“Non capisco perché ti incancrenisci così tanto sull’antidoping. E’ come se ritenessi il rimedio peggio del problema. Questo è l’unico antidoping possibile ed il fatto che sanzioni più atleti amatori che professionisti, se ci pensi, dipende anche dal fatto che ci sono molti amatori “pazzi scatenati”, come lì definisci tu, che fanno ricorso ai farmaci addirittura per incrementare i loro risultati sportivi nello sport cosiddetto amatoriale.
Pertanto anche se è vero che sono danari pubblici (ma non “solo” pubblici perché l’antidoping non è finanziato esclusivamente in quel modo) sono soldi destinati a proteggere anche lo sport di base, anzi soprattutto quello perché se fosse per quello di alto livello, come diceva il buon Marco Pantani “Il doping è sempre un passo più avanti rispetto all’antidoping” e pertanto l’unica vera funzione dell’antidoping è quella di disincentivare gli amatori dal ricorrere a pratiche assolutamente insensate e pericolose perché è anche giusto sapere che, per una serie di motivi, il doping degli amatori può essere anche più pericoloso di quello dei professionisti. Stoppare questo antidoping vuol dire creare un problema allo sport di base e se ci tieni tanto a quello sport non puoi scagliarti con veemenza contro l’antidoping approfittando di un episodio accaduto ad un atleta di alto livello per il quale secondo i regolamenti della giustizia sportiva proprio non se ne viene fuori. Insomma se giudichi l’antidoping solo per quanto avvenuto nel caso Schwazer hai una visione molto limitata, parziale e non obiettiva dell’intero problema.
Se poi dici che gli “errori” (ma non sono errori ma semplicemente “limiti”) dell’antidoping con riferimento allo sport di vertice sono decisamente rilevanti quello è un problema che si potrebbe risolvere solo con un’ ulteriore devoluzione di fondi pubblici per far evolvere l’antidoping. Allora vedi che ti lamenti dell’assenza di provvedimenti che tu stesso contesti a priori. Con questi mezzi l’antidoping combatte in modo concreto l’abuso di farmaci nello sport amatoriale e sono soldi spesi essenzialmente per quello. Il discorso dello sport di alto livello è un discorso molto complesso e comunque non è nell’interesse di nessuno smontare quel tipo di sport perché finanzia quello di base ed in ogni caso, anche con un antidoping molto evoluto, il problema non sarebbe facilmente risolvibile.”
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Il discorso non fa una piega e, vista così, l’antidoping sono in effetti soldi spesi per salvaguardare lo sport di base. E’ vero che prendono positivi soprattutto amatori più che professionisti.
Allora, quello al quale alludo io, è forse essenzialmente un problema giornalistico. Tutti sappiamo che l’antidoping con riferimento allo sport spettacolo è una grande farsa ma i giornalisti, non potendo fare diversamente, ci raccontano che ci sono gli scandali e che ogni tanto qualche atleta viene pescato positivo. Quell’atleta va condannato ed il problema non è capire perché è risultato positivo ai controlli nonostante che sia un atleta di alto livello, ma capire perché ci siano ancora atleti che si dopano nel terzo millennio, nonostante la terribile efficacia e precisione dei controlli antidoping.
Io non sopporto questo tipo di impostazione giornalistica che fa pensare che lo sport sia più inquinato dai farmaci a livelli amatoriali che non a livello di sport spettacolo e mi viene da pensare, anche se probabilmente non è vero, che questo sia un antidoping orchestrato per tenere candida l’immagine di alto livello e automaticamente declassare chi resta fuori da quell’orbita.
Insomma il messaggio che ci leggo io, probabilmente con lenti offuscate, è: “Questi si che sono campioni non quella miriade di amatori che non riescono minimamente a raggiungere questi livelli prestativi e si dopano pure per provarci…”. Non solo ma la demonizzazione del campione pescato positivo per motivi insondabili ed imperscrutabili (e mai che su questi si faccia davvero luce) mi fa andare in bestia perché pare la conferma che fondamentalmente il doping sia un problema di tanti scemi che non ci stanno ad andare più piano dei professionisti e non un problema che attraversa in modo drammatico lo sport professionistico per poi riversarsi a cascata, come fenomeno culturale (dove una cultura non c’è perché in tema regna un’ignoranza colossale…) sullo sport di base, che dovrebbe essere quello davvero “puro”.
La faccenda è complessa e dire che per coerenza sarebbe opportuno controllare solo gli amatori che sono facilmente controllabili e mollare l’osso dello sport professionistico che è un problema semplicemente irrisolvibile è un assurdo ed inutile semplicismo.
E’ chiaro che la coerenza in questa situazione non esiste e comunque esiste anche una necessità di salvaguardare l’immagine dello sport di alto livello, che non può essere lasciato in balia di sé stesso.
L’ipocrisia della faccenda Schwazer potrebbe anche essere la goccia che fa traboccare il vaso ma per me il vero problema non è quello. Il mio è un problema da tecnico ed è un problema di difficile comprensione: è che per colpa dell’eccesso di medicalizzazione dello sport di alto livello negli ultimi 30-40 anni si è prodotta un’ulteriore frattura fra lo sport di alto livello e quello di base che se fa bene allo sport spettacolo non fa certamente ben allo sport di base.
Un presunto ponte fra sport di base e sport di vertice che è il sogno di ogni allenatore che operi a contatto con i ragazzi che hanno bisogno di sognare per praticare lo sport con entusiasmo non è mai stato gettato e il massiccio impiego della farmacologia nello sport di alto livello ha ulteriormente impedito che quel ponte potesse essere costruito.
Il mio problema non è quello dell’assurdità del campione pescato positivo che viene fischiato da un pubblico incompetente quando rientra alle gare (che non sa che probabilmente quel campione è pure meno dopato di altri e semplicemente ha avuto problemi incomprensibili con l’antidoping) il problema è quello del ragazzino di sedici anni che giustamente non piglia nessun farmaco per migliorare il suo rendimento sportivo (nemmeno quelle stramaledette vitamine che i nostri genitori avevano la cattiva abitudine di darci in modo sistematico “per rendere di più a scuola…”) e si confronta con atleti che molto spesso hanno nel supporto farmacologico un aiuto che incrementa notevolmente il gap fra atleti “normali” e atleti superperformanti.
Lo sport ipertonico (e qui intendo “ipertonico” in senso metaforico non ce l’ho solo con gli anabolizzanti che sono solo uno degli espedienti per aumentare il gap fra atleti assistiti ed atleti non assistiti) non fa molto bene allo sport di base e che si faccia credere che questo sport sia pure più pulito di quello amatoriale mi da parecchio fastidio.
Poi è vero che se gli amatori sono un miliardo ed i professionisti un milione l’uno per cento di un miliardo da un numero decisamente superiore al 50% dei professionisti, ma insomma ignorare che in un certo tipo di sport l’ausilio farmacologico è diffuso circa 50 volte più che nell’altro ( e soprattutto in che modo perché il doping negli amatori non è vero doping ma pura e semplice “idiozia”) non mi pare che renda giustizia allo sport di base dove l’argomento farmaci non è certamente il primo degli argomenti che caratterizzano l’attività sportiva.
Una vera soluzione al problema non c’è ed io penso, ma posso benissimo sbagliarmi, che una campagna informativa autentica potrebbe essere almeno un tentativo per affrontare davvero il problema. Se poi mi dicono che questa ipotesi non sta in piedi perché via assolutamente impraticabile per tutelare l’immagine dello sport spettacolo, allora vuol dire che l’apparenza conta più della sostanza, cosa che in tutte le cose che passano per televisione è terribilmente vera. A questo punto ho solo un accorato appello da rivolgere alla categoria dei giornalisti: “Per favore non fate credere ai comuni cittadini che il doping sia un fatto che coinvolge essenzialmente lo sport amatoriale perché questa balla fa male allo sport di base. Lo sport di base ha necessità assoluta di essere avvicinato il più possibile allo sport di vertice, dire che i campioni dello sport sparano prestazioni di vertice a go-go come se nulla fosse e in più hanno anche l’aureola di santi che gli amatori non hanno non serve a nessuno. A quel punto sarebbe più onesto scrivere che di doping non si può scrivere, punto e basta.