Una volta il detto era un po’ diverso perché recitava “Fate l’amore, non fate la guerra”. Purtroppo quel detto si è sciolto nel perbenismo e pare che fare l’amore (in tal caso era l’amore libero, quello propagandato dal ’68 tanto per intenderci) sia quasi peggio che fare la guerra.
Il vero problema del fare l’amore purtroppo, forse, più che il contrattacco del perbenismo, é che per fare l’amore bisogna essere almeno in due (scrivo “almeno” in due perché nell’amore libero non è neanche detto che si deva essere proprio in due…) ed in una società sempre più complessa può diventare un problema anche trovarsi “almeno in due” per fare l’amore. Siamo sempre più isolati, sempre più chiusi nei nostri gusci.
Allora può arrivare la proposta dello sport. Se diventa difficile anche fare l’amore che dovrebbe essere la cosa più naturale della terra, piuttosto di fare la guerra, fate lo sport. Quello si può fare anche da soli, almeno nella forma non agonistica che è una forma comunque molto utile e salutare che può sopire i nostri istinti di guerra.
Di guerre ce ne sono un po’ dappertutto e ce n’è una simile alla famosa guerra fredda, forse mai finita, nonostante il crollo del muro di Berlino che vede protagonisti USA e Cina. E’ la guerra dei mercati, non è nemmeno una guerra tanto fredda e come tutte le guerre non ha nessun senso. Non ha proprio nessun senso perché il problema del pianeta è riassunto in due problemi che dovrebbero annullare questa conflittualità. Le esigenze del mondo occidentale vanno d’accordo con quelle della grande Cina. Essenzialmente la Cina ha il problema del “nuvolone”. E’ il paese più inquinato del mondo perché è quello che produce di più di tutto il mondo. Produce praticamente tutto. Cose utili e anche una gran quantità di cose assolutamente inutili ma che il mercato nella sua folle irrazionalità assorbe con indubbia voracità. IL mondo occidentale ha un grande problema: che consuma troppo ed è in crisi di valori perché è stordito dalla fobia dei consumi. Se la fobia dei consumi si placa la grande Cina può permettersi il lusso di produrre di meno. Vista in modo catastrofico é il crollo dei mercati, vista in modo positivo è il nuovo rinascimento, il trionfo della cultura e della razionalità sulla follia dei consumi inutili che ci costringono al superlavoro che inquina il pianeta in modo insostenibile.
In tale contesto si inserisce lo slogan “Fate sport, non fate la guerra”. Se non riuscite a fare l’amore perché questa società è stordita dalla crisi di valori, trovate almeno la forza di fare sport, per poter rallentare e riuscire a fermare la guerra, la follia della competizione dei mercati.
Chiaramente questo è uno spot pubblicitario un po’ controcorrente. E’ un po’ difficile che esista uno spot che ci istiga a “non consumare”, addirittura ad investire energie fisiche, come si fa nello sport appunto, con il preciso obiettivo di mettersi nella condizione di consumare di meno e, sull’altro fronte, pure di produrre di meno. La guerra dei mercati si previene solo sgonfiando i mercati. Se il mercato è terribilmente importante allora la guerra dei mercati ha senso, chi produce a prezzo più basso vince e a chi consuma non resta che continuare a consumare comprando da chi produce a più basso costo. Se il mercato invece conta poco perché abbiamo bisogno di tutto tranne che di beni di consumo, soprattutto di quelli inutili, allora non è molto importante produrre a basso costo e si può anche consumare di meno, rinunciando a premiare costantemente chi produce a basso costo. Non è una guerra, è un cambio di stile. Se proprio è una guerra è una guerra al “mercato” non ai “mercati”. L’uomo deve sapersi liberare dal mercato, con un altro termine dalla “mercificazione”. L’uomo non vale per quanto è in grado di acquistare o di produrre ma per ciò che è. In tal senso la lezione dello sport è illuminante. Tu non sei più quello che produce chissà cosa o che si riesce a comprare tutto ciò che vuole ma sei semplicemente quello che fa due metri nel salto in alto. Per il resto poi fai pure fatica a tirare a fine mese e a mangiare due volte al giorno perché fare due metri nel salto in alto non ti da certamente la possibilità di arricchirti e di aumentare la tua possibilità di accaparramento di beni.
Dobbiamo imparare a capire ciò di cui abbiamo veramente bisogno. Attualmente abbiamo bisogno di un pianeta vivibile, senza guerre e con meno stress possibile. Il nuvolone cinese si può dissolvere più facilmente se produciamo di meno e dunque se acquistiamo di meno. In questo senso fare sport diventa molto importante. Quasi come fare l’amore. Forse è un po’ pericoloso pubblicizzare lo sport libero perché poi il perbenismo potrebbe smontare pure quello. Il perbenismo capace di smontare tutto potrebbe anche smontare il mito dei consumi, ma forse in quel modo rischia di smontare sé stesso perché fondamentalmente il perbenismo si fonda proprio su alcuni capisaldi della società dei consumi.
Insomma fate l’amore, fate lo sport, fate qualcosa ma non fate i perbenisti perché in quel modo alimentate la società dei consumi che oltre che ricchezza porta stress, guerre, inquinamento, squilibri sociali e crisi dei valori. Meglio più poveri ma meno stressati anche se la pubblicità ci racconta che senza il tal prodotto non è vita. Non credeteci.