“…nell’articolo parti di un presunto salto di qualità della categoria degli insegnanti di educazione fisica che devono acquistare professionalità ed importanza in un momento storico come questo. Se da un punto di vista teorico il punto di vista è condivisibile non capisco come si possa adesso, in un momento nel quale non ti fanno nemmeno aprire la palestra, perseguire quell’obiettivo…”
E’ proprio la pandemia a darci l’occasione per qualificare il nostro lavoro e sono proprio le palestre chiuse a farci capire che come tecnici del movimento dobbiamo agire anche e soprattutto fuori dalle palestre. La gente per fortuna si può muovere ancora all’aperto ed è difficile pensare che anche se il virus dovesse diffondersi ulteriormente si arrivi a misure drastiche quali quelle della primavera 2020, non per ragioni squisitamente economiche, ma proprio per motivi sanitari nel senso che si è visto che il lockdown totale ha causato problemi di salute gravi alla popolazione e la maggior parte dei medici sono d’accordo sul fatto che sia opportuno giungere a queste misure solo in caso di pericolo grave di diffusione esponenziale del virus perché bloccare in casa la gente produce un danno certo più consistente di quanto si possa immaginare alla salute generale.
Pertanto adesso è sotto gli occhi di tutti la necessità di muoversi all’aperto ed in questo ambito dobbiamo trovare i sistemi per aiutare la gente che non ha le idee molto chiare su cosa sia opportuno fare per tenere un buon livello di salute. E’ chiaro che come negli ambienti al chiuso per sistema organizzativo sia molto facile provarci con la proposta privata di assistenza e pertanto i professionisti gestiscono le loro palestre private conducendole in modo assolutamente autonomo, per l’assistenza negli spazi all’aperto non si possa fare facilmente altrettanto ed è lì che bisogna andare a tappare un terribile buco politico culturale nel senso che il cittadino comune attualmente non ha nemmeno per la testa di poter richiedere un’ assistenza in tal senso. Il tecnico di attività motoria a disposizione della cittadinanza è ancora un discorso futuribile e me ne accorgo quando al percorso della salute chi non mi conosce fatica a capire cosa propongo e crede sempre che, sotto sotto, stia facendo pubblicità ad una palestra privata.
Dobbiamo farci carico dell’attività motoria di tutta la popolazione, non solo di chi frequenta le palestre private, questo è il concetto ed è indubbiamente un concetto di “Welfare State” che come strategia politica potrebbe sembrare superato più che futuribile ed invece non può trovare altri sbocchi perché i privati non hanno né i mezzi né gli spazi per organizzare un’ assistenza in tal senso. Proprio perché la popolazione è poco sensibilizzata su queste cose dovrà partire dagli esperti del movimento una sollecitazione di analisi del problema perché se non si vogliono gettare dalla finestra i soldi di un sistema sanitario nazionale che ha ben altri problemi sarà proprio il caso di razionalizzare la prevenzione sanitaria affidandola a chi si occupa di movimento nel senso che la vera prevenzione è quella. L’indagine diagnostica precoce può anche essere chiamata prevenzione ma è già un passo successivo. In un concetto evoluto di prevenzione noi vogliamo che il cittadino non si ammali proprio o, al limite, si ammali più tardi possibile, non ci accontentiamo che si accorga sempre prima delle sue malattie con un metodo che, se vogliamo, è sempre impostato sulla patologia e non sulla salute.