“Il sospetto che con la transizione ecologica si voglia prendere tempo per non fare quelle mosse energiche che potrebbero davvero cambiare il volto delle nostre città è fondato, in effetti il discorso delle corsie ciclabili e delle piste ciclabili è esclusivamente un discorso politico perché esistono già tutte le corsie e le piste ciclabili che si vogliono senza sprechi di vernice e cordoli, basta semplicemente dire che la bici ed i pedoni hanno sempre la precedenza sulle auto e che la auto non sono più padrone della strada se non sulle tangenziali e sulle strade a veloce scorrimento ad esse dedicate…”
In effetti mi viene in mente Ferrara, l’unica città d’Italia dove per consuetudine si poteva tranquillamente usare la bici in città. I ferraresi con la costruzione di un gran numero di piste ciclabili hanno preso una bella fregatura perché di fatto sono stati sfrattati dalla strada che usavano comunemente come grande pista ciclabile. Il modello a cui bisogna ambire per un vero cambio di mentalità è proprio la Ferrara “ante piste ciclabili” dove la bicicletta comandava davvero. Questo episodio dimostra come la mobilità urbana del futuro sia essenzialmente un fatto politico e non un fatto di strutture perché, per assurdo, proprio Ferrara, città della bicicletta, con la costruzione di nuove strutture è tornata indietro.
Allora la dicitura “transizione ecologica” riferita alla mobilità urbana, con politiche un po’ più coraggiose e rispettose del problema ecologico e della sedentarietà, potrebbe essere riferita a quel momento, anche piuttosto lungo, nel quale grazie ai fondi europei si provano a costruire quelle strade per le auto che una nuova visione del traffico urbano ha reso necessarie. Mi spiego: prima si tratta di sancire il primato della bici e dei pedoni in città e nessuno potrà più raccontarci che “non c’è spazio” per le corsie ciclabili perché questo c’è eccome visto che abbiamo una rete di strade che basta e avanza per farci stare tutte le biciclette che si vuole, poi con calma, e tutto sommato anche con molta calma per disintossicarsi bene, si tratta di vedere quali sono le strade dove possono tornare le auto perché in effetti in certe città d’arte purtroppo per quelle non c’è proprio spazio e non si sa come farcele stare. Qualcuno dirà che se ci sono state fino ad ora ci possono stare ancora ed invece il grave errore è proprio questo: le auto ci stavano finchè erano meno, adesso che sono 40 milioni non ci stanno più e si tratterà di vedere, caso per caso, quante ce ne possono stare. Questa può essere una vera transizione ecologica, momento nel quale si studia, dopo averle fatte sparire, quante auto possono tornare a circolare con le dovute limitazioni nelle varie città. Io sono convinto che una transizione che tiene bloccate le auto fin che non vede risolti i suoi tempi di evoluzione sarebbe molto più autentica e sentita di una transizione che promette mutamenti che stentano ad arrivare. Insomma è molto più facile costruire per le auto che per le bici e per i pedoni e allora con una scelta politica ci si può mettere in un attimo in questa situazione. Basta dire semplicemente che dove non c’è spazio si fa sparire l’auto e non la bici. Non è una scelta molto complicata, richiede solo una certa coerenza. Per cui non occorrono piste ciclabili ma piste per le auto e non c’è nessuna urgenza per costruirle perché per oltre mezzo secolo l’auto ha comandato sovrana sulle strade italiane, è venuto il momento, se crediamo davvero nella rivoluzione verde, di cambiare registro.