“Giemme” (pseudonimo) è un giovane mezzofondista abbastanza veloce che si allena con una certa assiduità e che come tutti i mezzofondisti abbastanza veloci e pure che si allenano con una certa assiduità ha anche delle passioni che vanno oltre all’atletica leggera.
Passo indietro: una volta una mia collega dell’Isef, per certi versi anch’essa una fata, ma non la fata della favola di Giemme, mi chiese se non mi sarebbe piaciuto scrivere favole per bambini. Lì per lì non seppi cosa rispondere e mi limitai a dire che anche se non avevo idea di scrivere favole per bambini ritenevo quella domanda una specie di complimento. Lei, quasi sconsolata di una mia risposta non totalmente affermativa, chiuse dicendo: “Comunque a te le favole per bambini piacciono…”.
Ora, qualche quasi quattro decenni dopo, la risposta ce l’ho: lo sport è una favola per tutte le età scritta con lo stile delle favole per bambini ma che si applica benissimo a tutte le età e vi garantisco che, anche se Giemme non sono io, questa favola si potrebbe scrivere benissimo anche per il sottoscritto che ha il quadruplo dell’età di Giemme.
Giemme ha un record personale sui 60 metri di 7″9, poi c’è un 7″8 dubbio preso dal sottoscritto in un momento di non elevatissima attenzione (magari stava passando nei dintorni qualche fata…). Diciamo che se il 7″9 è abbastanza certo il 7′”8 è molto ma molto incerto. Siamo verso fine allenamento, un allenamento non molto massacrante ma nemmeno tanto leggero, c’è freddo, umido, non ci sono le condizioni per una corsa molto veloce sui 60 metri anche perché le prove precedenti erano su distanze più lunghe che non hanno sollecitato la velocità ma la resistenza. Insomma a correre proprio forte, al massimo, in queste condizioni c’è pure il rischio di farsi del male. Giemme armeggia con le scarpe chiodate che giustamente non ha calzato nelle prove precedenti. Io gli dico “Ma perché metti le scarpe chiodate?” e Giemme, secco e perentorio: “Voglio fare il record personale sui 60 metri” io, dall’alto dei miei vecchi 49 anni di esperienza nell’atletica leggera: “Non ci sono le condizioni per farlo, è quasi impossibile, poi ho pure paura che tu ti faccia del male nel provarci…”. C’è la fata lì vicino, dice sia a me che a lui (fondamentale questo sia a me che a lui…): “Lascia che ci provi, vedrai che ce la fa e non si fa del male perché è giovane”. Inutile che ci diciamo balle, anche se i due continuano ad insultarsi sono amici e la stima reciproca a questa età come a tutte le età è una cosa fantastica. Decido che devo stare zitto, ha ragione la fata, dall’alto dei miei 49 anni di esperienza nell’atletica devo capire che questo non è un vecchio rudere come il sottoscritto che per esprimersi dignitosamente ha bisogno di 25°, della giornata giusta e della congiunzione astrale particolare ed ho una intuizione geniale. Questa volta non si insultano e la fata partecipa all’impresa. Lui in realtà non la insulta mai, la venera, ed è contento che lei collabori in questa idea strampalata. Convinto che in effetti non si farà male però ho forti dubbi che possa riuscire nell’impresa del record personale. Mi calo nel ruolo di spettatore curioso dell’impresa. E’ un ruolo strano perché sono diviso in due: da un lato c’è il me razionale che immagina che l’impresa sia pressoché impossibile, dall’altro c’è il me irrazionale, che non è detto che sia il più stupido e che è quello che forse la mia amica fata dell’Isef vedeva come potenziale scrittore di favole per bambini, che dice che questa cosa è interessante. Cronometro con attenzione. Giemme parte, è una furia, non l’ho mai visto così veloce, decido di stoppare entrambi i cronometri sulla sua corsa (l’altro era per i tempi di due suoi colleghi partiti con lui). A fine corsa chiedo subito scusa a loro due un po’ staccati da lui e dico: “Scusate se non ho preso il vostro tempo ma ho visto che andava talmente forte che ho voluto prendere con due cronometri il suo tempo.” Mi rispondono: “Nessun problema, hai fatto bene…” E’ tutto l’ambiente che è fatato ed hanno capito che era il suo momento. E’ 7″7 preso da entrambi i cronometri, record personale senza ombra di dubbio ed io capisco che le favole per bambini sono tremendamente razionali e quello che forse c’è più dentro di tutti gli altri sono proprio io. Ormai è un tot. di anni che lo ripeto: il fattore emotivo nello sport è determinante. Queste sono certamente storie, storie di fate, di atleti e di allenatori scettici che dopo mezzo secolo stentano ancora a credere che la componente irrazionale possa prevalere su quella razionale nella determinazione del risultato. Possiamo studiare tutto nei minimi dettagli, poi arriva la sera che c’è una circostanza particolare. E’ una serata del cavolo, fredda, umida ma dal punto di vista emotivo è ideale e tu vecchio allenatore rimbecillito se non riesci a capirlo non hai ancora imparato niente. Per fortuna che sono stato zitto…