L’utopia è una cosa un po’ da mondo delle favole. Però, senza scomodare l’utopia, a volte si può immaginare qualcosa che funziona meglio di ciò che esiste e che comunque per centomila motivi è difficilmente realizzabile. Il solo fatto che sia difficilmente realizzabile non ci vieta di parlarne, anzi, proprio perché è difficilmente realizzabile ci viene da discuterne per tentare di capire dove sia l’effettivo confine fra questa “difficoltà” e la pura utopia.
Sono stato spesso bollato per filo-comunista per aver inneggiato al modello sportivo della ex-DDR come ad un modello esemplare per tutto il mondo. Intanto mi difendo da questa accusa con un’ uscita ad effetto sulla situazione politica italiana che non sarà molto oculata ma ha il vantaggio che non la vedrete scritta su nessun quotidiano come osservazione “attendibile”. Stiamo pagando lo scotto di una mossa politica molto forte orchestrata ad inizio anni ’90 che ha prodotto un solo effetto politico: la fine della Democrazia Cristiana. Tangentopoli negli intenti era una cosa doverosa e assolutamente necessaria per togliere un po’ di quel troppo marcio che c’era negli ambienti della politica. Purtroppo l’effetto concreto di tutto è stata la disintegrazione della Democrazia Cristiana, del più grande partito italiano di sempre, forse l’unico partito che alla sua base ha avuto una vera e propria ideologia (a parte i verdi che in Italia si e no che sono esistiti per un breve periodo…).
La crisi politica attuale è figlia del fatto che nessun partito o movimento ha una sua ideologia di riferimento: esistono tutti per governare meglio “di quell’altro che non sa governare”. E così esistono solo ideologie “contro”. Contro gli extracomunitari, contro i comunisti, contro i capitalisti. La corruzione è rimasta a tutti i livelli, la Democrazia Cristiana non esiste più. Purtroppo ci tocca ammettere che il movimento di Tangentopoli ha fallito in pieno. Precisate queste cose che spiegano anche perché non mi occupo di politica (e probabilmente non potrò mai occuparmene perché non mi identifico in nessuno dei partiti attualmente esistenti) torno sulla mitica DDR dello sport della quale tratto con molto più entusiasmo.
La DDR dello sport non la chiamo nemmeno “ex-DDR” perché nella memoria di molti è ancora ben viva. E’ stato, a mio parere (e devo sottolineare quel “a mio parere” altrimenti mi arrivano una infinità di osservazioni), il più bell’esempio di organizzazione sportiva di un piccolo stato ed ha prodotto risultati sportivi di indiscutibile valore invidiati dalla maggior parte dei paesi del mondo.
E’ doveroso accennare alla questione doping altrimenti viene sollevata la solita obiezione che “senza il doping di stato” la DDR non avrebbe ottenuto quei risultati. Non c’è dubbio, ma per fare un analisi obiettiva (questa sì veramente utopistica) bisognerebbe scorporare il fattore doping da tutto lo sport mondiale. La DDR è stata certamente uno dei primo paesi ad adottare il doping di stato ma chi afferma che quel tipo di doping sia stato determinante per mettere la DDR uno scalino più in sù degli altri si dimentica dei danni che ha fatto il doping nella DDR, si dimentica della facilità con la quale sono stati smascherati (ed io aggiungo per fortuna) alcuni atleti dopati della DDR ed ignora il fatto che purtroppo poi il doping di stato ha dilagato in tutto il mondo e non sono certamente quei pochi anni di anticipo sul resto del mondo ad aver alterato la consistenza dei risultati sportivi.
Il doping di stato più colossale è stato perpetrato da quei paesi che non sono stati mai scoperti che, paradossalmente, sono pure quelli che hanno creato problemi meno gravi ai loro atleti proprio perché sono stati seguiti con più oculatezza con investimenti molto consistenti e che hanno avuto anche maggior copertura politica di quanto possa averne avuto la ex-DDR che, dopo la caduta del muro, è stata decisamente “sputtanata” tanto per usare un termine scientifico.
Il fatto che molti atleti della DDR abbiano accusato problemi di salute in seguito a pratiche dopanti non sta a testimoniare che “solo nella DDR” si praticava il doping di stato bensì che il doping della DDR è rimasto un doping arcaico, un doping di serie B sul quale non hanno investito certamente grosse cifre e che ha prodotto danni che sono una colpa terribile di questo sistema sportivo, una colpa imperdonabile che ci impedisce certamente di dire come quel sistema fosse da imitare “integralmente”. Non per il fatto che un doping di alto livello non sia mai stato scoperto e non abbia prodotto i danni di quel “vetero-doping” possiamo dire che altri paesi sono da prendere ad esempio come modello sportivo di riferimento.
Sul doping, a mio parere, hanno sbagliato tutti. Quelli che hanno dopato male i loro atleti, come la DDR, perché hanno provocato danni alla salute dei loro atleti e da questo punto di vista sono ancora più condannabili, quelli che hanno dopato “bene” i loro atleti (e ce ne sono tanti ed io aggiungo per fortuna la maggior parte dei paesi che hanno fatto ricorso al doping di stato) perché dopandoli “bene” hanno contribuito alla diffusione di un sentimento comune fra gli atleti che “se non fai fesserie di tuo e fai solo quello che ti dicono di fare i medici non rischi la salute perché ti propongono solo cose non pericolose”. Insomma il doping di stato, nato per colpa dei paesi dell’est, si è evoluto poi per colpa (ed io non ho il coraggio di scrivere per “merito” anche se la salute degli atleti è stata certamente minata molto di meno in questo modo) di quelli occidentali che sono riusciti a farlo diventare un sistema globale.
Con questa lunga premessa io posso scorporare (utopisticamente…) il fattore doping e dire che comunque la DDR avrebbe ottenuto risultati di altissimo livello anche senza dopare i suoi atleti. Ma questa resta una mia convinzione e i più continuano a credere che la DDR fosse quello stato all’avanguardia del doping che ha primeggiato solo grazie ai medici.
C’è comunque un dato innegabile, che se la premessa, esecrabile, era la ricerca spasmodica del campione, il primo metodo con il quale questa ricerca è stata avviata è stata la diffusione dello sport per tutta la popolazione e li si che si sono operati investimenti colossali e li sì che si può davvero dire che la DDR è stata uno dei paesi che ha speso più di tutti alla faccia del fatto che non navigassero nell’oro nemmeno nei loro momenti migliori.
E’questa cosa che io ritengo esemplare nella ex-DDR e che vedo presente attualmente solo negli Stati Uniti. Solo negli USA esiste attualmente un modello di sport veramente per tutti, dove lo sport è istituzionalizzato e diffuso capillarmente tramite la scuola.
Ho premesso che non volevo scrivere di utopie. Non posso scrivere di una scuola italiana che tenta di imitare il modello americano, non abbiamo i soldi per farlo. Il modello americano è un modello perseguibile solo da uno stato ricco che può permettersi di investire cifre da capogiro sullo sport a livello nazionale. Noi potremmo fare un’altra cosa senza andare a cercare capitali che non abbiamo. Accettare politicamente il fatto che la scuola deve farsi carico del problema dello sport, valutando con attenzione (e rispetto…) anche tutte quelle offerte di sport che provengono allo studente dall’esterno del sistema scolastico. Non con la premessa esecrabile della DDR che bisogna ricercare il campione perché bisogna far vedere al mondo che siamo i migliori ma per il molto più triste motivo che siamo in crisi economica ed abbiamo un sistema sanitario nazionale che, in proporzione, costa più di quello dei ricchi USA. Abbiamo bisogno di diffondere lo sport di base su tutto il territorio nazionale, come faceva la DDR ai tempi della guerra fredda, per non far collassare il sistema sanitario nazionale. Se partissimo da quella scelta politica io sono convinto che con i talenti che abbiamo (il popolo italiano è notoriamente un popolo “talentuoso” a livello sportivo) in pochi anni potremmo ripetere il miracolo della DDR e senza ombra alcuna di doping perché i soldi per il doping di stato sono decisamente finiti ormai da ‘mo.
Il mondo ha imparato dalla DDR le cose sbagliate (e pure ingigantendole per non voler ammettere i meriti di quelle buone) ma non ha accettato la lezione dell’importanza dello sport. Lo sport era ed è importante per tutta la popolazione, non solo per mettere in mostra i migliori.
Il modello di sport ideale è un modello che pone il valore dello sport come valore imprescindibile per importanza e anche se ciò ci richiama a significati che per noi hanno una certa memoria nel ventennio fascista (da comunisti a fascisti: lo sport è proprio trasversale) l’idea di una popolazione sana che fa andare avanti il paese anche grazie all’efficienza fisica non è un’utopia. La politica non può essere indifferente a questa situazione. Se aspettiamo che siano gli sponsor a cambiare lo sport possiamo aspettare ancora molti decenni: per loro non sono importanti gli sportivi ma i telespettatori. Per loro non conta avere centomila ragazzi in grado di correre i 100 metri in 11″ netti ma conta averne uno solo in grado di fare un secondo di meno. La salute dei ragazzi italiani non è quella.