Su questa cosa mi sono soffermato più volte ma forse mai con la necessaria chiarezza. L’unico movimento sbagliato è quello che non si fa, nel senso che l’errore più grave è muoversi troppo poco, non muoversi in un modo poco utile. Tale affermazione la sostengo perché la sedentarietà è decisamente più subdola del sovraccarico funzionale. Quando uno sbaglia a muoversi ha sempre un campanello dall’allarme, anche piuttosto tempestivo, che segnala che il movimento che sta facendo porta qualche problema. Nella maggior parte dei casi si tratta di mancanza di gradualità nella somministrazione dei carichi di allenamento perché non esiste un vero e proprio movimento sbagliato, in ogni caso con un po’ di attenzione ci si riesce a rendere conto di cosa si sta sbagliando e che movimento è a provocare quel determinato sovraccarico.
La sedentarietà invece è subdola, lavora in silenzio e quando si manifesta in modo chiaro ha già fatto danni, talvolta addirittura irreversibili.
Affermo molte volte come anche il recupero sia molto importante e vada gestito con la stessa attenzione dei carichi di allenamento. Mi tocca dire anche di più perché con il recupero si può sbagliare anche di più. Se recuperi troppo poco vai in sovraccarico e non dai al tuo organismo la possibilità di reagire in modo ottimale alla seduta di allenamento. Se recuperi troppo ma veramente troppo, non solo perdi tempo ma fai dei danni. Quando si immobilizza un’articolazione bisogna sempre tenere presente gli effetti collaterali di quell’immobilizzazione. Classico l’esempio dell’arto fratturato. Perché si sistemi bisogna rispettare tempi di riposo piuttosto lunghi, poi una volta finito quel periodo c’è da affrontare il momento della riabilitazione che è tanto più lunga quanto più lungo è stato il tempo di immobilizzazione. Insomma la pausa che ha fatto bene per l’aggiustamento dell’osso ha fatto danni per tutto il resto. A volte ci comportiamo come se avessimo subito una frattura anche per cose che non c’entrano nulla con la frattura e passi per il classico problema ai tendini che un tempo si aveva la mania di pensare che avesse bisogno di lunghe pause di recupero ma si fa così anche senza nessun motivo concreto. Ci si ferma per il solo fatto che fermarsi apparentemente non produce danni. Apparentemente…
Il concetto della gradualità del carico deve sostituire quello della pausa, quasi sempre, salvo eccezioni molto rare quali quella della frattura ossea per esempio.
Pertanto più che dire che siamo incappati in movimenti sbagliati dobbiamo più precisamente dire che non abbiamo scelto la giusta gradualità di carico. Fermarsi del tutto in una situazione simile è il miglior modo per non affrontare il problema e riuscire a sbagliare nuovamente in un tempo successivo. Quando si sbaglia la progressività del carico bisogna intervenire subito a rettificarla per centrarla prima possibile. Se attendiamo tempo mutano le condizioni di partenza e se attendiamo troppo mutano certamente in peggio.
Schematizzando con quegli schemini che non mi piacciono nulla ma che a volte sono utili per semplificare concetti un po’ complessi ma decisamente importanti, con riguardo al recupero si può dire grossomodo così:
1°) Un recupero troppo breve può dare adito in tempi più o meno dilatati ad un fenomeno di sovraccarico funzionale che, anche se non immediatamente si presenta in modo chiaro, netto e distinguibile.
2°) Un recupero adeguato è la miglior cosa che si sia, lascia tempo perché si verifichi quella stramaledetta “supercompensazione” della quale si sono riempite le pagine dei libri di attività motoria e favorisce il raggiungimento della forma sportiva e di quello stato di benessere conseguente ad una adeguata attività fisica.
3°) Un recupero troppo lungo è inutile e potenzialmente dannoso. Ci si domanda perché bisognerebbe adottare un recupero troppo lungo. Perché non si ha voglia di fare una certa attività fisica? Allora il problema è a monte e molte volte è di natura psicologica e deve essere attentamente valutato. Oppure perché si ha paura che qualche carico non sia stato sufficientemente recuperato? In quel caso bisogna valutare bene i segnali dell’organismo e se questi non sono in direzione di un quadro da sovraccarico bisogna combattere le paure e muoversi. Il rischio che un recupero un po’ “lunghetto” diventi troppo lungo è concreto e diciamo che anche se non pericoloso per la salute nell’immediato è certamente dannoso per la forma sportiva in chi abbia qualche ambizione di miglioramento del rendimento. Pertanto è un qualcosa già da considerare attentamente.
4°) Il recupero decisamente troppo lungo: è praticamente sempre dannoso. Più che recupero io la chiamerei sedentarietà. Succede per esempio quando un certo soggetto per cause organizzative ha smesso di praticare una certa attività fisica e ci impiega dei mesi per riprenderla o per sostituirla con un’ altra più facilmente praticabile. Questa è già una grave tendenza alla sedentarietà e va decisamente corretta. E’ figlia del concetto che molti di noi hanno l’abitudine di paragonare l’attività fisica alle diete e non alla normale alimentazione.
L’attività fisica non è assolutamente come le diete, è proprio come la normale alimentazione. Voi potete stare senza dieta per alcuni mesi, anzi conosco molte persone che non si sono mai messe a dieta nemmeno una volta nella vita e stanno decisamente bene (forse stanno bene proprio per questo se è vero che la maggior parte delle diete sono semplicemente dannose alla salute). Ma non potete stare senza mangiare per alcuni mesi.
La normalità è mangiare, non stare a dieta. E così la normalità è muoversi, non abbandonarsi alla sedentarietà nell’attesa che appaia all’orizzonte la giusta occasione per muoversi.
Purtroppo nella società dove ci sono soggetti che fanno fatica a stare senza automobile anche solo una settimana (vado dal carrozziere che mi da l’auto sostitutiva altrimenti non mi muovo più…) c’è gente che non esita a stare senza muoversi decentemente per due o tre mesi perché non ci sono le circostanze giuste per farlo o perché c’è troppo freddo o perché c’è troppo caldo. E’ vero che con il freddo ci si muove tendenzialmente di più che con il caldo (attenzione che è un discorso di “quantità” di movimento perché la “qualità” dello stesso può essere anche superiore nella stagione calda) che con il freddo. E così d’inverno si tende a mangiare di più che in estate ma non è che uno smetta di mangiare da giugno a settembre.
Insomma la cosa “sbagliata” è non considerare la normalità del movimento e perdere l’occasione di migliorarlo e rettificarlo con attenzione proprio quando pare che non sia somministrato nel giusto carico. Quella che deve essere un’occasione di arricchimento sul proprio bagaglio motorio rischia di diventare una grande sconfitta se ci si arrende e ci si barrica dietro la scusa del movimento sbagliato. Il movimento sbagliato non esiste. Esistono una serie di considerazioni da fare su tutta l’attività fisica ed è giusto avere l’entusiasmo e la pazienza per farle.
Qualche volta vi sarà capitato di sbagliare la salatura della pasta e quella volta non avete mangiato proprio di gusto. Non per quello avete chiuso con la pasta oppure deciso di non provarci più per due o tre mesi. Si tratta solo di capire cosa va modificato.