Il pubblico brasiliano non ci sta facendo questa gran bella figura. Non ho ricordi (e non è che sia molto giovane…) di altre Olimpiadi dove ci sia stata una così alta densità di scene piuttosto imbarazzanti.
Hanno cominciato a fischiare un’atleta russa solo perché era russa. Io mi sono arrabbiato subito, ma mi sono arrabbiato perché questa faccenda mi aveva già fatto arrabbiare prima. Non ho dato la colpa al pubblico di quell’esecrabile episodio quanto a ciò che aveva combinato la giustizia (chiamiamola pure “ingiustizia”) sportiva nei confronti degli atleti russi. Ho pensato che questi se l’erano bevuta tutta e hanno capito che i russi sono i demoni dello sport. Non hanno capito che l’antidoping non funziona e ti fa bere tutto quello che vuole e che se qualcuno lo contesta fa pure una brutta fine.
Poi è arrivato Gatlin e anche lì non si capiva se perché era il rivale numero uno di Bolt, loro beniamino, o se perché anche lì ce l’hanno con il fantasma del doping e, anche in quel caso l’antidoping ha deciso che la pietra dello scandalo deve essere Gatlin così come ai tempi di Ben Johnson era solo Ben Johnson, tutti gli altri erano puliti di un candore abbagliante… insomma hanno fischiato pure Gatlin.
Poi cominciano ad avere atteggiamenti strani anche in situazioni che non hanno nulla a che fare con il doping e così Tamberi, in veste di commentatore della televisione nazionale, rileva che è piuttosto scandaloso che tutto il pubblico abbandoni lo stadio mentre gli atleti del salto in alto si stanno giocando la qualificazione alla misura di 2.29 (non a un metro e mezzo…) solo perché Bolt se ne è andato via, come dire “Dell’atletica non ce ne frega niente, ci interessa solo Bolt”. Devo ammettere che in questo caso Tamberi mi è piaciuto molto, non ha avuto peli sulla lingua e non ha nascosto nulla. Nel mio giudizio di stima nei suoi confronti va a pareggiare il conto con le infelici uscite sul caso Schwazer sul quale ha avuto l’unica colpa di aver parlato senza averci capito niente, probabilmente perché anche a lui hanno raccontato quella dell’orso su quella vicenda per non turbare la tranquillità nella squadra azzurra.
La goccia che fa traboccare il vaso è quanto accaduto nella gara del salto con l’asta maschile che rischia di passare alla storia come fulgido esempio di alterazione di un risultato sportivo grazie ad uno scorretto comportamento del pubblico. Definire scorretto il comportamento del pubblico brasiliano nei confronti dell’astista francese Lavillenie è troppo poco e l’atleta francese è un signore a riuscire a contenere la sua disapprovazione in gesti molto pacati e contenuti. Un qualsiasi altro atleta un po’ meno freddo si sarebbe abbandonato a ben altro tipo di gesti. Comunque Lavillenie non è di ghiaccio, perde tempo per concentrarsi e quell’unico tentativo a 6 metri e 8 centimetri diventa praticamente impossibile. Dov’è finito lo spirito olimpico? E’ questo? Io me le ricordavo diverso ma forse ormai ho la memoria che funziona male. Ci sono altre cose curiose che possono imprimere la mia memoria in questi Giochi Olimpici e che per me, per fortuna, hanno un sapore diverso. Due mi rallegrano perché non sono giovane ma la terza mi fa sentire giovane e per me è un segnale di speranza. Allora primo dettaglio da vecchi: Bolt è fortissimo ma nella semifinale dei 100 metri, dove ha dovuto correre molto forte perché la concorrenza non è per niente da sottovalutare, per 60 metri è dietro ad un “vecchietto” di 41 anni di nome Kim Collins. Poi Kim Collins cede e non ce la fa a qualificarsi per la finale, in ogni caso ai nipotini, fra non molto, potrà raccontare: “Io in una semifinale delle Olimpiadi sono stato davanti a Bolt per 60 metri, poi ho ceduto perché avevo già quarantuno anni, è stato pochi anni fa…”.
Seconda storiella da vecchi: poco prima della finale dei 400 metri femminili Irena Szewinska è chiamata a premiare una gara. La Szewinska la vedi non proprio giovane e non è che porti male i suoi anni è che ne ha proprio 70. Hanno l’ottima idea di far vedere la gara nella quale ha vinto la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Montreal nel 1976, sono passati ben 40 anni da quei Giochi e ti fanno vedere che vince in 49″28. Pochi minuti dopo per vincere la gara dei 400 metri femminili bastano 49″44. E’ un garone e le atlete arrivano sul traguardo stramazzando letteralmente al suolo ed il cronista inneggia all’impresa, è certamente un’impresa, non c’è dubbio, ma la Szewinska 40 anni prima aveva fatto meglio e non è che fosse proprio una quattrocentista perché faceva anche 100 metri, 200 metri e salto in lungo.
L’ultima cosa è da giovani, forse troppo giovani ed allora io per apprezzarla vuol dire che sono anche giovane oltre che vecchio. Il discobolo Christoph Harting vince la gara del disco con uno splendido ultimo lancio di 68 metri e 37 centimetri. Invece di strapparsi la maglietta, come fa il più famoso fratello Robert che fino ad ora ha dominato la scena negli ultimi anni, saluta il pubblico con inchini da maestro d’orchestra. Non è Ulk, è un raffinato artista ed a ciò proprio ispirava l’armonia del suo ultimo perfetto lancio. Poi però alcuni suoi connazionali non lo capiscono perché invece di mettersi a piangere quando sale la bandiera nazionale durante la premiazione ha un’aria disinvolta e scanzonata, è cordiale con i colleghi di premiazione e pare più attento a salutare loro che a farsi rapire dall’inno nazionale. Ma dove sta scritto che un atleta deve piangere quando suona l’inno del suo paese? Non può essere più interessato a salutare i suoi rivali che ad essere trapassato dall’inno nazionale? Ha tutto il tempo che vuole per ascoltare l’inno del suo paese per tutto il resto della vita, ma per salutare i suoi compagni di gara di quella memorabile sfida ha solo pochi istanti. Insomma Christoph Harting ha “tradito la patria” per salutare i suoi compagni di Giochi. Per conto mio questo è lo spirito olimpico e se tutti la pensassero così la Russia dell’atletica leggera non sarebbe certamente stata estromessa dai Giochi. Bisogna decidersi se conta di più la bandiera o la fratellanza. La questione è molto vecchia (e ridagli col “vecchio”) e probabilmente va anche al di la dei Giochi Olimpici.