“Il 1500 nel mezzofondo è distanza che richiede più preparazione che potenzi l’aerobia o allenamenti che mirino alla velocità e al potenziamento muscolare? Preciso che sono un atleta master e mi riferisco a questa categoria.”
Mi fa piacere rispondere ad un Master che corre i 1500 metri. In Italia, nella categoria master pare che per correre sia obbligatorio fare la Maratona che è certamente disciplina affascinante ma non è l’unica corsa dell’atletica.
Il 1500 è altrettanto affascinante perché è un condensato di velocità e resistenza. E la domanda che mi fai è la più classica che possa fare un millecinquecentometrista.
Ho una teoria un po’ originale in proposito. Premesso che nei 1500 occorre certamente una buona base aerobica e pure doti di velocità apprezzabili, io ritengo che esistano 1500isti di tipo “veloce” e 1500isti di tipo “resistente”. Ai primi consiglio di insistere nell’affinamento delle doti velocistiche, ai secondi consiglio di insistere nella buona messa a punto delle doti di resistenza. Il contrario di ciò che si potrebbe pensare. Non consiglio di insistere tanto nella cura della “dote mancante” quanto di migliorare ulteriormente quella già esuberante. Non siamo tutti uguali. Alcuni reagiscono positivamente a certi stimoli allenanti, altri ad altri. Così il “resistente” migliora di molto quando stimola le sue doti di resistenza ed il veloce reagisce molto bene agli allenamenti di velocità. Ovvio che non si può trascurare anche la dote mancante ma negli allenamenti dedicati a questa bisogna essere molto attenti. E’ più facile sbagliare proprio sugli allenamenti dedicati alla cura della dote mancante che sugli altri. In particolare il resistente, quando insiste troppo sulla velocità e sui mezzi per il potenziamento muscolare rischia di infortunarsi e di incappare in qualche inconveniente muscolare. Il veloce, d’altro canto, quando aumenta considerevolmente i volumi di allenamento per costruire la resistenza rischia di andare in sovraccarico. Più che infortunarsi si “imballa”, perde di brillantezza e non recupera più gli allenamenti.
Poi c’è il discorso della categoria. Il Master ha comunque bisogno di tenere doti elastiche che tendono a venir meno con l’età e non può permettersi il lusso di esagerare con i volumi di allenamento perché non ha più le capacità di recupero di un tempo. Detta così sembrerebbe che convenga, al Master, concentrarsi particolarmente sulle doti velocistiche. Ma non è così perché bisogna considerare anche un’ altra cosa: il master riesce a giungere a buoni risultati sui 1500 nella sua categoria attingendo meno alla componente velocità di quanto non sia costretto a fare il giovane: è un discorso di andatura. Per fortuna (o per sfortuna…!) il master non ha bisogno di correre a ritmi elevatissimi per competere nei 1500. Ecco che il 1500 “master” è più di resistenza di quello della categoria assoluta. Per assurdo, se parliamo di master molto stagionati, assume una grande importanza la resistenza perfino nei 400 metri che, a livello assoluto, vengono considerati una gara di velocità.
Poi vorrei contraddire un luogo comune che dice che il master deve stare attento alla qualità dell’allenamento per non farsi male. Praticamente si pensa “Meglio un allenamento in più ma tranquillo che non allenarsi poco ma esagerare con la qualità che per i master è pericolosa”.
Io sono convinto che il master sia più allergico alla quantità di allenamento che non alla qualità dello stesso. E’ ovvio che sono qualità relative, ma proprio perchè non deve allenarsi troppo, a mio parere il master fa bene ad avere una certa attenzione alla qualità di allenamento se vuole restare competitivo. Quando dico “qualità” di allenamento non intendo “allenamento alla massima intensità”. Intendo allenamento centrato, mirato, alla giusta intensità sia esso di velocità o di resistenza. Il giovane fa talmente tanti allenamenti che si può pure permettere il lusso di farne di sbagliati. Alcuni troppo blandi altri troppo intensi. Quelli blandi vanno comunque nel calderone di una preparazione molto consistente, quelli molto intensi vengono perdonati da un fisico al massimo delle sue potenzialità che può incassare anche insulti di una certa gravità. Per il master non è così: l’allenamento troppo blando toglie spazio ad un allenamento che doveva essere di qualità un po’ superiore per garantire un certo adattamento. Ha fatto senz’altro bene alla salute (gli stimoli molto bassi non sono allenanti ma fanno comunque bene per la salute generale) ma nient’altro. Gli stimoli troppo elevati sono pericolosissimi e possono creare problemi anche gravi per il precario equilibrio di forma del master.
Dunque il concetto di “qualità” è riferito alla necessità di sparare con precisione quelle poche cartucce che si hanno a disposizione. Questo se si vuole tentare anche di competere con certi risultati. Se invece l’obiettivo è solo di divertirsi accettando anche risultati al di sotto della propria portata allora non ho dubbi: sempre meglio sbagliare con un carico troppo blando piuttosto che con uno troppo intenso.
L’esperienza personale mi dice che la maggior parte degli atleti della categoria master purtroppo sbagliano sbilanciandosi verso i carichi troppo elevati. Io capisco la voglia di competere che è quella che rende giovane il master nello spirito ma, come master, rivendico un altro orgoglio che è quello di azzeccare i giusti carichi senza strafare in virtù di una esperienza che i ventenni… non possono avere.