Oggi sono uscito dal mio bel cancello italiano ed ho pensato che anche le cose che non funzionano a volte possono avere degli aspetti positivi.
Per chi non fosse mio assiduo lettore spiego brevemente cos’è il “cancello italiano”. Il cancello italiano è quel cancello dal quale anche se esci inavvertitamente con la macchina sporgendoti un metro di troppo e passa un ciclista non succede niente perché il ciclista è abituato a subirne di tutti i colori e pertanto quando passa vicino ad un cancello mette in preventivo che ci può essere un pirla di automobilista che esce senza pensare che il clclista è costretto a stare molto vicino al margine destro della carreggiata e pertanto non puoi pigliargli un metro come se nulla fosse.
Indubbiamente il cancello italiano anche se denuncia un malcostume nei confronti dei ciclisti che non è da paese civile ed evoluto ha i suoi vantaggi. Almeno per l’automobilista. E allora oltre al cancello italiano esistono anche altre cose che essendo italiane anche se non sembrano da paese civile ed evoluto possono avere una loro strana funzionalità.
Siamo abituati a districarci in mezzo a mille difficoltà e così siamo agili mentalmente, elastici, pronti alla rapida soluzione di questioni anche imbarazzanti.
Esempio curioso che proviene dallo sport che preferisco: l’atletica. Nell’atletica le società fanno il contrario di quello che fanno le banche. Invece di unirsi per formare gruppi più forti e competitivi si dividono in mille piccole società, una per campanile, verrebbe da dire una per condominio. Perché ? Perché una squadra italiana di atletica per forte che sia anche se vince lo scudetto non sarà mai forte come una squadra militare e se per sbaglio ottiene piazzamenti significativi nonostante il monopolio delle squadre militari riceve comunque premi e finanziamenti che non vanno certamente a superare i costi necessari per allestire quel tipo di squadra. E allora tanto vale avere la piccola squadretta da parrocchia che sopravvive grazie alle quote associative (che purtroppo a volte non sono nemmeno molto popolari) e vedere cosa succede puntando solo sugli atleti che provengono dal proprio circondario.
La cosa fantastica, tipicamente italiana, è che così facendo vengono fuori una miriade di talenti che ti fanno pure capire che sono seguiti bene da un esercito di tecnici praticamente volontari e ciò lo capisci perché questi talenti fin che sono seguiti da questi tecnici sono dei veri talenti, quando invece finiscono nelle mani di qualche tecnico più blasonato rischiano di offuscare il loro talento finendo per non mantenere ciò che avevano promesso col loro tecnico originario.
La riforma dello sport non tiene conto di questa realtà. La maggior parte degli operatori sportivi sul nostro territorio non sono professionisti del settore. L’unico professionista riconosciuto è l’insegnante di educazione fisica a scuola che teoricamente avrebbe solo il tempo di coordinare un lavoro che dopo verrà portato avanti dai volontari. L’unico insegnante a scuola che dovrebbe essere autorizzato a dare i compiti per casa è proprio l’insegnante di educazione fisica. Sarebbe autorizzato perché lui a scuola non ha certamente il tempo per svolgere un piano di attività motoria accettabile per lo studente ed in quel poco tempo che a quel punto potrebbe anche essere passato sul banco più che in palestra è già tanto che possa mettere in piedi una sorta di pianificazione dell’attività motoria da svolgere al pomeriggio condotta dai volontari appunto.
Invece succede che a dare i compiti siano proprio tutti gli altri insegnanti tranne quello di educazione fisica e così accade che tempo per lo sport non ce n’è e così gli operatori sportivi volontari non solo non vedono riconosciuto il loro lavoro ma si trovano a dover fare delle battaglie tipo Don Quisciotte ed i mulini a vento perché il ragazzo ha giustamente voglia di praticare lo sport e di allenarsi bene ma l’istituzione scolastica funziona da ottimo freno a questo progetto perché si interpone con i leggendari impegni extraorario scolastico necessari a preparare le innumerevoli ed incessanti verifiche.
La riforma dello sport è concepita per aiutare questo esercito di collaboratori sportivi che lavorano fra mille difficolta ma non sa in che modo aiutarli perché questi, di fatto, non sono veri professionisti.
E allora la riforma dello sport è un altro cancello italiano perché è una riforma vuota che non può andare a bersaglio perché se non parti da un ristrutturazione energica della scuola italiana non puoi dare dignità all’attività sportiva che fanno i ragazzi nel pomeriggio e quindi tanto meno al lavoro fatto dalla marea di tecnici sportivi dell’infinità di piccole società dei singoli “campanili”. E questo accade un po’ in tutto lo sport e non solo nell’atletica leggera.
Chi scrive conosce queste cose anche per essere operatore nell’attività motoria della terza età dove l’insegnante è vessato da una marea di norme che tutelano solo la scuola ma non l’opera di chi insegna nei corsi di terza età che si vede sballottato da una palestra all’altra per la mancanza di una programmazione istituzionale. Il vero insegnante è quello di scuola, quello della terza età anche se insegna nelle palestre delle stesse scuole, non è un vero insegnante, è un optional, se riusciamo a farcelo stare bene altrimenti amen, come facciamo per le attività sportive dei ragazzi che sono certamente meno importanti delle ore di studio dedicate al superamento delle centomila verifiche.
E’ il modello italiano, un po’ come il cancello dal quale puoi permetterti il lusso di sporgerti anche un po’ troppo perché il ciclista sulle strade italiane conta più o meno come l’attività fisica a scuola.
Allora si è costretti a sviluppare la fantasia perché in uno stato così si sopravvvive solo con la fantasia e quando ti chiedono che mestiere fai se dici che insegni attività motoria per la terza età ti dicono: “Sì, ma come primo lavoro cosa fai?” Come primo lavoro gioco, poi a tempo perso insegno attività motoria per la terza età e provo a far fare sport ai ragazzi, quello sport che a scuola non hanno tempo di fare.
Magari si potesse fare davvero una riforma dello sport in Italia, potrebbe essere l’inizio di una nuova mentalità. Purtroppo una nuova mentalità non la si può imporre per legge. Fate attenzione quando uscite dal cancello con la macchina la mattina, potrebbe passare un ciclista che mantiene rigorosamente la destra anche se sta passando a filo di un cancello, ma probabilmente è un turista. Come quelli che si fermano sulle strisce pedonali. Rischiano il tamponamento senza rendersene conto perché sono turisti e non sanno che le strisce pedonali in Italia sono un vezzo radical chic. In realtà il pedone va asfaltato perché sia ben chiaro che comanda l’automobilista, siamo italiani mica vichinghi.