Enfatizziamo. Quando c’è una buona notizia è giusto pubblicarla, pubblicizzarla, enfatizzarla e metterla in risalto anche in modo esagerato.
Da Milano e da Rimini provengono due buone notizie sul gioco dei bambini. E’ la stessa notizia che viene amplificata dagli amministratori di Rimini che vogliono mettersi in evidenza amplificando e dando forza ad un concetto che già Milano aveva portato in campo.
A Milano con regolamento comunale si è provveduto a ricordare il diritto al gioco dei bambini negli spazi comuni condominiali e ci si è espressi chiaramente per fare in modo che questo diritto venga tutelato invitando gli amministratori di condominio a fare in modo che il gioco dei bambini venga “favorito”. Rimini si mette in questa bella gara sentenziando che il gioco dei bambini “deve essere consentito” nelle aree comuni condominiali e quindi da un accelerazione a questo ammonimento. Mentre Milano ricorda di considerare anche il gioco dei bambini, Rimini sembra quasi rinforzare un’obbligo nel rispetto di questa osservanza. Speriamo che non siano solo parole e che alle parole seguano i fatti, in ogni caso che già solo a parole la questione emerga è un grande successo, oserei dire una svolta epocale.
Ai miei tempi, quando da quel punto di vista tutto funzionava bene perché i bambini avevano decisamente la precedenza sulle auto e chi parcheggiava l’auto dove giocavano i bambini lo faceva a suo rischio e pericolo, si urlava ai bambini: “Guardate che se non vi comportate bene chiamo i vigili!”. Adesso la frittata è stata girata e si può benissimo intimare agli adulti: “Guardi che se con la sua auto ostacola i giochi dei bambini chiamo i vigili”. Era meglio un tempo ma va bene anche così, alla fine l’importante è che i bambini possano giocare.
Quando, sul gioco dei bambini, diventata emergenza nazionale, dico che ognuno deve fare la sua parte intendo dire proprio ciò che gli amministratori di Milano e di Rimini hanno voluto richiamare all’attenzione dei loro cittadini.
La scuola deve riuscire ad essere meno soffocante e deve ricordarsi che al giorno d’oggi i bambini hanno sempre meno tempo per giocare anche perchè passano più tempo di una volta in impedimenti organizzativi che un tempo non esistevano. Mentre per giocare due ore una volta un bambino impegnava solo due ore della sua giornata adesso per giocare una sola ora può essere costretto a perdere più di due ore perché il tempo che va via a livello organizzativo per quell’ora di gioco è addirittura superiore al tempo stesso di gioco. Tutto ciò non accadeva alcuni decenni fa quando i bambini erano liberi di giocare in spazi sotto casa senza alcuna necessità di essere accompagnanti dai genitori.
Le direttive dei comuni di Milano e Rimini vanno a segno in questa direzione, poi è chiaro che altri attori di quest’opera dovranno fare bene la loro parte per poter raggiungere l’obiettivo di far giocare nuovamente i bambini almeno un numero accettabile di ore se non tutte quelle che dopo ci facevano produrre i migliori calciatori del mondo. Il mondo non torna indietro e la strada non potrà più essere dei bambini come lo era negli anni ’60. Forse il campionato italiano di calcio tornerà a popolarsi di calciatori italiani ma più probabilmente per il fatto che le squadre hanno finito i soldi più che per un ritorno prepotente sulla scena dei talenti italiani.
In ogni caso l’idea che i piccoli calciatori (ma non solo calciatori, anche pallavolisti, giocatori di Basket e perché no, anche sprinter puri dell’atletica) possano tornare a fare i compiti per casa sotto casa loro andando oltre le due ore “sindacali” delle comunque splendide scuole calcio, è una grande, gigantesca idea.
Al momento i compiti per casa sono previsti solo per le lezioni scolastiche, un tempo non esistevano e se esistevano non erano certamente obblighi rispettati da tutti. Adesso un bambino che non fa i compiti finisce in galera e se non li finisce tutti non può usare il tablet o guardare la tv. Smettiamo di considerare il tablet e la tv come premio, perché in realtà sono una punizione per la loro salute.
E poi dobbiamo cominciare a dare meno peso anche alla pagella scolastica di questi studenti troppo giovani per essere già competitivi. Il personale insegnante non vuole farsi valutare e forse non senza motivo perché chi deve valutare gli insegnanti non è quasi mai in possesso dei parametri di riferimento per poter fare una valutazione obiettiva ed attendibile. Tale valutazione è molto più probabile verso i piccoli studenti come si è sempre fatto. Ma non è molto sensato dare a questa valutazione una grande importanza. Almeno non paragonabile all’importanza stratosferica che da genitori responsabili dobbiamo dare alla salute dei nostri figli.