IL CONFLITTO FRA ATLETICA E CORSA SU STRADA

La corsa su strada è una parte dell’atletica. Non è “l’atletica”. Purtroppo mentre negli ultimi trent’anni la corsa su strada ha avuto una diffusione clamorosa, forse prevedibile ma non nei termini colossali nei quali è avvenuta, tutto il resto dell’atletica ha conosciuto una crisi lenta, continua e piuttosto devastante per certi aspetti. Mentre un tempo la corsa su strada era un aspetto solamente marginale di tutta l’atletica ora i fasti della strada sono così straripanti che, connessi alla parallela crisi dell’atletica su pista, hanno portato alcuni addirittura a confondere la prima con la seconda come se fossero coincidenti. In effetti mentre nell’atletica è conglobata la corsa su strada, nella corsa su strada non è per nulla conglobata l’atletica perché restano fuori qualcosa come una trentina di discipline fra corse, salti, lanci e staffette.

Tanto per dare un po’ di numeri mentre in Italia una corsa su strada della distanza di “mezza maratona” (che è lunga ben 21 chilometri e non è nemmeno compresa fra le discipline olimpiche dell’atletica) è corsa da decine di migliaia di atleti in un anno, nello stesso periodo di tempo gli atleti che prendono parte ad almeno una gara di 5.000 metri su pista (disciplina olimpica e certamente più abbordabile da tutti visto che dura meno di un quarto della mezza maratona…) sono poco più di 2000.

C’è un discorso di sponsor e di mercato dietro a questo comportamento poco razionale. E’ vero che è molto più facile correre un a gara sui 5.000 metri ed in molte circostanze anche più “salutare” ma non è più salutare per le tasche degli organizzatori. La mezza maratona si può correre su strada in un contesto che può arrivare a far posto a diecimila persone, i 5.000 metri si corrono su pista ed è molto difficile ospitare nella manifestazione anche un solo migliaio di partecipanti. Se parliamo solo di 5.000 metri organizzare una manifestazione che possa ospitare anche solo 200 atleti porta via già tre ore abbondanti.  La questione non si ferma agli aspetti organizzativi, anche a livello di quote di iscrizione incassabili ovviamente non c’è paragone (tanto più che gli atleti sono disposti a sborsare cifre molto superiori per la partecipazione a corse su strada piuttosto che a quelle su pista) e pure gli sponsor sono molto più propensi a finanziare le manifestazioni che si svolgono su strada ritenendo che abbiano un contorno di pubblico decisamente superiore alle manifestazioni su pista e tale presunzione purtroppo il più delle volte è proprio giustificata dal comportamento del pubblico.

La corsa su strada ha esercitato una specie di cannibalismo nei confronti dell’atletica e così mentre le discipline tecniche hanno conosciuto una crisi che molto probabilmente è assolutamente indipendente e non collegata ai fasti della strada, le discipline di mezzofondo e fondo hanno assistito ad un vera e propria migrazione di atleti dalla pista alla strada. alla lunga questa migrazione non ha prodotto effetti positivi per nessuno perché anche la strada, a livello di buoni atleti, ha certamente bisogno della pista. A fronte di un movimento di stradisti impressionante in Italia non abbiamo cento atleti in grado di correre i 5.000 metri in meno di 15′, o meglio, forse li avremmo anche ma non ci provano nemmeno perché sono troppo impegnati a rendere al 100% nelle varie corse su strada, dove anche i premi sono un po’ più soddisfacenti di quelli della pista e pertanto il “muro” dei 15′ sui 5.000 che un tempo era quello che separava il mezzofondista “via di mezzo” da quello che “fa sul serio” ora è un muro che non interessa più a nessuno. Al giorno d’oggi se corri i 5.000 in meno di 14′ puoi pensare anche ad avere delle ambizioni su pista altrimenti ti concentri sulle corse su strada che sono più gratificanti. Il discorso è talmente contagioso che si estende anche alla gara dei 1500 metri: se riesci a correre i 1500 in meno di 4′ provi a vedere in che gara su pista puoi divertirti, altrimenti non ci provi nemmeno e  pensi che tutto sommato con 4′ sui 1500 di record personale si può arrivare a correre la Maratona anche in 2 ore e 15′. Con quel tempo con tutti i premi che ci sono su strada diventi un mezzo professionista… A livello femminile la questione non cambia. L’atleta che corre i 1500 in 4’20” non si entusiasma per niente di fronte a quel risultato se non per il fatto che, mettendolo bene a frutto può diventare un probante 2 ore e 30′ sulla Maratona e allora si che diventa interessante.

Purtroppo la pista serve alla strada. Non si riesce a correre in 1 ora e un minuto la mezza maratona o in due ore e sette minuti la Maratona che sono i valori di eccellenza in campo internazionale se prima non si è in grado di correre i 10.000 metri in pista in 27 minuti e mezzo. In Italia, dove c’era una vera e propria scuola della Maratona non abbiamo più atleti in grado di primeggiare a livello internazionale ma non ne abbiamo più nemmeno nei 10.000 metri dove in passato abbiamo avuto risultati ancora più esaltanti che nella Maratona. Il dissanguamento della pista ha fatto danni anche alla strada.

Ovviamente l’alto livello della disciplina non è quello che determina la salute di una popolazione ma, parlando di salute, non è che saremmo ancora più sani se l’atletica amatoriale fosse diffusa quanto la corsa su strada amatoriale?

A livello amatoriale è diffusa la convinzione che le corse lunghe fanno bene alla salute e quelle brevi sono pericolose. Nulla di più sbagliato, non è la lunghezza della gara a determinarne l’utilità in termini di salute quanto il tipo di approccio con la quale viene affrontata. E’ molto più salutare una corsa su medie distanze affrontata con lo spirito giusto di una gara sulla distanza della Maratona (42.195 metri…) affrontata con le idee non troppo chiare.

E’ un fatto culturale e tanto per cambiare devono essere i tecnici, gli esperti di attività motoria a far capire agli sportivi cosa è più opportuno fare per fornire un utile strumento di salute al proprio organismo oltre che per divertirsi. Purtroppo è importante osservare come tutto il carrozzone della corsa su strada si muova “a testa bassa” come un ariete ignorando assolutamente l’atletica su pista e forte del fatto che gli sponsor continuano a foraggiare la strada perché lì c’è ritorno economico. C’è da augurarsi che almeno a livello federale si riesca a capire qual’è il settore che ha bisogno di maggiore attenzione e non si segua l’onda rispettando i flussi finanziari che una certa attività può muovere. Se contano solo i flussi finanziari allora l’atletica può chiudere e ci possiamo benissimo concentrare tutti sulle slot machine che sono certamente più redditizie.