IL CONTROLLO DELLE EMOZIONI… NELLO SPORT

Questo titolo è subdolo per il semplice motivo che se il controllo delle emozioni fosse riferibile al solo argomento sport il giochino sarebbe anche abbastanza semplice e non c’è bisogno di questo grande equilibrio psichico per riuscirci.

Il problema è un altro: lo sportivo è una persona umana e come tale “bersaglio” anche di emozioni che non c’entrano nulla con lo sport e che sono molto difficilmente governabili (se non praticamente “impossibili” da governare) e che condizionano ovviamente tutta la baracca, sport compreso.

Pertanto un giochino un po’ più probabile che formuli un titolo un po’ più sincero potrebbe essere “Il controllo delle emozioni tramite lo sport” e quindi pratica sportiva come “strumento” per il controllo della condizione emozionale. E’ il solito discorso, se è più importante il risultato o la salute, in tutti gli ambiti, non solo nello sport. Io ci spendo un sito per sostenere la tesi dell’importanza della salute, chi non crede a questo concetto è liberissimo di non perdere tempo qui sopra e non insistere a leggere concetti che, visti in un’altra ottica, possono apparire anche abbastanza “astrusi”.

L’uomo è un mistero di una complessità inimmaginabile, non invidio gli psichiatri ma nemmeno gli psicologi che tutto sommato potrebbero avere anche un compito quasi più semplice se è vero che partono dalla psicologia dei sani un po’ come noi per studiare l’uomo partiamo dall’individuo sano, che gioca, che fa sport più che dal malato come i medici.

Ebbene in psicologia anche partendo dai sani, anzi talvolta soprattutto da quelli (per dire una banalità si innamora più facilmente un sano di un malato, come dire che un malato ne ha già abbastanza della malattia e non si cerca altri problemi…) non possiamo assolutamente categorizzare e generalizzare nulla perché ognuno si comporta e reagisce a modo suo. Siamo sette miliardi e mezzo, sette miliardi e mezzo di “protocolli” diversi.

Ebbene, lo psicologo, che è questa figura che non invidio che si trova ad affrontare problemi quasi inestricabili, purtroppo (o per fortuna) è un po’ anche nostro collega. Io dico che per certi versi come insegnanti di educazione fisica siamo anche dei mezzi preti ma è un modo un po’ poco tecnico per dire che siamo anche dei mezzi psicologi. Il gesto motorio parte dal cervello, questo ha certamente a che fare con la psicologia, è regolato dalla psicologia, il giochino è fatto. Io ho questa mania di dire che siamo “mezzi preti” perché probabilmente portatore di un concetto di una psicologia antica, affermo che dentro di noi c’è una norma generale che deriva dai nostri principi religiosi (sempre presenti in chiunque, anche negli atei, anzi talvolta in modo sorprendente anche di più in chi si crede ateo) e che condiziona in modo determinante tutta la nostra psicologia.

Quando affermo che lo sport può essere uno strumento che può avere la presunzione di regolare o almeno condizionare in parte le nostre emozioni, voglio dire che l’importante non è regolare le emozioni per vincere nello sport ma, al contrario, modificare la nostra attività sportiva per fare in modo che ci possa dare qualche possibilità di regolare le emozioni. In sintesi, modificare l’attività sportiva non è impossibile, anzi siamo qui in tanti per darvi consigli in tal senso, mentre modificare le emozioni è ben più difficile.

Essenzialmente la pratica sportiva ha una possibilità di poter riuscire in qualche modo a controllare le emozioni: essere molto consistente nel contesto generale della vita di una persona. Se la pratica sportiva occupa si e no il 10% del tempo del soggetto in questione, per entusiasmante che sia difficilmente potrà avere un peso psicologico di una grande importanza. Al contrario se il tempo dedicato ad essa è molto di più (per esempio 20-25 ore la settimana) può fare concorrenza a tutte le altre attività umane, lavoro compreso che ha un peso praticamente infinito sulla nostra psiche e pertanto davvero è in grado di condizionare il tutto.

Perché è molto di moda, se non di più che di moda, quasi obbligatorio, avere lo psicologo al seguito dei grandi campioni? Perché questi fanno dello sport il loro mestiere, dedicano la maggior parte del loro tempo a questo e qualsiasi cosa succeda nella loro vita deve comunque avere a che fare con lo sport. Illusione, devono regolare la loro condizione emozionale sulla base delle loro necessità nello sport e in questo, per fortuna, non ci riusciranno mai altrimenti sarebbero dei robot. Anche il più affermato dei campioni che controlla proprio tutto nei minimi dettagli, da un punto di vista psicologico può essere fragile come un bambino perché certe emozioni delle esigenze dello sport se ne fanno proprio un baffo così come se ne fanno un baffo di qualsiasi attività lavorativa.

Stando così le cose noi possiamo continuare a studiare come utilizzare lo sport per migliorare la qualità della nostra vita, né più né meno che come facciamo da un punto di vista strettamente fisico. In sintesi agiamo con lo sport in modo indiretto. La nostra salute mentale è determinata dal nostro vissuto emotivo, grazie allo sport proviamo a dare degli stimoli positivi perché questo possa essere influenzato positivamente, se per motivi insondabili il vissuto emotivo ci fa deragliare il problema principale è quello e non il fatto che tale deragliamento condizioni anche i risultati nello sport.

Insomma si tratta di capire se è nato prima l’uovo o la gallina. Qualcuno dice che se sei stabile psicologicamente sei forte e dunque puoi diventare un grande campione qualcun altro dice che se non sei stabile psicologicamente hai bisogno di qualcosa che dia stabilità e siccome diventare un grande campione è gratificante ti servirà nei momenti nei quali il tuo equilibrio psichico tende a saltare.

In realtà non è necessario diventare un grande campione per avere un’ancora di salvezza nei momenti nei quali l’equilibrio psichico può essere turbato da mille eventi (non necessariamente brutti, a volte turbano l’equilibrio psichico più gli eventi piacevoli di quelli spiacevoli) però è certamente necessario praticare un’attività sportiva autentica perché solo questa può avere qualche speranza di interferire in quel complessissimo sistema che è il gioco delle emozioni nella psiche umana.