C’era una famosa canzone di Albano e Romina Power che trattava questo argomento ma mi pare che non trattasse più specificamente la materia analizzando la questione dei risultati nello sport.
Attenzione che qui non si tratta solo di sport di alto livello e questa è già una cosa fondamentale per capire un po’ i meccanismi che “scatenano” la felicità nello sport.
In molti sono d’accordo che il danaro non da la felicità, o meglio è certamente utile per vivere sereni ma non esiste un rapporto di proporzionalità fra la quantità di danaro accumulata e quella di felicità. Se così fosse avremmo ricchi perennemente felici e poveri costantemente tristi. Un mio amico che ha visitato il Brasile ma quasi più da abitante che da turista mi ha detto che è rimasto sconvolto dall’inversione di questo rapporto e, in poche parole mi riferiva “E’ sconvolgente quanto sono più poveri di noi e quanto sono più felici di noi”. Questo è un fulgido esempio di applicazione della teoria sopraesposta. D’altro canto dicono che nei paesi del Nord Europa, notoriamente ricchi rispetto alla media degli altri paesi del nostro pianeta, vi sia un numero di casi di depressione piuttosto preoccupante. Alcuni psicologi dicono che ciò dipende anche dalla luce solare presente in modo del tutto particolare in quelle regioni del nord Europa e, soprattutto assente in modo del tutto particolare per lunghi periodi dell’anno.
Sarebbe interessante provare una tassa sulla salute per quei paesi europei. Tassarli in modo consistente da farli tornare meno ricchi, magari estendendo l’esperimento a Grecia e Portogallo che potremmo tentare di finanziare con quei programmi. Dopo qualche anno vediamo se i Paesi del Nord sono diventati meno tristi e magari quelli del Sud sono un po’ più depressi (nonostante o “per colpa” dei contributi). Se l’esperimento funziona evviva, altrimenti bisogna proprio dire che è questione di ore di luce e, in quel caso bastoniamo ancora di più Grecia e Portogallo che hanno tutte quelle ore di luce…
Nello sport il danaro può essere sostituito con i risultati. Intanto perché le due cose sono spesso coincidenti. Nello sport di alto livello i buoni risultati portano danaro. Ma anche quando il buon risultato non è fonte di reddito il concetto è quello: il risultato è la materializzazione dello spirito sportivo. C’è uno spirito sportivo che spinge verso il buon risultato. Il buon risultato è la gratificazione, il compimento dell’opera.
Così come abbiamo valutato che non sempre c’è netta correlazione fra quantità di danaro accumulata e felicità potremmo tentare di capire se anche nello sport la presunta correlazione fra risultati raggiunti e felicità è diretta.
Una prima osservazione sullo sport è forse simile a quella dei meccanismi che regolano l’accumulo del danaro. I soggetti che ambiscono ad ottimi risultati sportivi con grande determinazione e con fermezza sono quelli che già hanno ottenuto risultati molto significativi. Lo stesso accade con il danaro: i soggetti che mirano ad accumulare molto danaro sono soprattutto quelli che ne possiedono già tanto. Ciò, oltre che nella vita comune, provoca qualche problema anche nello sport. Il campione tende a diventare sempre più campione, l’atleta qualunque tende a restare sempre più qualunque. Per lo sport è un vero peccato perché rischia di diventare teatro di una lotta cruenta fra pochi eletti. Molte comparse, pochi protagonisti. Nella vita di tutti i giorni non è che sia molto diverso. Dicono che, alla faccia della diminuzione delle monarchie e dei dittatori, a comandare il mondo siano oligarchie sempre più ristrette che riescono a tutelare i loro interessi pilotando le scelte politiche ed economiche delle masse.
Il nostro punto di partenza non è questo e vorremmo invece capire se la quantità di felicità che circola negli ambienti dello sport qualsiasi è minore, maggiore o uguale a quella che circola nei teatri dello sport di alto livello. La mia impressione è che quando lo sport è autentico è ugualmente fonte di felicità ad ogni livello sia praticato. Non è la qualità del risultato a determinare il grado di felicità ma l’autenticità con la quale questo viene inseguito.
Purtroppo a volte lo sport delle seconde schiere è meno coinvolgente perché non è sufficientemente enfatizzato. Pare che lo sport vero sia solo quello dei grandi campioni. Quello è un fenomeno di interesse nazionale. Lo sport delle seconde schiere invece è un fatto del tutto marginale e sembra quasi che per l’atleta di basso livello sia assurda presunzione avere un giudice che sta li a prendergli il tempo visto che arriva con un ritardo decisamente consistente sul primo classificato.
Ho imparato a valutare le grandi maratone internazionali per come trattano gli ultimi classificati. In queste competizioni tutti i partecipanti hanno pari dignità, dall’atleta in grado di stabilire la miglior prestazione mondiale a quello che si trascina al traguardo in un tempo che è di quattro volte superiore a quello impiegato dal primo classificato. Questa cosa è sempre così sulla carta e quando è così davvero anche nella realtà tale atteggiamento suggella l’autenticità di una manifestazione davvero per tutti. Purtroppo mi è capitato di vedere anche in Italia (anche se devo ammettere che, per fortuna, accade sempre meno) delle manifestazioni sportive dove a parole l’ultimo aveva lo stesso rispetto del primo ma nei fatti andava in scena una rappresentazione che non era proprio così: primo osannato con premi da capogiro e folla di giornalisti al seguito, ultimo assolutamente ignorato, addirittura in mezzo al traffico automobilistico inopportunamente riaperto prima della conclusione della manifestazione, pure con doccia fredda e nessuno speaker ad attenderlo al traguardo, peggio di così non si può.
Un ultimo classificato che riesce a trovare gratificazione da una situazione del genere è un marziano però, e questo è l’assurdo, non è detto che stia peggio di quel secondo classificato che per il fatto che è arrivato secondo per un’ inezia ha perso un sacco di soldi e di aver trovato una folla si spettatori e pure le docce calde all’arrivo non gliene frega proprio niente. Per rendere felice quel secondo classificato occorrevano molti molti soldi, per rendere felice l’ultimo semplicemente una chiusura del traffico più precisa, una caldaia efficiente ed adeguata alla situazione ed uno speaker senza impegni per quel giorno lì. Lo sport è una cosa seria e, se organizzato bene, può anche dare un certo tipo di felicità, ai primi ed agli ultimi.