Ho un’ opinione del tutto personale sui ritmi più lenti di gara che io oso chiamare “andature di sostegno” nella preparazione alle gare su mezzofondo e fondo. Forse spiegando perché le chiamo “andature di sostegno” faccio capire subito perché io li ritenga molto importanti. Salvo che uno non sia terribilmente regolare, nelle gare di mezzofondo e fondo c’è quesi sempre una fase della gara nella quale si corre ad un ritmo un po’ più lento della media del ritmo gara. Tanto per fare esempi di atleti dilettanti con prestazionì normali i duecento metri corsi in 32″ dell’ottocentista da due minuti secchi (che non sono mai i primi e possono essere indistintamente i secondi, i terzi o anche gli ultimi a seconda dell’aspetto tattico della gara). Oppure il giro corso in 1’10” per il millecinquecentista che corre vicino ai 4′ (e li, molto spesso è proprio il primo o il secondo giro, praticamente mai l’ultimo) oppure il chilometro corso in 3’10” o anche più del cinquemilametrista da circa 15 minuti. In queste fasi della gara molto spesso l’atleta è portato a correre male non solo perché tale fase sia spesso la più impegnativa della gara stessa (non certamente se è la fase iniziale e corre piano per motivi tattici) ma anche ed io oserei dire “soprattutto” perché talvolta in sede di preparazione si indugia poco su quei ritmi andando a preferire una maggiore utilizzazione dei ritmi proprio più vicini al ritmo gara se non addirittura più veloci. A dar maggior peso a tale convinzione si aggiunge un’altra mia strana idea secondo cui tutto ciò che facciamo in allenamento tende ad essere ripetuto in gara con maggiore efficienza se non altro per la scarica di adrenalina che comporta la gara che ci rende normalmente più performanti.
Pertanto io dico che quando uno corre in allenamento precisamente al ritmo gara fa un buon servizio alla sua fase veloce della gara e quindi è portato a sostenere avvii abbastanza veloci così come è preparato anche a finali con aumento di ritmo ma non è altrettanto preparato a dovere a sostenere con facilità e scioltezza la fase più lenta della gara quando si corre a ritmi sensibilmente più bassi rispetto a quelli. Andatura di “sostegno” vuol dire saper economizzare anche a ritmi più lenti, vuol dire saper approfittare del calo di ritmo per adeguare le tensioni ad un andatura più lenta pertanto dare la possibilità di prepararsi alla fase più veloce. Nella gara corsa tutta d’un fiato a ritmi vertiginosi teoricamente tale problematica non esiste ma tale evenienza è piuttosto rara nella maggior parte delle gare di mezzofondo e fondo. Se un atleta sa correre bene a ritmi più lenti del ritmo medio della gara riesce ad andare ben su di giri anche nelle fasi più veloci perché ha risparmiato fatica quando era possibile farlo.
Quanto sia questo più lento in termini numerici non è difficile ipotizzarlo, diciamo che un range compreso fra il 3 ed il 6% del ritmo gara dovrebbe portarci abbastanza vicini alla creazione di questa andatura di “sostegno” mentre un qualcosa di ulteriormente più lento può anche essere propedeutico ma forse non troppo specifico. Stiamo trattando di andature a attorno a 3’11” per chilometro per chi corre i 5000 metri in 15′ oppure prove sui 400 metri in 1’03”-1’04” per chi corre gli 800 in 2’00”. E’ evidente che ritmi ancora più lenti rischiano di discostarsi un po’ troppo dal ritmo gara favorendo una certa scioltezza ma rischiando di non preparare da un punto di vista nervoso alle tensioni di gara. Al contrario chi indugia troppo in allenamento su ritmi che sono matematicamente uguali a quelli di gara (tipo correre i 400 in un minuto esatto per chi fa 2′ secchi sugli 800 oppure correre a 3′ per chilometro per chi corre i 5000 in 15′) si pone nella condizione di correre molto bene a ritmi che sono utili per ottenere il record personale salvo saltare per aria nella seconda metà di gara se le condizioni per il record non ci sono e/o c’è un minimo di deficit di resistenza che rende impossibile l’impresa. In quel caso l’atleta non si limiterà a perdere qualcosina riuscendo comunque ad ottenere il proprio record ma salterà letteralmente per aria nel momento in cui comincia a correre a ritmi ai quali non è allenato a correre e per i quali non ha nessuna andatura di “sostegno”.
Insomma l’adozione del metodo dei ritmi più lenti di quello di gara richiede anche una certa umiltà perché implica che l’atleta non parta con idee decisamente pretestuose. Con un po’ di filosofia si può affermare che se l’atleta passa a metà gara in buone condizioni al ritmo del suo record potrà poi ottenere quel record aumentando nella seconda metà di gara. Nella filosofia di chi spara un po’ forte se si vuole davvero migliorare il proprio record in modo netto bisogna già partire nella prima parte di gara con ritmi più sostenuti. Da questo punto di vista allora forse i ritmi più lenti di gara ben si addicono agli atleti resistenti che fanno della loro resistenza e della capacità di finire forte la seconda metà di gara (evitando partenze a razzo) la loro dote migliore.
Chi corre di potenza è più portato ad estrinsecare subito la potenza mentre chi corre in scioltezza è portato a risparmiare subito per crescere in dolce, senza strappi ed in modo fluido ed economico con una corsa redditizia me senza esubero di forza. Ognuno ha anche le sue caratteristiche fisiche ed in base a quelle ha un diverso modo di affrontare la competizione e quindi anche gli allenamenti. Siamo spesso portati a pensare che chi si allena in un certo modo sia poi portato ad avere un certo comportamento in gara ma forse è vero anche il discorso opposto: chi gareggia in un certo modo è portato ad allenarsi in un certo modo perché con quelle caratteristiche può trarre beneficio solo da un certo tipo di allenamenti. e così, per assurdo, chi parte solitamente piano si allenerà a finire sempre più forte le gare mentre chi parte forte si allena a partire sempre più forte. In tale ottica l’allenamento serve per esaltare le caratteristiche di ognuno più che a compensare eventuali lacune. Ovviamente l’altra strada è ugualmente percorribile anche se forse non asseconda la predisposizione dell’atleta.