C’era una volta la scienza e c’erano gli scienziati, poi arrivò la scienza economica con i suoi “prodotti finanziari” e si inghiotti tutto.
Potrebbe essere questa la breve storia della scienza, di quella scienza che ha decretato il primato dell’essere umano sulla terra, di quella stessa scienza che adesso più che il primato ne sta denotando una curiosa problematica ed un po’ impacciata sopravvivenza.
La scienza economica ha preso il sopravvento sulle altre e le ha condizionate tutte. Non si muove ricerca se non c’è interesse economico a farlo, se la scienza economica ha deciso che è utile si può studiare anche il sesso degli angeli, se la scienza economica ha deciso che non va bene non si abbozza nemmeno uno straccio di studio su quanto sarebbe utile per il pianeta, e soprattutto per il genere umano, se tutti i soggetti sani riprendessero a spostarsi in bicicletta come si faceva in un tempo ormai lontano e non sistematicamente in auto.
La rivoluzione della bicicletta è decisamente auspicabile in termini di salute sia del pianeta che della razza umana ma non è auspicabile da un punto di vista della scienza economica, quella che si è inventata i cosiddetti “prodotti finanziari”.
La scienza economica ha inquinato anche scienze teoricamente più importanti quali quella medica e così, per esempio, ci ritroviamo con un consumo di farmaci indiscriminato che ha prodotto nuove malattie e che ha reso inferiore l’efficacia di farmaci salvavita quali gli antibiotici. Purtroppo pare che per la scienza economica la salute sia un obiettivo secondario e l’unico obiettivo sia il mantenimento di un sistema economico efficiente anche se in tale sistema sono presenti condizioni aberranti e non accettabili da un punto di vista sociologico.
Per esempio l’equità sociale non è un obiettivo della scienza economica se questa porta ad un impoverimento generale, secondo la scienza economica la crescita del PIL dei singoli paesi è sempre un obiettivo imprescindibile anche se questa crescita porta a costi sociali macroscopici.
La più grossa contraddizione è comunque che ogni studio scientifico deva avere una sua motivazione economica per poter trovare le risorse per poter essere portato avanti, praticamente l’unica scienza autorizzata su vasta scala è quella supportata dall’economia di mercato, è il mercato a decidere come orientare gli studi scientifici.
Il miraggio di una scienza libera dagli interessi economici è diventato un’utopia in un mondo rigidamente controllato dal denaro e dove gli ideali religiosi si sono via via affievoliti.
In tale contesto anche la scienza della comunicazione gioca un grande ruolo perché è quella che potrebbe mediare fra interessi economici e veri interessi della popolazione. Quando questi non sono più coincidenti perché la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi attori del mercato che hanno anche la capacità di condizionare l’informazione in modo funzionale al mantenimento degli equilibri economici raggiunti, allora si apre il conflitto anche fra comunicazione autentica e comunicazione mediata. La comunicazione mediata in genere non è autentica perché deve rispondere alla necessità di non far vacillare delicati equilibri sociali, anche i conflitti sociali devono essere controllati in base alle esigenze economiche e così si crea la differenza fra conflitti innescati che sono quelli che fanno funzionare l’economia di mercato e conflitti repressi che sono quelli che la minano.
Il tipico conflitto automobilista-ciclista nelle nostre città che è un conflitto sempre più presente man mano che i ciclisti prendono consapevolezza della vessazione dei loro diritti, è un conflitto non promosso dall’economia di mercato che ha tutto l’interesse a reprimerlo e a deviarlo su binari distanti da quelli che possono portare ad una sopravvivenza serena del ciclista in città.
C’è da augurarsi che la ragione prevalga sulla scienza economica e che l’istinto di sopravvivenza della razza umana porti ad un nuovo tempo della scienza dove i grandi limiti imposti a questa dalla scienza economica possano essere abbattuti dal vero interesse della comunità nel suo insieme, prescindendo dagli interessi di chi riesce a comandare grazie al potere economico.