IL METRO E MEZZO

La ciclista che fa il giro del mondo ha visto di tutto, non per niente ha fatto il giro del mondo in bici e alla fine del seminario infinito, durato 4 giornate per 16 ore di relazioni con una cinquantina di intervenuti, gioca l’asso: un metro e mezzo come distanza minima per il sorpasso. Norma da applicare subito anche in Italia come nella maggior parte del resto del mondo. Siamo così tanto sottosviluppati da non poterla applicare? No, siamo una potenza mondiale, dobbiamo avere il coraggio di comportarci da potenza mondiale e non da paese sottosviluppato, per superare una bicicletta bisogna scartare di un metro e mezzo e lasciare quello spazio che può permettere il lusso al ciclista di sbandare senza essere condannato a morte per una stupida sbandata.

Abolire la pena di morte per chi sbanda in bici. Penso che dovremmo essere tutti d’accordo.

Provo quasi una punta d’invidia per questa ciclista, ma non perché sia riuscita a fare più volte il giro del mondo in bicicletta bensì perché questa opportunità le ha dato una capacità di fotografare la realtà che è certamente da soggetto ben consapevole di cosa succede in giro per il mondo. Io che ero tanto orgoglioso del mio splendido soprannome “Quello dei 30 all’ora” improvvisamente mi sento un po’ un pirla perché mi rendo conto che i tanto agognati 30 all’ora se non sono accompagnati da questa norma ancora più essenziale possono essere anche poco efficaci per dare sicurezza al ciclista. Del resto io di stati in bici me ne sono fatti a malapena quattro ed il giro del mondo non me lo sono fatto nemmeno in aereo, in nave o in auto, non l’ho proprio mai fatto.

Molto banalmente, se ci pensate bene, la norma sul metro e mezzo implica una velocità ridotta mentre la velocità ridotta non implica automaticamente anche un comportamento rispettoso nei confronti del ciclista. Teoricamente se come ciclista vogliono metterti sotto perché appartieni ad una specie fastidiosa che non inquina e non muove a sufficienza l’economia ci possono riuscire anche a 30 all’ora, anche se obiettivamente è un po’ più difficile. Al contrario se metti la regola del metro e mezzo per superare il ciclista, il ciclista lo salvi anche se fai i 50 chilometri all’ora e sei tu che ti schianti e rischi di farti del male in modo grave anche se sei su un bel SUV da oltre due tonnellate se trovi dall’altra parte un altro SUV che ha deciso che i 50 chilometri all’ora si possono continuare tranquillamente a fare in città. Fra mettere contro due SUV ai 50 all’ora (il totale è un tondo tondo “100”…) e lasciare che uno dei due faccia un po’ paura al ciclista si sceglie questa seconda strada. Tecnicamente però, anche se meno spettacolare, è più pericoloso l’investimento del ciclista che non il pirotecnico frontale fra i due mostri della strada. Il ciclista ci può lasciare le penne, gli occupanti del SUV che si esibiscono in un pirotecnico frontale convinti entrambi che viaggiare spediti sia sempre una bella cosa, ci lasciano giù il SUV ma generalmente proprio perché questo è di lusso e studiato molto bene se la cavano con un bel giro in ospedale ma senza andare all’altro mondo.

Potrebbe sembrare con queste affermazioni che io stia auspicando una serie di frontali fra automobilisti deficienti per aumentare la sicurezza dei ciclisti. Sarei altrettanto deficiente ad ipotizzare ciò e comunque, a scanso d’equivoci, l’applicazione della norma del metro e mezzo di rispetto per il sorpasso ai ciclisti andrebbe abbinata anche ad una capillare diffusione delle zone 30 perché, siamo obiettivi, ma potrebbe pure esserci chi, preso dalla voglia di guidare come prima, continua a tenere velocità del tutto inopportune anche con un codice della strada che consideri finalmente che sulla strada ci sono pure i ciclisti.

Pertanto la regola del metro e mezzo è quella che ci vuole davvero per garantire il rispetto dei ciclisti ma poi quella, in automatico, ne provoca anche altre direttamente conseguenti quale quella della  moderazione della velocità nella strade dove transitano anche i ciclisti.

Sembra fantascienza la regola del metro e mezzo di rispetto ed invece è la cosa più semplice ed ovvia che ci sia. Talmente ovvia e scontata che da noi non esiste ancora e deve venircela a raccontare una che ha fatto il giro del mondo in bici alla fine di un webinar sulla ciclabilità durato sedici ore.

Io continuerò ad essere quello dei trenta all’ora perché tutto sommato, anche se in un modo un po’ più tonto, continuo a reclamare quello che in modi diversi hanno reclamato una cinquantina di studiosi che con argomentazioni di vario tipo e dati scientifici inconfutabili sono intervenuti a questo interessante webinar che io definirei “Gli stati generali della ciclabilità in Italia”.  Il fatto che ciò abbia preso movimento da Milano per conto mio non è casuale perché Milano, assassinata dal traffico e dallo smog, è stata una delle prime città a reagire ed a porsi a livello amministrativo quesiti che molte altre città non hanno ancora avuto il coraggio di porsi. Sarebbe bello che qualche città presa da un moto d’orgoglio indicasse vie d’uscita anche più efficaci di quelle escogitate a Milano.

Adesso dovremmo essere ostaggi di uno splendido ricatto: o spendiamo i miliardi che l’Europa ci passa per sopravvivere con una certa lungimiranza e razionalità oppure i soldi non ce li danno nemmeno. C’è chi parla già di investimenti per rilanciare l’economia come unica possibilità per mettere a frutto quei danari. Peccato che il concetto di investimenti per rilanciare l’economia sia vecchio di qualche mezzo secolo. Qui non c’è nessuna economia da rilanciare, non quella che ha portato 40 milioni di autovetture sul nostro territorio. C’è un’economia nuova da rifondare che con quella delle grandi infrastrutture c’entra gran poco, sono anche questi grandi investimenti ma di tutt’altro tipo, implicano un cambio di passo, un cambio di stile, vediamo se avremo il coraggio di metterci su questa nuova strada. Ad un metro e mezzo dai ciclisti.