E’ POSSIBILE UNO SPORT SENZA FARMACI?

Per come è strutturato lo sport di alto livello attualmente per conto mio no. Il tasso di medicalizzazione dello sport di alto livello ha assunto negli ultimi 10-20 anni livelli epici assolutamente non paragonabili a quelli di tempi precedenti nei quali si parlava molto di doping ma in effetti la medicalizzazione era meno sistematica di adesso.

L’ipotesi utopistica sarebbe che i vari sponsor accorressero a finanziare lo sport di base più che quello di alto livello, cosa impensabile che non ha senso e che soprattutto farebbe a cazzotti con il nostro sistema economico dove tutto è regolato dal mercato e dal sistema della pubblicità.

Eppure uno sport senza farmaci, anche se utopistico, sarebbe bello. Possibile, in linea teorica, almeno dal punto di vista tecnico se non da quello organizzativo? Dal punto di vista strettamente tecnico sarebbe pure possibile se accettiamo di valutare per molto rilevanti anche risultati che sono un po’ sotto a quelli degli atleti di alto livello di adesso.

E’ quasi impossibile arrivare ad un record del mondo senza farmaci nello sport attuale, soprattutto è assolutamente impossibile determinare chi è quell’eroe o quel superman che è in grado di farcela perché non esistono sistemi di indagine di livello tale da poterci far affermare chi effettivamente non ha fatto uso di alcun farmaco. Esiste una lista di sostanze considerate dopanti che vengono monitorate per evitare che gli atleti delle categorie amatoriali facciano fesserie mostruose e pericolose e, nonostante questo, ogni tanto c’è qualche atleta che casca nel tranello del doping “fai da te” e viene giustamente preso dall’antidoping che essenzialmente sanziona solo quel tipo di atleti. Ogni tanto, per motivi insondabili, casca nella rete dell’antidoping anche qualche atleta di alto livello e quello è un bel mistero perché i medici che hanno in carico quegli atleti sanno benissimo cosa si può prendere e cosa non si può prendere.

In ogni caso la motivazione che spinge ad esasperare sempre di più la medicalizzazione dello sport è chiaramente quella di tipo economico anche perché un costante monitoraggio dell’atleta che si sottopone a certi trattamenti é decisamente molto costoso e non viene proposto ad un atleta di medio livello.

Ci si domanda addirittura se possa avere senso limitare il consumo di farmaci per supportate preparazioni che sono semplicemente colossali in termini di volume di carico e allora ci si chiede anche se il problema dell’elevata medicalizzazione dello sport non sia in realtà un problema secondario perché comunque, anche senza farmaci e forse ancora di più, una preparazione ad un record del mondo ha dei rischi insiti nella sua particolarità. Una formula uno che viaggia al massimo è un mezzo comunque pericoloso, indipendentemente da chi la sta guidando, non è l’essere formula uno a renderla pericolosa ma il fatto di dover andare al massimo per vincere.

In linea teorica si potrebbe dire che anche se abbassiamo il livello prestativo dei super atleti il problema dell’ausilio farmacologico esisterà sempre perché comunque c’è sempre chi vuole vincere ed il fatto che il maggior numero degli atleti che cascano nella rete dell’antidoping siano appartenenti alle categorie amatoriali ne è la dimostrazione. Senza voler stabilire se l’abuso di farmaci sia un problema dello sport di vertice o di quello di base (ed è il buon senso, senza dati alla mano, a dirci che se probabilmente riguarda l’80-90% degli atleti di vertice riguarderà si e no l’uno per cento degli atleti dello sport di base che comunque in valore assoluto è certamente un numero preoccupante) è stato dimostrato ampiamente dall’antidoping che il fenomeno va ad interessare ambienti che sono anche al di fuori di quello dello sport spettacolo. In sintesi si dopa pure gente che paga di tasca sua per migliorare una certa prestazione sportiva.

Detto questo io la smetterei di scandalizzarmi quando per sbaglio casca positivo all’antidoping qualche atleta da Olimpiadi, non è certamente l’unico a far uso di farmaci per supportare la preparazione e perché sia cascato nella rete dell’antidoping magari non lo saprà mai nessuno, nemmeno lo staff medico che lo segue. Mi scandalizzo, invece, se anche nei paesi cosiddetti “evoluti” (lo è pure l’Italia) lo sport non è proposto in modo sistematico a tutta la popolazione (non solo giovani anche se quelli meritano una corsia preferenziale) perché quello è il primo strumento per operare un’autentica profilassi sanitaria e riuscire in tempi successivi (non certamente dall’oggi al domani) a contenere gli esorbitanti costi del sistema sanitario nazionale.

Fra l’altro lo sport per tutti potrebbe anche essere uno dei migliori metodi per far passare una cultura in grado di scavalcare quella che porta all’abuso di farmaci. Il giovane molto informato è più attrezzato ad apprezzare lo sport come strumento di salute e si rende conto che può giungere a risultati molto significativi anche senza ricorrere ai farmaci. Chiaramente è una cultura di un certo tipo, un po’ sofisticata, controcorrente, quella che porterebbe a riempire i campi sportivi anche di atleti che quasi certamente non prenderanno mai parte alle Olimpiadi. Lo sport ha decisamente bisogno anche di milioni di sportivi che non andranno mai alle Olimpiadi, anzi forse si fonda sostanzialmente su quelli ed il vero spirito olimpico è proprio quello di chi spegne la televisione e va a praticare sport.