Il “bilancino” dell’esperto di attività motoria non esiste, è semplicemente quell’accidenti metaforico che dovrebbe fare in modo che l’atleta molto allenato non sia costretto a servirsi del bilancino del farmacista (altro bilancino che ormai non esiste più perché il farmacista essenzialmente ti piazza tutti prodotti già pronti senza usare nessun arcaico bilancino) se sbaglia con i carichi di allenamento e turba certi equilibri in modo pericoloso tale da dover ricorrere alle cure mediche.
Siamo portati a pensare che il bilancino deva essere usato per misurare piccole quantità, che sia un oggetto di alta precisione ma in tema di attività motoria non è così. Dobbiamo usare il bilancino (che a quel punto è una specie di bilancione) proprio con quegli atleti che svolgono carichi di allenamento decisamente consistenti ed esagerati in volume e pertanto sono più soggetti ad inconvenienti di un certo rilievo, più vicini al carico di rottura (quasi sempre troppo vicini a questo carico) e pertanto a rischio infortuni e/o squilibri biochimici. Con gli pseudo atleti, che sono quei personaggi che abbiamo il coraggio di chiamare atleti ma in realtà sono dei mezzi sedentari, impegnati in mille attività lavorative ed in un’attività sportiva decisamente annacquata e poco consistente in quantità e qualità di carico, potremmo teoricamente rinunciare ad ogni insulso bilancino visto che c’è l’imperativo di aumentare in modo piuttosto abbondante la quantità di carico per poter sconfiggere la sedentarietà.
Accade che non usiamo il bilancino nel primo caso ma lo usiamo nel secondo, perché? Perché nella preparazione degli atleti di alto livello si va giù decisamente pesanti nella necessità di arrivare a carichi di allenamento che siano sufficienti a portare l’atleta ad un livello elevatissimo di preparazione. La differenza fra vincere ed arrivare secondi nell’attuale sport di alto livello è semplicemente colossale e lo è sempre di più visto che il divismo e la spettacolarizzazione sono ben lontani dall’essere contenuti nei loro aspetti aberranti. Così non si va tanto di fino, perché il vero rischio non è caricare troppo bensì caricare troppo poco, rischiando di non arrivare al livello sufficiente per giungere alla “necessaria” vittoria. La medicina viene tristemente in soccorso a questo errato modo di agire e così vige il motto che nello sport di alto livello ormai il doping sistematico è stato sconfitto (praticamente si dopavano solo i mitici tedeschi della Germania Est, poi sono diventati tutti santi ed il doping è rimasta solo una cosa storica da raccontare per spiegare lo sport degli anni ’70 e ’80…) ed esistono solo i trattamenti medici decisamente necessari per mantenere in salute atleti sottoposti a carichi di allenamento semplicemente folli e sconsiderati.
Così nell’alto livello si preferisce usare il bilancino del farmacista piuttosto che il bilancino del tecnico per non rischiare di caricare troppo poco in allenamento, rischio che al giorno d’oggi quasi nessuno vuole correre anche perché con la rarefazione del numero dei veri tecnici riuscire a competere con chi ha un’assistenza medica di prim’ordine è diventata veramente un’impresa quasi impossibile.
Al contrario con i quasi sedentari, quegli atleti che si allenano due volte la settimana o poco più si lavora di fino, con il bilancino perché questi sono quasi patologici e se si esagera un attimo scappano via, non per negligenza ma perché davvero sono giunti al punto che non sopportano incrementi di carico che non dovrebbero spaventare e mettere in crisi nessuno. Forse, anche se la circostanza è triste, bisogna ammettere che in questo settore abbiamo dovuto evolverci. Una volta con gli atleti di medio e basso livello si era decisamente grossolani e si facevano assurdi paragoni con gli atleti più performanti, adesso nessuno si sogna più di paragonare un atleta qualsiasi con un professionista e si accetta di calarsi nella realtà a volte patologicamente limitata di atleti che si allenano meno di un quarto di ciò che si potrebbe umanamente fare.
Allora io dico che il bilancino (metaforico) andrebbe sempre usato, almeno per un discorso di equità, diamo importanza a tutti e usiamo questo stramaledetto bilancino con tutti. Un’ altra soluzione, ugualmente equa potrebbe essere non usarlo con nessuno, siamo esperti del movimento, non farmacisti non abbiamo bisogno di nessun bilancino, né reale, né metaforico. Che non abbiamo bisogno del bilancino reale sono decisamente d’accordo e se qualche collega ha il coraggio di usare farmaci nella preparazione di qualche allievo penso che vada internato in manicomio più che messo in galera. Su questo punto vorrei tranquillizzare un po’ i miei lettori e metterli in guardia al tempo stesso. Guardate che questa ormai può davvero essere definita leggenda: il tecnico che dopa l’atleta è un film d’altri tempi e già ai tempi della Germania Est era una cosa che non esisteva più, se ce n’è ancora qualcuno in giro va pigliato con la rete dell’accalappiacani. Il doping attuale nello sport di alto livello non ha più queste sembianze e forse è proprio per quello che non si può più chiamare doping e si fa finta che non esista. Escluso l’impossibile bilancino “reale” io dico che quello metaforico purtroppo è necessario perché dobbiamo essere estremamente precisi sia con gli amatori che con i professionisti che corrono entrambi su un pericoloso limite: quello della mancanza della giusta quantità di movimento i primi e quello dell’eccesso di carico i secondi.
Senza bilancino se fossimo soggetti con un buon peso sociale dovremmo dare una buona spallata verso carichi più consistenti ai primi ed una altrettanto energica per contenere i carichi di allenamento ai secondi.
Questo è il nostro vero limite, che non riuscendo ad incidere sull’assetto sociale abbiamo assistito inermi ad un fenomeno per il quale l’attitvità fisica si è distribuita in modo perverso sulla popolazione: troppo poca per i comuni cittadini e troppa, decisamente troppa per i professionisti dello sport, che sono praticamente dei gladiatori, protagonisti di uno spettacolo dove è necessario rendere sempre al 100% altrimenti vieni dato in pasto ai leoni.
La realtà è un’ altra e dobbiamo essere terribilmente precisi con lo sportivo di serie “B” sempre preso da mille dubbi e veramente limitato nella sua capacità prestativa ma anche con lo sportivo di serie “A” che pur essendo capace di fornire notevoli prestazioni è sempre in ansia e pressato a cercare risultati superiori. Per assurdo quello che sente il peso di una necessità impellente di maggior rendimento è proprio quest’ultimo e, non a caso, a differenza di ciò che vogliono farci credere, la diffusione dell’ausilio farmacologico per incrementare il rendimento sportivo è decisamente più presente in percentuale fra gli atleti professionisti che non fra i dilettanti. Che poi l’attuale antidoping sia tenuto in piedi per tenere candida l’immagine dello sport di alto livello e pigliare quanti più amatori che buttano giù sostanze vietate quello è un altro discorso, io dico sempre che l’amatore deficiente potrebbe essere fermato in altro modo e quello che necessita di certi trattamenti non andrebbe fermato come se fosse un delinquente, come se fermando un amatore si potesse ripulire lo sport di alto livello che è quello dove l’uso dei farmaci supera ogni fantasia, alla faccia della demonizzazione dello sport degli anni ’70 e ’80.
L’unica vera lotta al doping potrebbe essere la strategia di tornare alla competenza del tecnico che non può, non deve sbagliare in termini di carico e quando sbaglia deve avere il coraggio di fermare l’atleta invece di spedirlo in infermeria. Una preparazione che mette K.O. l’atleta non è una preparazione alla quale si può rimediare ma è una preparazione palesemente sbagliata alla quale non si dovrebbe nemmeno tentare di porre rimedio per non dare a tecnico ed atleta la tentazione di riprovarci. Lo so che il discorso pare folle ed è come dire che per disincentivare gli automobilisti a correre sulle strade di montagna togliamo il guard rail così se l’automobilista sbaglia va giù dal burrone e non ci prova più. Non possiamo ignorare che la medicina ha fatto passi da gigante (molto più della tecnica e metodologia dell’allenamento sportivo ferme più o meno a 40 anni fa) e questi progressi possono contribuire anche alla salute dell’atleta ma approfittare di questi progressi è comunque atteggiamento sconsiderato, irresponsabile e deontologicamente non accettabile. Arrivo a dire che addirittura il medico coscienzioso dovrebbe lamentarsi di quel tecnico che gli fa arrivare in ambulatorio troppi atleti in sovraccarico. Il medico può non capire pure un cavolo di carichi di allenamento ma è certamente in grado di capire quando un certo tecnico esagera se non fosse altro che per un mero dato statistico.
Il bilancino vero è solo del farmacista che ci auguriamo che deva aver a che fare solo con pazienti e non con atleti, il bilancino “metaforico” deve essere dell’esperto di attività motoria che, se non vuole perdere credito come professionista, deve essere sempre in grado di misurare con precisione il giusto carico di attività fisica e, per concludere con un affermazione che per alcuni non è per niente scontata, tale carico deve essere sempre fonte di divertimento e salute, altrimenti vuole dire che c’è qualcosa che non va.