IL NOSTRO TEMPO

Se dovessi trovare una definizione per definire sinteticamente il nostro tempo, dandogli un connotato per distinguerlo da altri momenti della storia dell’uomo, direi che questa è l’era dove mai la differenza fra esigenze del mercato ed esigenze dell’uomo è stata così grande.

Anche nello sport questa cosa si sente, è netta, palpabile e abbiamo una differenza clamorosa fra sport vero, quello autentico che serve a tutti e sport spettacolo, quello gonfiato, artefatto che serve al mercato mettendo in scena una certa quantità di eroi, quasi gladiatori, che sono funzionali al mantenimento di questo carrozzone rigidamente regolato e pilotato dal mercato.

Siamo schiavi del mercato, non lo siamo mai stati così tanto e, non vorrei essere blasfemo, ma penso che se tornasse Gesù Cristo temo che avrebbe molto da fare per rovesciare questa gigantesca bancarella. Sì può proprio dire che il mercato ha profanato il Tempio per il quale non c’è più nessun rispetto.

La cosa un po’ triste è che siamo più o meno tutti consapevoli di questa cosa ma non riusciamo a trovare le informazioni (sì, proprio informazioni più che “forza” come pensano molti) per uscirne. E’ come se accettassimo in modo ineluttabile che il mondo è comandato dai mercati e non ci può essere alternativa.

Forse con parole più semplici ed in modo più sintetico questo è solo il fallimento della politica. La politica ha fallito a livello globale, non solo in Italia, ed è stata fagocitata dal mercato che se l’è letteralmente mangiata dettando le sue regole.

Nello sport la questione è sotto gli occhi di tutti. Occorrono investimenti per lo sport per tutti, quello che fa bene alla salute e serve a tutti perché il mostro della sedentarietà è ben distante dall’essere sconfitto, ma si fa fatica a trovarli perché sembrano investimenti a fondo perduto visto che il mercato ha ritorno più immediato e forse anche più sicuro dagli investimenti sullo sport spettacolo, quello che alimenta la pubblicità e dunque sostenta il mercato stesso.

Ecco, forse una chiave di interpretazione di questo tempo è proprio la pubblicità, siamo immersi nel sistema della pubblicità, mai come ora la pubblicità ha condizionato le nostre esistenze.

Eppure gli investimenti nello sport per tutti dovrebbero avere un grande ritorno perché sono poi quelli che ci fanno risparmiare in assistenza sanitaria ed è documentato come gli esborsi per diffondere lo sport siano meno cospicui delle somme che alla fine si risparmiano in assistenza sanitaria per l’innalzamento del livello medio della salute della popolazione.

Ma a far da sfondo a tale osservazione c’è una domanda terribile che è forse una delle peggiori che può porsi l’uomo del nostro tempo: “Siamo proprio sicuri che al mercato faccia comodo che noi stiamo tutti benone e abbiamo meno bisogno dell’assistenza sanitaria?”

La faccenda Covid, tormentone che in questi giorni compie tre anni, mi ha lasciato disorientato per quanto poco sia stato fatto in tema di prevenzione delle malattie respiratorie. Il Covid, nelle sue forme gravi, era essenzialmente una malattia respiratoria e ci ha sterminato anche perché ci ha trovato tutti malaticci in tal senso, Se non era il Covid poteva essere qualcosa d’altro di simile, i polmoni dell’uomo moderno, soprattutto che abita nei centri urbani, non è che siano molto sani, C’era da investire sulla salute dei nostri polmoni invece ci hanno chiuso in casa, Dovevano chiudere in casa le nostre automobili invece hanno chiuso in casa noi. Quando hanno riaperto è stato perché non erano riusciti a trovare il sistema per liberare le nostre automobili senza liberare anche noi ma se fosse stato per le esigenze del mercato liberavano solo le nostre vetture.

Hanno impiegato pochi mesi per mettere sul mercato (messo proprio sul mercato, non era gratis) un vaccino sul quale il mondo si è diviso. In alcune nazioni l’hanno pure messo obbligatorio (stranamente anche nella democratica Italia). Per fare qualcosa di concreto per i nostri polmoni vogliono impiegarci dodici anni, tanti sono quelli che ci separano da un provvedimento (lo stop alle auto a gasolio) che andava preso subito visto che l’inquinamento da gasolio è uno dei più pericolosi per i nostri polmoni e pure per il nostro sistema immunitario (anche se lo sanno in pochi le allergie sono aumentate a dismisura nella ex DDR quando i tedeschi dell’est hanno cominciato ad andare a gasolio…).

Viene da pensare che alla base di queste scelte un po’ incomprensibili ci siano le solite leggi del mercato.

L’immissione sul mercato di un vaccino su scala planetaria per quanto possa essere contestato da chi vuole curarsi in altro modo non turba il mercato, tutt’altro. Lo stop alle auto a gasolio dal punto di vista del mercato è una doppia tragedia non sostenibile perché da una parte da una mazzata terribile all’industria automobilistica e dall’altra penalizza pure le compagnie petrolifere se è vero che nel gasolio c’è una quantità di petrolio superiore a quella degli altri carburanti.

Viviamo il tempo del mercato e della pubblicità e c’è poco da scandalizzarsi se lo sport per tutti non ha la stessa importanza e la stessa urgenza di quello dei campioni.

Probabilmente è proprio un discorso di informazioni. Quelle informazioni che nella nostra scuola viaggiano a rilento perché anche se è certamente importante sapere chi era Giulio Cesare è pure importante sapere perché la palestra non viene messa a norma visto che è lì da vent’anni che necessita di lavori urgenti.

Del resto i ragazzi devono solo studiare, non contestare. Ed è su questo che io devo proprio essere internato in manicomio perché sostengo che se i ragazzi non cominciano a ragionare e contestare ciò che non va non ci sono speranze per un futuro migliore. Rischia di comandare ancora il mercato con le sue idiozie, le sue aberrazioni e le sue logiche non a misura d’uomo. Dobbiamo riprenderci la vita anche quando non va d’accordo con i mercati. Non siamo noi che dobbiamo obbedire alle leggi di mercato, è il mercato che si deve adattare alle nostre esigenze di sopravvivenza, Chi vivrà vedrà…