Hanno comunicato gli orari dei campionati Europei amatori di atletica che si terranno in Danimarca tra un mese e sono contento.
Pensavo che gli 800 metri, gara alla quale se tutto va bene (se non mi faccio del male prima e se la mia auto ce la fa ad arrivare fin lassù) dovrei partecipare, fossero di mattina invece, per fortuna, sono di pomeriggio. Per fortuna per me in quanto come soggetto artrosico ho un rendimento più frenato alla mattina e pertanto sono proprio contento di gareggiare al pomeriggio, talmente contento che dopo un po’ ho pensato: “Ma, accidenti, sono proprio italiano!” E’ vero che al pomeriggio rendo inequivocabilmente di più (praticamente in tutte le discipline sportive il rendimento è superiore al pomeriggio, anche nei non artrosici, è proprio un fatto di orologio biologico che ci porta a rendimenti superiori nella seconda parte della giornata) ma è anche vero che da un punto di vista logistico questo fatto mi ha creato un problema in più e probabilmente dovrò pernottare un giorno in più in Danimarca. Però io ho immediatamente pensato al rendimento sportivo e me ne sono strafregato dei problemi logistici. Sono proprio italiano.
Gli italiani hanno un gran gusto per la competizione. Ed anch’io, anche se nell’ambiente ho la fama di essere uno che se la prende decisamente con calma (mitico un incitamento di gioventù “Spingi vigliacco!” relativo al fatto che sembrava che fossi sempre lì a studiarle tutte per far meno fatica possibile invece di esagerare con la foga agonistica) sorrido all’idea di poter correre forse solo un secondo più forte (perché questi sono i parametri di differenza) perché la gara è alla sera e non alla mattina.
Con il pensiero vado ad un’altra cosa un po’ più tecnica che forse però è correlata a questa che può sembrare meno tecnica. Come italiani ci vantiamo di essere la nazione che stoppa più atleti a livello preventivo grazie alle visite mediche di idoneità. Questo che è un argomento di carattere squisitamente medico e non dovrebbe vedere coinvolti gli insegnanti di educazione fisica mi porta a delle considerazioni di carattere filosofico che anche se tecnicamente non possono contestare l’operato dei medici possono comunque far meditare sul modo di intendere lo sport.
Se lo sport è un passatempo utile per la salute come deve essere a tutte le età e c’è qualche motivo che possa non essere così solo per i professionisti che su dieci anni di pratica assidua si giocano i guadagni di un’esistenza intera, allora i controlli medici sono certamente importanti ma poi il giudizio di idoneità deve essere subordinato al tipo di impegno che uno va a sostenere. E’ documentato come una sana pratica sportiva amatoriale abbia funzione riabilitativa anche in presenza di vizi cardiaci di una certa rilevanza. Pertanto chi ha qualche problemino deve essere incentivato alla pratica sportiva e non spaventato o demotivato verso questa costringendolo ad una serie esasperata di controlli molto costosi con cadenza ingiustificata per il tipo di problema. Poi però viene fuori che la nazione dove questi controlli vengono resi obbligatori più che giustamente suggeriti è quella dove il pirla del sottoscritto è contento se gli mettono la gara al pomeriggio così fa un secondo meno ma io sono già uno di quelli tranquilli perché ce ne sono di quelli che se non sono in forma non vanno nemmeno a gareggiare. In breve abbiamo i medici che ci meritiamo. Se siamo così competitivi è giusto che ci siano dei medici che ci fermano anche per cose dove all’estero non ti fermano assolutamente.
Si tratta di capire se è nato prima l’uovo o la gallina. Sono i medici che sono troppo severi o siamo noi che abbiamo un atteggiamento verso l’attività sportiva amatoriale che non è ancora evoluto ed è legato a vecchi clichè del passato? Io propendo per la seconda ipotesi e dico, con un po’ di presunzione, che dobbiamo essere noi come atleti, con un atteggiamento più maturo (come si fa a non essere maturi in terza età?!?) nei confronti dello sport ad insegnare ai nostri medici a comportarsi come fanno quelli di tutto il resto d’Europa e di tutto il resto del mondo. Praticamente se i controlli medici che vengono fatti nel nostro paese sono all’avanguardia e questa è una realtà incontestabile di cui essere fieri, per contro la legislazione sportiva è da tempi delle pietra e deve essere assolutamente rivista perché altrimenti fa danni ai medici ed ancor più ai pazienti (chiamateli atleti, chiamateli come volete ma insomma è gente che usa l’attività sportiva per stare bene, per divertirsi, non certamente per stare male).
Il controllo medico è da paese evoluto (oserei dire anche ricco perché estendere su larga base quei controlli è un grosso costo) la legislazione è da paese del terzo mondo e tratta gli amatori come dei bambini capricciosi.
Per giustificare tale approccio legislativo ci si è inventati pure la sindrome di Highlander per cui un vecchietto di 100 anni o giù di lì ad un certo punto si sente immortale e continua a fare le cose come se avesse solo 80 anni invece che 100. Ma che sindrome è questa? Chi l’ha inventata? E’ ancora a piede libero? Ma pensate che dalla sindrome di Highlander non si guarisca in pochi anni quando il Padreterno lo decide? Ed il vecchietto un po’ sclerotizzato deve proprio morire consapevole di tutti i suoi pesanti 100 anni invece che illudersi per qualche breve momento di averne ancora 80? Ma avete mai visto un vecchietto di 100 anni buttarsi da un grattacielo perché pensando di avere solo 80 anni si riteneva in grado di volare? E quanti ne avete visti in pista morire perché stavano disperatamente tentando di fare un record del mondo che in gioventù non sono mai riusciti a fare? Devo ancora vederlo un titolo di quel genere e quel giorno che lo leggo mi farà certamente pensare “Si suicida tentando il record del mondo a 100 anni…”.
Il problema non è questo, il problema è che bisogna evolvere una cultura dello sport che può portarci certamente a valutare l’attività sportiva come strumento essenziale per stare bene e non per dimostrare chissà cosa al resto del mondo.
Nelle gare internazionali esistono ancora i medaglieri delle varie nazioni ed io, a scanso di equivoci, li eliminerei. Questa non è una critica che faccio al mio paese, la faccio alla federazione internazionale. A settantanni è più che giusto che uno gareggi per il proprio club più che per la propria nazione. Ormai la Patria l’ha già servita per un bel po’. Gli italiani gareggiano ancora con lo spirito di far vincere un tot. di medaglie al loro Paese, mi pare una presunzione anacronistica. Se gareggi con quello spirito devi accettare che i medici del tuo Paese ti controllino con lo stesso spirito che controllano un atleta professionista perché hanno giustamente paura che tu ti voglia immolare per la Patria.
No, io la vedo diversamente, la Patria l’hai già servita, adesso è la Patria che deve servire te mettendoti a disposizione un servizio sanitario che, senza frenarti, ti dia più indicazioni possibile sul tuo stato di salute. Dopo se hai la sindrome di Highlander, ti senti immortale e vuoi andare a rischiare la salute con una gara al di fuori delle tue possibilità, fallo pure ma come singolo cittadino, non per la Patria, la Patria ti da tutta la libertà che vuoi, pure quella di essere contento se la gara è alla sera così vai meglio (o fai meno fatica, a seconda dei gusti…) ma non ti chiede più nulla. Lo sport amatoriale è per la salute, non per vincere.
P.s.: chiedo scusa alla Nazione intera se io, anche se sto benissimo, non gareggio assolutamente con lo spirito di portare alcuna medaglia al mio Paese. Se riesco a fare pure un secondo in meno di quanto previsto sono anche contento e godurioso per quella prestazione ma lo faccio a titolo del tutto personale e non è mia presunzione sprecare nemmeno un filo di fatica in più per tenere alti i colori della mia bandiera. La salute non c’è oro che la paga, per quello mi infurio quando nel nostro Paese, con certi regolamenti, si perde l’opportunità di far funzionare lo sport per la salute come potrebbe. Viva lo sport, viva la salute.