GIANFRANCO SOMMAGGIO

Questo è un articolo un po’ particolare che volevo intitolare “L’intensità ideale nelle competizioni degli amatori” ma sarebbe stato un articolo troppo tecnico, decisamente criticabile, argomento sul quale ognuno vuol dire la sua e tutti hanno giustamente ragione. Pensando a ciò che volevo scrivere ho deciso di semplificarlo e intitolarlo semplicemente Gianfranco Sommaggio. C’entra poco con l’intensità ideale della corsa degli amatori ma per me è così.

Ho conosciuto Gianfranco Sommaggio verso fine anni ’80, quando ormai ero finito come atleta. L’ho conosciuto casualmente perché stavamo attendendo per un consulto medico dove in  attesa c’era anche sua figlia che poi a differenza del sottoscritto è riuscita ad ottenere risultati di notevolissimo valore. Qualcosina io ero già riuscito a fare (un titolo friulano sui 1500 metri a quei tempi aveva un certo significato…) ma ero già alla fine lei invece era agli inizi.

Sommaggio per conto mio era un grande tecnico e pure molto simpatico. Da quelle chiacchiere fatte aspettando la visita prese spunto per salutarmi tutte le innumerevoli volte che lo vidi a varie competizioni e molto spesso mi fermai a parlare volentieri con lui delle sorti della nostra atletica.

Memorabile il suo mitico “Stai lì, sta fermo!” riferito ai suoi atleti che seguiva in gara che tradotto voleva dire “Non fare follie, attendi il momento giusto per giocare le tue carte!” Ma non è di questo che voglio scrivere perché nella mia carriera di atleta delle categorie amatoriali sono stato fin troppo fermo, diciamo pure che sono stato decisamente fermo mentre gli altri sapevano correre come se avessero il motore sempre nuovo. Ed anche quando ero un discreto atleta ero decisamente attendista e non c’era pericolo che giocassi le mie carte troppo presto, semmai rischiavo di lanciare la volata troppo tardi quando ormai i giochi erano fatti.

Mi è venuta in mente questa cosa perché  domani se va tutto bene e se la mia auto di esperienza ventennale ce la fa a portarmi vado a fare un campionato regionale amatori sui 10.000 metri (che fra l’altro non è nemmeno la mia specialità ma da amatori si fanno anche cose nuove, tanto per cambiare…).

Ebbene visto che i 10.000 metri sono pure un po’ lunghini (non per i podisti moderni abituati come niente alle maratone ma per me ex-mezzofondista abituato a correre gli 800 e 1500 metri) mi chiedevo quale possa essere la giusta intensità di gara per un atleta amatore che si allena abbastanza regolarmente senza strafare e fa poco più di tre o quattro gare all’anno. Mi sono risposto che comunque l’intensità non deve essere assolutamente quella praticamente massimale di quando si “sparava a tutta” da giovani. Mi sono anche risposto che come allora c’erano le gare importanti dove volevi rendere al massimo o quasi e c’erano quelle meno importanti dove ti concedevi di fare un’intensità sub massimale anche fra gli amatori può esserci quella gara all’anno dove vuoi premere di più sull’acceleratore e le altre dove hai proprio voglia di controllare la corsa senza spremerti più di tanto. Così mi è venuto in mente Gianfranco Sommaggio e l’ultima volta che l’ho visto, a fine aprile del 2015 in una gara a Padova a poche centinaia di metri da dove abitava lui. Gianfranco è mancato nel settembre dello stesso anno ed io non sapevo neppure che era malato da tempo. Anche quel giorno di fine aprile lo vidi sorridente e cordiale come al solito e non mi resi conto che aveva già la malattia che lo avrebbe stroncato poco più tardi.

Ebbene in una gara sui 3000 metri nella quale ero impegnato ad ottenere un crono meno scandaloso possibile ad un certo punto lo vidi e lui mi salutò “Ciao, professore”. Ebbi la splendida idea di alzare il braccio per salutarlo e ciò è quanto contraddistingue chi sta correndo ad un’intensità alla quale non è difficile distrarsi un attimo da chi sta tirando proprio a palla e non trova nemmeno un filo di energia per rispondere in modo chiaro al saluto. In effetti anche se stavo un po’ tirando stavo correndo ad un’intensità sopportabile. Non pensavo che quella sarebbe stata l’ultima volta che lo vedevo ma ricordo bene il suo ed il mio saluto e come fui felice di riuscire a contraccambiare senza affannarmi più di tanto.

Ho avuto la fortuna di conoscere Gianfranco Sommaggio, ho avuto l’onore di essere considerato da lui come un tecnico vero e riuscire a salutarlo in gara come a dire “Vedi, il mio credo è anche correre anche se non sono più un atleta vero e riesco a farlo in modo dignitoso quel tanto che basta per rispondere ai tuoi saluti…” Non mi vergogno a correre a ritmi molto blandi anche pubblicamente oltre che fra le stradine della campagna confinante con il mio quartiere ma penso che anche riuscire a salutare in gara possa essere una testimonianza per dire “Guardate che correre fa bene alla salute”. Steve Ovett lo faceva a 30 chilometri all’ora mentre andava a vincere qualche 1500 di livello mondiale, io lo faccio ai 15 all’ora mentre lotto fra le ultime posizioni di una gara sui 3000 metri dai contenuti tutt’altro che esaltanti. Il risultato finale conta fino ad un certo punto. O meglio il risultato finale non va valutato solo in termini di gloria ma anche in termini di salute.

Per completezza devo dire che negli ultimi tempi Sommaggio tendeva a chiamarmi pure “scrittore” perché aveva letto qualcuna delle molte fesserie che scrivo di sport e questo mi responsabilizza. In ogni caso sono convinto che come non mi ha tolto il saluto pure vedendomi correre a ritmi molto blandi non mi toglierà il saluto anche se mi perderò a scrivere molte fesserie.

Forse come scrittore di sport mi vedeva un po’ meno accorto ed attendista di quanto fossi come atleta e probabilmente se ci fosse ancora mi avrebbe detto un suo “Sta fermo, sta lì…” con riferimento alle mille volte nelle quali critico aspramente il sistema sportivo italiano. Ma questo lo saprò più avanti. Per adesso, di Gianfranco Sommaggio mi restano molti bei discorsi sull’atletica e quel saluto indimenticabile di fine aprile 2015.