ESOTERICO ED UNIVERSALMENTE ACCETTATO NELLA TEORIA E METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO SPORTIVO

Per esoterico siamo portati a pensare un qualcosa che riguarda più streghe e stregoni che un qualcosa diretto ad una elite di persone. A parte che sono molto più appassionato alle fate che alle streghe, in questo articolo vorrei considerare solo l’accezione riferita a pochi intimi dell’esoterico più che quella che riguarda il mondo occulto. Diciamo un qualcosa di non molto diffuso ma non con finalità di “occultamento” bensì solo per pura casualità.

Universalmente accettato invece è il dogma scientifico, quello che sulla carta è accettato da tutti perché seriamente validato da una cospicua letteratura scientifica e poi in pratica deve comunque fare i conti con l’esoterico perché non tutti ci stanno a sottomettersi al dogma scientifico.

Esoterico e universalmente accettato viaggiano in coppia e si incrociano in strani incroci proprio quando andiamo a vedere quello che succede in linea teorica e quello che succede in pratica.

Come non partire dall’alta medicalizzazione dello sport, universalmente accettata e che, di fatto, oltre al progresso del materiale tecnico (le famose calzature di ultima generazione in atletica) è stata l’unico vero progresso nella corsa al miglioramento dei risultati sportivi. Secondo la dottrina corrente anche la metodologia dell’allenamento sportivo avrebbe vissuto una notevole evoluzione ma questa purtroppo è una balla spaziale e tale acquisizione è invece frutto di un sapere esoterico, lo stesso che ritiene che la medicalizzazione di massa sia stato un metodo per risolvere a livello mediatico la spinosa questione del doping che visto che si è estesa in modo irreparabile non si chiama più doping, punto e basta,

L’evoluzione della teoria e metodologia dell’allenamento sportivo è stata decisamente soffocata dai progressi della medicina molto più tangibili e sui quali si è investito molto di più. Siamo ancora praticamente fermi ai colossi russi e ai rilevamenti della frequenza cardiaca e del lattato per determinare le intensità ideali di allenamento. Sono convinto che solo un sapere esoterico possa liberarci dalla costrizione di queste gabbie e possa costituire una vera alternativa all’ulteriore medicalizzazione dello sport.

Chiaramente se il metodo scientifico ha illuminato i progressi del laboratorio solo il metodo empirico potrà portarci a nuove acquisizioni sul campo dove parrebbe lecito poter speculare con un po’ più entusiasmo di quanto si è fatto negli ultimi decenni.

Insomma per dare a Cesare quel che è di Cesare bisogna ammettere che i medici hanno lavorato bene ma non altrettanto bene hanno lavorato i tecnici che come minimo non sono stati in grado di coordinare i loro lavori finendo per passare per stregoni, santoni, mammasantissima o chissà che altro ma non certo per professionisti seri ed attendibili.

Restano seri ed attendibili i lavori del secolo scorso che però, per assurdo erano permeati di un alone di possibilismo che ora è svanito. Mentre agli esordi i lavori sul lattato e sullo studio delle frequenze cardiache erano delle ipotesi adesso sembrano delle realtà non contestabili, dalle quali non ci si può muovere perché tutto il mondo scientifico le da per acquisite.

In un panorama del genere, come tecnici rifugiarsi nel “fatalismo” (ripeto preferisco le fate alle streghe…) è l’unica via possibile per sperare in un qualcosa di nuovo, altrimenti ci potremmo ritrovare ancora fra quarant’anni con frequenze cardiache, rilevazione del lattato e soprattutto nuovi protocolli farmacologici universalmente accettati ma esotericamente occultati per non ammettere ancora una volta che la teoria e metodologia dell’allenamento è ancora rimasta ferma al palo.

Io penso che sia un po’ la civiltà del computer a bloccarci e dobbiamo cercare le risposte più sull’atleta con il quale abbiamo a che fare che non sul computer. Il nostro computer non può conoscere l’atleta, noi invece ce l’abbiamo lì davanti, vediamo cosa succede e dobbiamo avere risposte precise a puntuali per lui. Se vogliamo che siano vincenti devono essere anche risposte innovative ed è per quello che invoco il fatalismo perché di innovazione nella dottrina corrente non ce n’è nemmeno un filo. O la lampada si accende nella nostra testa oppure accettiamo di fare ciò che ormai si reitera in modo monotono e pedissequo da troppo tempo.

La medicina ha fatto fin troppo è ora che anche la teoria e la metodologia si evolvano. Niente stregoni ma maghi e fate, necessari per non morire di noia in attesa di protocolli farmacologici ancora più perfezionati o scarpe ancora più performanti.