoi che facciano questi poveri insegnanti di educazione fisica con due ore alla settimana per classe!” Mia controreplica. “Ma accidenti, nessuno mi capisce, io non colpevolizzo assolutamente gli insegnanti di educazione fisica, questi sono allo stesso livello della Federazione, non possono mica fare i miracoli, il problema è proprio della scuola nel senso che crede che questi riescano a svolgere un programma accettabile con due ore alla settimana…” Battuta conclusiva: “Ah, ma tu allora intendi il sistema scuola nella sua globalità, se è questo che intendi allora ti do ragione, ma non ci sono i soldi per modificarlo…”
E’ proprio questo che intendo io e mi stupisce che non si abbia il coraggio di ammetterlo quando è un’anomalia della scuola italiana che è sotto gli occhi di tutti. Non ci sono i soldi per far funzionare la scuola statale 40 ore alla settimana? E facciamola funzionare per 30 se quello è il budget che abbiamo a disposizione, ma ristabiliamo almeno dei parametri normali di incidenza delle lezioni secondo un minimo di razionalità. Capisco che forse l’inglese è più facile dell’italiano, ma qual’è quella scuola americana che dedica all’inglese il triplo delle ore dedicate al totale delle ore di attività fisica? Capisco pure che gli Stati Uniti abbiano una storia meno complessa della nostra da studiare (mi viene in mente quella barzelletta del papà preistorico che al figlio preistorico, vedendo la pagella, borbotta: “Capisco 4 in matematica perché come preistorici non siamo ancora tanto bravi in matematica, ma 4 in storia, porca miseria, con quelle quattro fesserie che ci sono da imparare…”) ma qual’è quell’istituto scolastico americano che dedica più ore alla storia che alla totalità delle ore di attività fisica?
Nella nostra scuola attuale l’attività fisica occupa poco più del 6% del totale delle ore di lezione. E ci lamentiamo se gli atleti italiani non pigliano medaglie ai mondiali di atletica e diamo pure la colpa alla Federazione? Ma è già tanto se gli studenti italiani non sono tutti scoliotici, sovrappeso e malaticci, altro che medaglie. Non è un problema di rendimento nello sport, è un problema di profilassi sanitaria. Con due ore alla settimana non c’è nemmeno il tempo per spiegargli i regolamenti dello sport, altro che la tecnica. Questi si e no che sanno quanto è lunga la pista e da che parte si gira. E se sanno le regole del calcio è perché le hanno imparate per televisione o alla scuola calcio, non certamente a scuola.
Il fatto è che la scuola italiana è ancorata al modello di un tempo quando il ragazzo stava quattro ore sul banco e poi a casa si faceva quattro ore di gioco. Quel tempo è decisamente passato, se anche il ragazzo non avesse impegni pomeridiani (cosa impossibile perchè la scuola è diventata via via più esigente) non saprebbe proprio dove andare a farle quattro ore di attività fisica.
La mia critica al modello scolastico non scaturisce certamente dal flop della Nazionale di atletica ai recenti mondiali ma parte da quella cifra spaventosa che è il bilancio dell’assitenza sanitaria che è il numero che ci fa capire quanto sia importante investire sulla prevenzione. Guastarsi precocemente la salute oltre che un’idea molto bislacca è pure un lusso improponibile per il nostro bilancio.
E’ certamente vero che se anche investiamo grosse cifre per la prevenzione primaria adesso probabilmente la spesa per l’assistenza sanitaria non potrà vedere un contenimento nel breve periodo ma dovrà passare qualche anno perché il miglioramento della salute generale sia tangibile ma questo non è un buon motivo per procrastinare a chissà quando l’adozione di politiche che possano far partire un’ autentica educazione alla salute che passa certamente per una maggior diffusione dell’attività motoria.
La scuola italiana ricalca un sistema arcaico. E’ un sistema nel quale i giovani si autogestivano l’attività motoria su spazi possibili ed interminabili pomeriggi destinati all’attività fisica improvvisata. Non esistono più gli spazi possibili né, tanto meno, gli interminabili pomeriggi sgombri da impegni di vario tipo. Questo è un problema che la scuola può risolvere se si ristruttura profondamente secondo altri modelli già esistenti sulla faccia della terra oppure può continuare ad ignorare perpetuando il modello italiano che ha certamente dei pregi ma anche delle falle mostruose in tema di attività fisica. Questa seconda scelta, se operata ancora a lungo, porterà a danni ben più gravi di quelli commentati dagli appassionati di atletica leggera.