E SE L’OBIETTIVO FOSSE DESIDERARE?

Dicono che Alessandro Magno una volta conquistato tutto e arrivato al mare si sentì un po’ un pirla, anzi il noto cantautore Roberto Vecchioni in un suo brano di successo usa un termine un po’ più volgare.

Forse il vero obiettivo non è raggiungere una certa meta ma l’atto stesso di desiderare. In effetti quando raggiungi una meta non desideri più quella ma un qualcosa di nuovo e nel momento in cui non riesci a formulare un nuovo obiettivo ti senti un po’ svuotato. Allora capisci che la capacità più ambita non è quella di mettere in campo tutte abilità per raggiungere l’obiettivo bensì quella di saper riformulare un nuovo obiettivo in tempi brevi per non restare nel momento di panico che accompagna il momento immediatamente successivo al raggiungimento dell’obiettivo.

Nella società tritatutto tempo per godersi con calma gli obiettivi raggiunti non ce n’è, bisogna produrre a ritmi stordenti e pertanto anche gli obiettivi vanno continuamente modificati per restare in corsa, in perfetta spinta perché un momento di rilassamento non è concesso.

E dunque oltre che produttori di gesta tese a raggiungere obiettivi sempre nuovi siamo anche “consumatori” di obiettivi nel senso che li consumiamo in fretta, tentiamo di raggiungerli in fretta, non abbiamo nemmeno il tempo per razionalizzare e ragionare con calma (figuriamoci se c’è quello per abbandonarsi all’estasi ed alla contemplazione che sono cose decisamente superate e d’altri tempi quasi da soggetti disadattati che hanno bisogno di qualche pastiglietta per mettersi a pari con gli altri) e siamo assolutamente condannati a spronati a rielaborare nuovi obiettivi.

Allora io penso semplicemente che gli obiettivi devano essere razionali, fisiologici, non devano richiedere troppa fatica per essere raggiunti e soprattutto che possano essere raggiunti in tempi lunghi perché la vera soddisfazione non è il loro raggiungimento bensì il cammino necessario per raggiungerli. Se dobbiamo continuamente rivedere gli obiettivi ci stressiamo e non riusciamo ad apprezzare il percorso, non gustiamo nemmeno il desiderio della rincorsa a questi obiettivi.

Peggio, io dico che il vero obiettivo è proprio il percorso, il divenire delle varie situazioni nell’avvicinamento all’obiettivo finale. Ancora, aggiungo che il solo avvicinamento dell’obiettivo dovrebbe essere quello che ci gratifica. Poi, una volta arrivati al mare, ci si può effettivamente sentire tutti un po’ più pirla, perché la vera soddisfazione la proviamo nel movimento e dunque, anche se probabilmente è utile che ci rieduchiamo alla contemplazione, a stare fermi su un obiettivo raggiunto non ce la facciamo.

In sintesi l’obiettivo è utile e razionale se ci costruisce un percorso gradevole, se invece è fine a sé stesso e prevede un percorso unicamente pieno di insidie e per niente gradevole allora probabilmente è un obiettivo inutile se non dannoso per la nostra attività sportiva. Ma mica solo per l’attività sportiva…