FEDERAZIONI, DECENTRAMENTO E RADUNI COLLEGIALI NELLO SPORT

Quando affermo, partendo dal fulgido esempio dell’Atletica Bovolone, che l’attività provinciale e quella regionale sono determinanti per far crescere lo sport di base, non lo dico solo da un punto di vista filosofico per sostenere un’ immagine di sport per tutti, di sport per la salute che oltre che al fisico fa bene alla salute dell’intera società, ma lo dico convinto anche di una valenza tecnica di questo tipo di attività.

Le Federazioni sportive dovrebbero avere lo scopo di diffondere lo sport e di farlo conoscere neri vari aspetti a tutti i livelli, invece finiscono per essere delle fabbriche di campioni, dove il campione è coccolato fin in tenera età e messo subito su un piano diverso rispetto agli atleti meno performanti o anche semplicemente “normalmente performanti”. E’ così che si rovinano i giovani talenti perché vengono letteralmente “viziati” da un lato e spronati a risultati di alto livello dall’altro. Forse il problema non è nemmeno solo nazionale ed è di ieri la notizia che un diciassettenne norvegese ha corso i 1500metri in 3’31”. Ora 3’31” sui 1500 metri è un tempo assolutamente stratosferico, a pochi secondi dal record europeo e non molti dal record del mondo. Se questo atleta eccezionale corre cosi forte a 17 anni mi viene da pensare o che geneticamente si è sviluppato in modo precoce ed ha già il fisico di un venticinquenne, ma la cosa mi pare alquanto improbabile, oppure che il ragazzo in questione ha premuto un po’ troppo sull’acceleratore e si è messo in grado in fretta di ottenere prestazioni che per un ragazzo della sua età sono fuori da ogni logica. E’ possibile che questo talento sia arrivato a tali livelli prestativi con naturalezza senza forzare i tempi fisiologici della sua maturazione ma allora mi è lecito pensare che questo fra due o tre anni dovrebbe già correre a ritmo di record del mondo e che a piena maturazione sportiva dovrebbe essere in grado di correre in 3’22” – 3’23”, fantascienza.

Mi auguro di essere buon profeta e che davvero questo non arresti troppo giovane i suoi progressi, lo auguro a lui più che altro perché poi l’atletica non è che abbia bisogno di un mostro in grado di correre i 1500 metri in un tempo che appartiene al futuro più che al presente dell’atletica. All’atletica in generale ed al mezzofondo in specifico fanno comodo tanti soggetti in grado di correre i 1500 in 3’40” (o il miglio in 4′) ma ancor più farebbe comodo un bell’esercito di miler per tutti i paesi in grado di correre in 4′ anche solo i 1500 se non il miglio (che è 1609 metri e pertanto correrlo in 4′ non è per niente facile…) senza scappare verso il settore delle corse su strada ben prima di arrivare a questi risultati. Il rovescio della medaglia infatti è che a fronte di un certo numero di talenti, che per fortuna esistono sempre e fanno anche risultati sempre più precocemente, esiste un gran numero di atleti che invece di insistere nelle corse di mezzofondo cambiano subito settore prima ancora di aver raggiunto livelli dignitosi nelle distanza medie approdando al grande mare della corsa su strada che brulica di protagonisti ma anche di atleti privi di buone velocità di base.

Dunque i talenti precoci non mancano, quella che manca un po’ invece è la buona base delle seconde schiere, di quegli atleti cioè che danno tono alle gare provinciali e regionali e fanno si che queste competizioni siano disputate su livelli agonistici molto interessanti. Da quel punto di vista eravamo un po’ messi meglio una volta. La base aveva un suo livello qualitativo superiore 30-40 anni fa rispetto ad adesso per un insieme di cause un po’ difficili da analizzare. E’ per quello che io sostengo a spada tratta l’ottimo lavoro dei sodalizi periferici tipo la grande Atletica Bovolone piuttosto che le politiche federali di coccolamento del talento precoce.

Il lavoro che le Federazioni sportive fanno con i raduni collegiali giovanili (non solo quella di atletica) è semplicemente assurdo perché si convocano dei ragazzini che non sono mai dei professionisti ma praticamente sempre degli studenti impegnati, non dico a tempo pieno ma in modo talvolta fin troppo soffocante, dalla scuola che ammette divagazioni nello sport solo per una ristretta elitè di campioni (se non vai sul giornale non devi dedicare troppo tempo allo sport… questa è la prassi corrente, perché qui rischi di perdere l’anno… almeno che il tuo tempo sia dedicato allo sport solo se hai davvero la possibilità di diventare un campione…) e che lavora con spirito diametralmente opposto a quello respirato in questi centri federali. A scuola ti insegnano che non c’è tempo per allenarsi tutti i giorni, ci manca solo che ti dicano che a pranzo non ci si può permettere un pranzo normale ma solo un panino perché bisogna studiare di più, ai raduni federali invece ti fanno vedere come si allena un campione che si allena due volte al giorno che il più delle volte di professione non fa un cavolo dalla mattina alla sera perché è un vero professionista dello sport e non ha altro mestiere se non quello di atleta e che molto spesso è supportato da un’assistenza medica che giustamente non è assolutamente prevista per un giovane che sta completando la sua maturazione fisica ristrutturando continuamente delicati equilibri.

Il messaggio che passa è: “Fai presto perché se non diventi un professionista sarai tagliato fuori presto dallo sport di alto livello, qui o ti alleni come un professionista o non sei nessuno”. Dovrei stare assolutamente zitto perché dello stesso peccato ho peccato pure io e se a diciotto anni ero un discreto atleta un po’ in ritardo di crescita a 23 ero già un atleta usurato che ha tentato di forzare troppo intensamente i suoi tempi di maturazione agonistica per approdare allo sport dei campioni. Forse era destino che io allo sport dei campioni non ci approdassi proprio ma se avevo un po’ più calma invece di essere contagiato dalla necessità di risultato a tutti i costi, probabilmente avrei potuto dire la mia nell’atletica fino a 30-32 anni e adesso a Bovolone mi conoscerebbero ancora meglio…

Torno su Bovolone perché quello è il punto di riferimento di una atletica sana e se fosse per me i raduni collegiali giovanili si dovrebbero fare nelle varie realtà periferiche ma non con i sistemi degli atleti professionisti bensì andando a curiosare la realtà di tutti i giorni di quelle realtà sportive. Non mi interessa vedere come si allenano i professionisti,  mi interessa vedere come si allenano tutti i giorni gli atleti che fanno i conti con le varie realtà esistenziali. E così potresti scoprire che al di là dell’aspetto tecnico che non è certamente trascurabile, in certi ambienti si strutturano delle realtà sociali che sono predisponenti alla pratica di una buona atletica mentre in altri questi presupposti non si creano. E’ questo che dobbiamo capire se vogliamo davvero capire lo sport di buon livello per tutti, perché solo lo “sport per tutti” anche se è già un bell’obiettivo, è troppo poco. Lo sport se vuole essere davvero coinvolgente, deve essere di buon livello, soprattutto per i giovani che non ci stanno a fare le cose poco entusiasmanti. Le Federazioni mostrano ai giovani un tipo di sport un po’ artificiale, forse accattivante ma decisamente non alla portata di tutti. Non prendiamoci in giro, facciamo in modo che la scuola non sia su un altro pianeta e collabori per lo sport sostenibile. Il talento da 3’31” sui 1500 a 17 anni è certamente gradito ma non necessario, facciamo in modo che allenarsi tutti i giorni non sia vista come una cosa azzardata che ti può mettere a rischio la promozione. Si può essere veri praticanti dello sport anche se non è scritto che si diventerà dei numeri uno.  Anche perché poi quando, dopo trent’anni, vai in un paese e ti accolgono come Sebastian Coe che gusto c’è se sei stato davvero un numero uno…