Portare l’atletica a scuola su grande scala non è certamente facile. Non è facile perché mancano i tempi, gli spazi, per certi versi anche i tecnici. Con un po’ di buona volontà, legiferando in modo “energico” nei confronti dell’attività motoria a scuola si possono trovare i tempi, gli spazi e anche i tecnici che non è detto che devano essere assunti dalla scuola ma può benissimo essere personale esterno all’istituzione.
Poi però bisogna avere in mente “come” portare l’atletica a scuola. Se portare l’atletica dei numeri uno, quella che ci insegna la televisione, mezz’ora di telecamera fissa sul numero uno e tutti gli altri comparse ignorate, oppure l’atletica per tutti ed allora, con un po’ di fantasia, bisogna inventarsi un modello di competizione che riesca ad incentivare anche i numeri due ma non solo, anche i numeri tre, quattro e pure gli ultimi.
Non ci vuole poi una fantasia sovrumana per studiare un modello simile e non bisogna nemmeno essere dei geni della matematica. Premesso che in una classe di studenti l’obiettivo principale è il coinvolgimento dell’intera classe e tenere alta la motivazione anche nei confronti di chi è meno performante, un modello relativamente semplice di competizione fra classi può essere il seguente.
Partiamo dal presupposto che una classe scolastica ha sempre almeno dieci allievi, siano maschi o femmine. Le squadre le consideriamo miste perché per la compilazione della classifica ci vengono in soccorso le tabelle di punteggio della Federazione di Atletica. I punteggi sono equiparabili e così, per esempio un maschio che corre i 100 metri in 11″2 prenderà più o meno i punti che prende una ragazza che corre la stessa distanza in 12″5, che sia maschio o femmina non conta, porta il punteggio per la sua classe e, ovviamente il punteggio è relativo al fatto che sia maschio o femmina.
Vogliamo che sia incentivata la pratica di molte discipline dell’atletica e così imporremo un numero minimo di discipline, per esempio 10. Anche lì una classe può decidere se far coprire i 100 metri ad un maschio o ad una femmina a seconda del punteggio. Poi vogliamo coinvolgere anche le seconde schiere e così dopo i primi dieci punteggi relativi a dieci discipline diverse si ricomincia il giro perché si possono prendere punteggi per tutti i componenti della classe, tornando a coprire le varie specialità con un secondo giro di risultati. Ogni atleta può portare un solo punteggio alla squadra ma essendo i componenti della classe praticamente sempre più di 10 (e molto spesso anche più di 20) ci sarà certamente spazio per un buon numero di ripescaggi. Oltre 20 allievi per classe si può dare inizio addirittura al terzo giro di punteggi ripescati e su questa disciplina dei punteggi ripescati si gioca il coinvolgimento dell’intera classe. Come fare perché una classe di 25 allievi non batta una di 15 soggetti per il solo motivo che sono di più: molto semplice, si fa una “media punteggi” e non una “somma punteggi”. Ed allora come fare per non lasciare che la media punteggi venga abbassata dai ripescati invece che alzata? Terribilmente semplice: tutti i punteggi ripescati, cioè dal decimo in poi, vengono aumentati di una quota del 50% che non è altro che… il coefficiente di motivazione delle seconde schiere e quindi la scusa per coinvolgere l’intera classe.
In sintesi i primi dieci devono fare dei buoni punteggi perché vanno certamente nel computo del punteggio medio, gli altri devono comunque sforzarsi di ottenere risultati decorosi perché con la regola di bonus del 50% per le seconde schiere quasi certamente andranno ad aumentare la media dei punteggi salvo che i loro risultati non siano veramente disastrosi e nel qual caso verranno “scartati”. Insomma la classe può vincere anche e soprattutto in virtù di risultati decorosi delle seconde linee (aumentati del 50% appunto) più ancora che dei primi punteggi, necessari per entrare in classifica.
Questo non è un modello matematico che ci richieda sforzi sovrumani e la possibilità di equiparare i punteggi dei maschi a quelli delle femmine ci toglie il problema di aver a che fare con classi che in certi casi sono completamente maschili, in altri completamente femminili ed in altri ancora miste secondo proporzioni molto varie. Esiste un’unica classifica: maschi e femmine contribuiscono secondo le rispettive tabelle di punteggio federali. In ogni caso devono essere coperte le 10 discipline da maschi o femmine a seconda dei casi e delle opportunità.
Questo modello può funzionare a livello interno di istituto, ovviamente fra pari età, ma può essere traslato anche negli incontri extra istituto e, perché no, traslato pari pari anche per le competizioni di livello superiore. L’atletica studentesca non deve essere la fotocopia dell’atletica di vertice e così è opportuno mantenere lo spirito di classe fino ai livelli superiori della competizione. Potremmo anche avere la “super classe” piena di talenti, dove anche i numeri due portano punteggi di alto livello, in ogni caso quella classe resterà compatta fino ai livelli più evoluti di competizione, portando con sé anche i soggetti meno performanti in quanto facenti parte della classe. Nel modello attuale di competizione tutto ciò non avviene e la classe porta ai livelli successivi un suo campione che nove volte su dieci (se non 99 su 100…) è un atleta che faceva atletica già ben prima di partecipare alle competizioni scolastiche. Questo tipo di competizione non serve a diffondere l’atletica per tutti e non è altro che una inutile ripetizione dell’attività federale. Se vogliamo che la classe sia coinvolta in quanto classe solo un modello simile a quello descritto può davvero dare un senso alla competizione.
Non è difficile, basta mettersi in testa che la scuola non è solo il luogo dove si soffre sui libri ma è anche il luogo dove ci si diverte a fare sport. Può sembrare un sogno ma è opportuno che diventi una realtà.