GESTIONE DELL’ATTIVITA’ MOTORIA PUBBLICA E PRIVATA: LA QUESTIONE DEI TAPIS ROULANT E DELLE CYCLETTE

Chi dice che c’è conflittualità fra gestione dell’attività motoria pubblica e quella privata non ha capito una cosa: che laddove c’è più possibiltà di muoversi la cultura del movimento è più diffusa e pertanto le esigenze in fatto di movimento aumentano. Di conseguenze le palestre private sono portate a lavorare di più e non di meno in un luogo dove vi è un’elevata sensibilizzazione al movimento.

Poi vi è un’altra questione e quella non è di conflittualità ma di organizzazione: in un luogo dove l’offerta di attività motoria pubblica è valida e soddisfacente nelle palestre private non vi sono tapis roulant e cyclette. Prova contraria, per capire se l’offerta di attività motoria pubblica in quel luogo è scadente: osservate quanti tapis roulant e quante cyclette ci sono nelle palestre private di quella zona, se sono tanti vuol dire che inevitabilmente vi è un problema nella gestione dell’attività motoria pubblica. E’ questo che fa dire, a chi non ne capisce molto, che può esistere addirittura una conflittualità fra pubblico e privato. Il privato interviene laddove il pubblico è carente ma non pensate che i gestori delle palestre private si divertano a riempire le loro palestre di cyclette e tapis roulant, al contrario, sarebbero ben lieti di qualificare il loro servizio spostandolo su cose specificamente affrontabili in palestra.

Insomma dove non si può camminare e pedalare all’aperto questa necessità viene tragicamente spostata in palestra e quando un gestore di palestra privata si rassegna a mettere dei tapis roulant e delle cyclette nel suo costoso spazio lo fa a malincuore ma sapendo che la necessità primaria di molti cittadini è proprio quella di camminare e muoversi in bici.

Dunque la palestra privata va a colmare una lacuna che viene lasciata da una cattiva gestione dell’attività motoria pubblica. Più che cattiva gestione dell’attività motoria pubblica ci verrebbe da dire cattiva gestione del territorio perché chi amministra la città sa benissimo che la gente dovrebbe andare a piedi ed in bicicletta anche per questioni di salute oltre che di tutela dell’ambiente ma se non riesce a creare i presupposti perché ciò possa avvenire può pure predicare in tutte le lingue che i cittadini continueranno ad usare l’automobile, a motore a scoppio oppure elettrica come i più fortunati sono già in grado di fare, ma comunque autovettura, sullo stile della fantastica mobilità del ventesimo secolo.

I gestori di palestre private, che hanno il polso della situazione e si rendono conto di tali necessità, potrebbero associarsi in una protesta collettiva. In realtà una protesta piuttosto curiosa perché, teoricamente, loro sono lì proprio a colmare questa falla, ormai le palestre private sono bollate come quei luoghi dove chi non riesce a muoversi nella vita quotidiana va a muoversi in un orario extra per fare tutti quei movimenti che avrebbe dovuto fare durante la giornata in una vita “normale”.

C’è che è stato stravolto il concetto di normalità e ormai è quasi più normale una palestra piena di tapis roulant e di cyclette che non una che ne è priva. Ormai è normale che il cittadino medio soffra di sedentarietà e vada in palestra per camminare e pedalare più che per mettersi in grado di farlo nel migliore dei modi all’aperto. Se vogliamo è stato svilito anche il lavoro delle palestre private che dovrebbero concentrare il loro lavoro sulla capacità di rendere il camminatore e/o ciclista più efficiente possibile che non sul fargli fare quel minimo di movimento che non riesce a fare da nessun’altra parte.

Tanto per cambiare, come molto spesso accade su queste note, la faccenda è politica. Non c’è nessuna conflittualità fra pubblico e privato, c’è semplicemente un cronico e ormai atavico problema di mobilità urbana ed il fatto che stiamo qui a discutere sull’ipotesi che si possa andare ancora avanti con il motore a scoppio, o non sia il caso di mandarlo urgentemente in pensione per lasciare spazio a quello elettrico, vuol dire che siamo ancora distanti dall’aver compreso il problema nella sua globalità: non si tratta solo di accelerare i tempi per liberarsi delle vetture inquinanti ma si tratta proprio di cambiare il sistema di mobilità urbana riducendo in modo drastico l’utilizzazione di vetture private e che siano a motore a scoppio o a elettricità poco cambia, si tratta comunque di arnesi che pesano oltre dieci volte il soggetto che devono trasportare e gli impediscono di fare movimento. Da quel punto di vista il mezzo privato se proprio deve essere a quattro ruote deve essere a pedali perché è l’unico sistema per fare fare movimento a chi lo usa. Visto che stiamo facendo fatica a diffondere le bici elettriche (ormai con scelte razionali dovrebbero essere il mezzo di gran lunga prevalente nelle nostre città) temo che siamo un po’ distanti dalla diffusione del quadriciclo. Siamo ancora nell’era del tapis roulant e della cyclette e del mezzo da duemila chilogrammi a gasolio che trasporta un sedentario che ha fretta di andare a pedalare in palestra…