IL RECUPERO E’ PARTE INTEGRANTE DEL PROCESSO DI ALLENAMENTO

Nell’allenamento degli atleti sportivi professionisti quei soggetti che rinunciano al supporto farmacologico (pochi…) sono doppiamente danneggiati in quanto se da una parte rinunciano al “supercarburante” che può consentire un consistente miglioramento del rendimento sportivo dall’altra si creano grandi problemi nel processo di recupero delle sedute di allenamento che è uno degli aspetti determinanti nella costruzione dello stato di forma nella preparazione degli atleti.

Un tempo ci raccontavano che il doping faceva male alla salute (e, per certi versi, avevano anche ragione) così molti atleti non si dopavano e, non solo, rinunciavano a qualsiasi trattamento farmacologico di supporto della preparazione che molto spesso era già decisamente consistente in volume, equiparabile, se non addirittura superiore a quello normalmente adottato adesso dagli atleti d’elite. Così ci rendevamo conto che, sistematicamente, gli atleti che si infortunavano di più erano proprio quelli che non supportavano la preparazione in alcun modo. Si partiva dal presupposto, completamente sbagliato, che l’atleta che non si dopava doveva allenarsi di più per compensare il gap di rendimento che poteva favorire quello che faceva ricorso al doping.

Era esattamente il contrario: proprio perché non si dopavano gli atleti non assistiti avrebbero dovuto allenarsi di meno per favorire il processo di recupero di sedute di allenamento comunque molto pesanti e difficili da recuperare.

Il doping si è diffuso molto negli anni seguenti anche per questo: partendo dal presupposto che allenarsi molto era la condizione necessaria per fare attività ad alto livello si  notava che l’unico sistema per sopportare preparazioni molto consistenti in volume era proprio quello di aiutarsi con il supporto farmacologico. In breve negli ultimi 40 anni si è assistito a quel fenomeno di evoluzione del doping che fa si che tutto ciò che fa parte della vecchia concezione del doping inteso come “bevanda magica” alla Asterix e Obelix, tanto per intendersi, venga chiamato “vetero doping” mentre ciò che fa parte dei trattamenti sistematici per supportare le preparazioni molto pesanti venga definito “Monitoraggio biochimico dei parametri bioumorali dell’atleta”. E’ una definizione molto più rassicurante che ci fa pensare e sperare che la salute degli atleti sia preservata e tutelata come deve assolutamente essere.

Nessuno ricorre più al vetero doping, salvo qualche atleta amatore pazzo scatenato, non si sa perché ogni tanto qualche atleta professionista monitorato a livello bioumorale casca nella rete dell’antidoping quando essendo quasi tutti trattati nello stesso modo ai medici ormai dovrebbe essere ben chiaro cos’è che si può fare e cos’è che non si può fare. Assurdità dell’antidoping moderno: molto spesso cascano nella rete dell’antidoping atleti che usano meno farmaci degli altri ma questa non è certamente colpa dell’atleta quanto del medico che li sta seguendo.

Anni più tardi (per molti di noi purtroppo troppo tardi…) ci siamo resi conto che gli atleti che non facevano uso di farmaci avrebbero fatto bene a calare drasticamente i carichi di allenamento per recuperare meglio e dunque tentare di reggere la scena con gli atleti che accettavano il supporto farmacologico. Con una immagine un po’ ad effetto si può pure ammettere che se il doping si è diffuso in modo capillare è anche per colpa di quei pirla come il sottoscritto che nell’ambizione di ottenere rendimenti di livello superiore hanno provato a forzare la preparazione in modo scriteriato andando ad infortunarsi e dimostrando in modo fasullo che la via del supporto farmacologico era l’unica perseguibile. Ma ciò non era la realtà. La realtà è che gli atleti non assistiti farmacologicamente hanno giocato male le loro carte e si sono messi a scimmiottare in modo maldestro le metodologie di allenamento di chi poteva contare sul supporto esogeno. Il doping probabilmente in termini di salute non ha fatto la quantità di disastri che si teme. Il  controllo medico è aumentato sempre più e molti tipi di assistenza si sono evoluti verso protocolli molto prudenti che non si potevano più nemmeno chiamare doping.

La tragedia del supporto farmacologico a livello culturale è stata che è passato il concetto che per restare nell’alto livello dello sport era comunque fondamentale adottare volumi di allenamento impensabili fino a pochi anni prima e così si è sottovalutato troppo tutto l’aspetto qualitativo della preparazione. Gli atleti che non usavano farmaci finivano per essere perennemente intossicati dagli eccessivi carichi di allenamento e così, quando non sopraggiungeva un infortunio a “risolvere” la questione, la qualità dell’allenamento andava comunque a farsi friggere.

Si è data troppo poca importanza al processo di recupero partendo dal presupposto che il volume di allenamento era la cosa più importante. Se questo modo di operare poteva stare in piedi per gli atleti assistiti non aveva alcun senso invece per gli atleti che rifiutavano i farmaci.

Un riscatto da parte degli atleti che non hanno mai amato i farmaci (e ce ne sono ancora tanti, per fortuna) è possibile solo se si riuscirà a fare un passo indietro in termini di volume di preparazione per andare a privilegiare l’aspetto qualitativo. Non potendo competere sul volume di carico, che un atleta non assistito farmacologicamente è umanamente impensabile che possa sopportare come quelli costantemente monitorati, l’unica via perseguibile resta quella dell’adozione di strategie di allenamento qualitativamente superiori dove l’intervento tecnico abbia una marcia in più e riesca a colmare i deficit di allenamento condizionale inevitabilmente a favore di chi si tratta con i farmaci.

L’idea di rispettare recuperi più rigorosi che possano far prevenire l’instaurazione di stati di intossicazione muscolare e/o organica è una via obbligata per chi vuole continuare a fare sport ad alto livello rinunciando a consistenti trattamenti farmacologici. Il recupero è un’arma in più per questi soggetti che hanno dalla loro anche una miglior dimestichezza con le variazioni qualitative dell’allenamento. Chi non può esagerare con i carichi di allenamento per forza di cose deve essere già abituato a fare i conti con livelli qualitativi dell’allenamento molto elevati altrimenti non può certamente reggere la scena con chi si allena il doppio o quasi.

Di sicuro è da abbandonare la strada degli inutili eroismi (sulla quale siamo cascati in tanti) di voler adottare carichi di allenamento pazzeschi senza supportarli con un minimo di trattamento farmacologico. L’infortunio da sovraccarico in tali situazioni è sempre dietro l’angolo e fin tanto che si tratta di un tendine d’Achille poco male ma quando si tratta di stati di deperimento organico sono una pura follia e sono quelli che fanno dire ai vari staff medici che, stando così la situazione, il ricorso ai farmaci per ristabilire certi parametri bioumorali è il male minore.

E’ ancora possibile dimostrare che si possono ottenere risultati di alto livello anche senza farmaci, se questi risultati possano essere di livello assoluto è un po’ difficile dirlo, la cosa certa è che se si vuole perseguire questa strada che, almeno da un punto di vista morale, è certamente apprezzabile, non bisogna ignorare la complessa problematica dei recuperi. I recuperi sono importanti come e più delle sedute di allenamento, soprattutto per gli atleti che non seguono alcun protocollo farmacologico.