Siamo abituati a pensare al recupero post infortunio come ad un qualcosa che tu stai fermo e la parte malata si autorigenera anche senza fare niente, solo con il passare del tempo. In certe patologie è proprio così, non c’è nulla da fare, solo aspettare che il tempo passi. Per esempio una ferita più che disinfettarla non puoi fare e con il tempo se non ci sono complicazioni si rimargina senza particolari alchimie e senza particolari interventi di riabilitazione. Un ginocchio dolorante, o un tendine d’Achille o una spalla interessata da sovraccarico articolare purtroppo, soprattutto parlando di sportivi, non sono così e molte volte aspettare che arrivi la manna da cielo con un riposo sterile senza fare nessuna attività fisica è proprio la miglior soluzione per perdere tempo e per rinviare la guarigione che, se arriva, è desitnata ad arrivare in tempi decisamente lunghi.
Partiamo dal presupposto che lo sportivo che si allena tutti i giorni non è una persona normale. In una società evoluta dovrebbe esserlo ma probabilmente la nostra non è ancora una società evoluta. Non si allenano tutti i giorni nemmeno i ragazzini di 15 anni figuriamoci se trova il tempo di allenarsi tutti i giorni un giovane di 30 anni oberato da mille situazioni sociali di tutti i tipi.
Ebbene, lo sportivo che si allena tutti i giorni, che è quello più soggetto ad infortuni da sovraccarico anche se generalmente gode di uno stato di salute che è tendenzialmente superiore rispetto a quello dello sportivo occasionale e non assiduo, è quello che fa più fatica a beneficiare del riposo assoluto. Fa fatica a beneficiarne perché essendo abituato a muoversi tutti i giorni nel momento in cui si ferma mette il suo organismo in uno stato di stress pertanto il suo dilemma non è più cosa fare per passare il tempo bensì cosa fare per tenere comunque il suo organismo in movimento anche durante la pausa teorica (che a questo punto non è più una vera e propria pausa bensì un cambio drastico delle strategie di allenamento dettato dalla nuova situazione).
Per assurdo può accadere che l’atleta infortunato perda più tempo ad allenarsi proprio quando è infortunato rispetto a quando è perfettamente funzionate.
Le strategie per il miglior recupero possono essere onerose in termini di tempo anche più di quanto ne sia il normale processo di allenamento, esempio semplice e banale ma che rende abbastanza l’idea un podista che non riesce a correre per chissà quale motivo per sostituire un’ora di corsa che non può permettersi di fare può essere costretto ad impiegare due ore di cammino o anche tre di bicicletta.
Molto tempo dovrà essere impiegato poi a studiare ed a selezionare tutte quelle esercitazioni che possono contribuire ad accelerare il processo di riabilitazione e queste purtroppo non sono scritte da nessuna parte e nessun santone e nessun guru può confezionarcele su misura senza andare per tentativi per prova ed errore come facciamo noi anche senza aver consultato nessun santone. Ovviamente è giusto documentarsi altrimenti questi tentativi rischiano di essere infruttuosi per lungo tempo e possono far perdere altro tempo prezioso. Il molto tempo dedicato a studiare la patologia (soprattutto la propria più che quella generica illustrata sui testi di medicina) è in realtà tempo risparmiato perché ogni tentativo riabilitativo andato a vuoto fa perdere molto tempo: è una strada dalla quale bisogna prima tornare indietro (pertanto opportuno accorgersi sempre tempestivamente degli errori) e poi cercarne un’altra.
Insomma se un atleta va in un centro di riabilitazione e conta di essere messo a nuovo così come si fa con l’utomobile che la si porta al meccanico e lui provvede a sostituire tutti i pezzi che devono essere sostituiti è un po’ un illuso. Noi purtroppo (o per fortuna) non abbiamo pezzi da sostituire (anche se gli esperti di protesi e trapianti cardiaci potrebbero aver qualcosa da ridire ma qui stiamo trattando casi più semplici…) e dobbiamo semplicemente anche grazie all’ausilio di esperti della riabilitazione (ma non solo…) riuscire a revisionare il nostro approccio all’allenamento per fare in modo che un pericoloso sovraccarico invece di un sovraccarico diventi un intervento di ripristino di una condizione fisiologica che deve essere stimolata da esercitazioni allenanti ben più che da terapie fisiche e da interventi farmacologici. Se il protocollo di allenamento é ben calibrato e continuamente rivisto tempestivamente prima che il sovraccarico si concretizzi in una patologia non c’è bisogno di intervenire con protocolli di tipo medico e si tratta semplicemente di reindirizzare il carico di allenamento. Praticamente se tutto funziona come deve ci si allena sempre, a volte andando diretti verso l’obiettivo agonistico altre volte prendendo strade più larghe che ci consentono di mantenere un buon livello di salute ma sempre solo ed esclusivamente modulando l’attività fisica. Nel momento in cui siamo costretti ad intervenire con terapie di tipo medico o con il riposo assoluto che per un atleta assiduo è un qualcosa di veramente deplorevole e da evitare vuol dire che si è sbagliato in modo grossolano e reiterato. Prepararsi è importante, pensare alla preparazione è altrettanto importante per questo ed altri motivi. Fate sport e pensate a quello che fate. Se non lo fate avete un problema ancor più grave da risolvere.