Mi si chiede se sia più sensato e razionale affidarsi ad un approccio metodico per affrontare l’attività motoria o se piuttosto andare molto per improvvisazione anche in considerazione del fatto che, nonostante questa seconda strada sembri la meno efficace, io insisto molto sul mio sito sulla necessità di non pianificare troppo.
La domanda è di tipo amletico ed è anche un po’ una questione filosofica ma una mia idea in proposito ce l’ho.
Dovrei dire una serie di idee, perché la prima piuttosto chiara, forse l’unica chiara è che una risposta certa a tale quesito non ce l’abbia e non ce la possa avere nessuno. E’ il motivo per il quale io sostengo che la materia del movimento sia un’arte e non una scienza, ci sono troppe variabili in gioco per poterla definire scienza, non si può avere la presunzione di codificare l’approccio al movimento, la massa dei dati è talmente enorme che anche se esistesse il computer in grado di elaborarcela non può comunque esistere il programmatore in grado di caricare questi dati sul computer. Sarebbe un lavoro immane che potrebbe anche portare a risultati deludenti perché, una volta caricati tutti quei dati, altre variabili impreviste andrebbero ad inficiare il risultato finale condizionandolo in modo decisivo.
Purtuttavia una mia via al metodo ce l’ho, anche se è vero che tendenzialmente, per quanto sopra esposto, tendo a consigliare di fuggire dall’approccio metodologico.
Lasciamo perdere per un momento il capitolo dell’entusiasmo oppure partiamo proprio da quello perché posso capire un approccio metodologico almeno in talune fasi dell’accostamento al movimento. Non c’è dubbio che sia più entusiasmante un’attività improvvisata, giocosa ed istintiva dove ogni giorno si crea qualcosa di nuovo, si scopre qualcosa di nuovo e ci si prepara a nuove sensazioni. Quello è certamente un approccio vincente al movimento e forse anche il più reale perché veramente noi a qualsiasi età, ogni giorno, scopriamo qualcosa di nuovo sulle nostre capacità di movimento, nel bene e nel male. Nel bene tutte le volte che impariamo qualcosa di nuovo e possiamo con successo andare ad inserirla nella banca dati delle nostre informazioni sul movimento e nel male nel momento in cui l’età che avanza tende a toglierci qualcosa ogni giorno che passa ed allora bisogna essere precisi e puntuali nell’aggiornare la nostra banca dati per fare in modo che quel qualcosa in meno faccia meno danni possibile.
Lascio una porta aperta al metodo, anche se toglie entusiasmo, per certe situazioni difficili che sono certamente quelle particolari di infortunio dove i protocolli dei fisioterapisti ci impediscono giustamente di lavorare con improvvisazione ma anche per altre situazioni che sono tipicamente di nostra competenza dove il fisioterapista non c’entra niente e dove, ahimé, dobbiamo lavorare un po’ con quella cautela e con quella capacità di prevedere la gradualità delle varie tappe che è tipica del fisioterapista.
Alludo ai sedentari cronici di lungo corso, quella infinità di soggetti che sono praticamente allergici al movimento e si inventano scuse di tutti i tipi per muoversi meno possibile, per celebrare il trionfo dell’automobile a più di un secolo dalla sua invenzione e ad oltre mezzo secolo dalla sua diffusione in modo patologico su tutta la popolazione. Questo fantastico giocattolo (più volte definito il “giocattolo degli adulti” che ci investono sopra danari, emozioni e fantasia) ha stravolto la vita delle persone ed ha provocato quella pandemia nascosta che fa molte più vittime del covid, che passa quasi inosservata e che risponde al nome di sedentarietà dilagante. L’automobile che poteva essere uno strumento eccezionale per risolvere alcuni nostri problemi (un po’ come il telefono cellulare se vogliamo) è diventata fonte di danni inestimabili per la salute generale della popolazione (proprio come il cellulare, sempre se vogliamo). Come nel caso della diffusione dei telefoni cellulari non si è posto alcun freno alla diffusione patologica di questa fantastica disgrazia perchè il mercato l’ha fatta da padrone e per il mercato non è mai esistito un valido motivo per porre freno all’utilizzazione di queste due cose. Così adesso abbiamo gente che vive una buona quota del tempo della sua vita dentro ad un’ automobile e gente che vive una quota altrettanto elevata del tempo della sua vita con un telefono cellulare in mano che stronca la comunicazione autentica interpersonale. La tragedia della civiltà per la quale bisogna scomodare addirittura le forze dell’ordine quando dovrebbe essere più che sufficiente il comune buon senso, è quando per non poter rinunciare a nessuno di questi due disastri l’uomo del terzo millennio rischia di perdere la vita mentre sta guidando la sua comoda auto ma nel contempo prova pure ad usare il suo splendido telefono di ultima generazione che è evolutissimo ma non ha la capacità di guidare l’auto che viene guidata male per colpa sua.
In una società così complessa dove il sedentario cronico non è un personaggio isolato e frutto del caso ma un personaggio in ottima compagnia e frutto di una ben precisa situazione sociale io mi abbasso a dire che un approccio anche di tipo metodologico al movimento può essere sensato anche se sono il primo a dire che purtroppo rischia di perdere una grande quota di entusiasmo proprio per l’atto della pianificazione che, già come nome ci fa capire che di entusiasmante possa avere ben poco.
Il metodo sul sedentario può avere un senso perché il sedentario è un mezzo malato. Ha poco da giocare, ha già giocato troppo con l’automobile e talvolta anche con la cucina e questo gioco disordinato ha fatto danni sul suo fisico, danni molto spesso quasi irreversibili e che comunque non si possono riparare in pochi mesi.
Per prassi io mi occupo del flagello della sedentarietà più che dei disordini alimentari, anche perché, non essendo un dietologo, non mi permetto il lusso di mettere il becco in un campo che non è di mia competenza qual’è quello della scienza (questa sì è scienza e non arte e mica tutti l’hanno capito…) dell’alimentazione. Però, visto che mi arrivano un sacco di quesiti sull’argomento, mi tocca anche rilevare come molto spesso un eccessivo uso dell’automobile e i disturbi alimentari vadano di pari passo e non bisogna essere dietologi per capire il perché di questa “abbinata perdente”. L’automobile, clamoroso fattore di sedentarietà (attenzione che anche la televisione non scherza ma sui danni di quella mi sono già soffermato in molti altri miei articoli) può indirettamente danneggiare i centri dell’appetito perché toglie possibilità di movimento. Quando il movimento scende sotto certi livelli minimi rischiano di saltare pericolosamente i centri dell’appetito e chissà perché saltano sempre verso l’alto. L’automobilista, che come sedentario ha bisogno di mangiare meno, si trova a mangiare di più di chi va normalmente in bicicletta e a piedi per il semplice motivo che quest’ultimo ha i centri dell’appetito che funzionano bene e lo portano a mangiare ciò di cui ha bisogno mentre l’automobilista (che poi a casa magari si piazza pure davanti alla tv così centra un’ altra grande accoppiata perdente…) ha la centralina del fabbisogno di cibo fuori uso che non funziona più in automatico e deve stare sempre lì a capire se sta mangiando giusto o se non sta invece esagerando.
Sto esagerando con il brodo, con fare un po’ terroristico ma descrivendo comunque cose purtroppo reali ed incontestabili per farvi capire perché almeno in una prima fase può essere opportuno per chi si accosta al movimento adottare un metodo quasi scientifico e rinunciare, almeno temporaneamente, alla fantastica giocosità del movimento.
Contraddico me stesso in tali affermazioni ma sono convinto che l’obiettivo finale sia andare a scoprire la gioia vera del movimento ed a quel punto l’ex sedentario è salvo e non torna più indietro e può cominciare a sperimentare tutto quello che vuole in tema di attività fisica come io suggerisco sempre di fare per aumentare il proprio alfabeto motorio, per divertirsi e senza paura di sbagliare perché si sbaglia molto di più con la sedentarietà che con il movimento.
Allora ricapitoliamo per non fare casino come al solito: tendenzialmente l’improvvisazione è più divertente, stimola la fantasia e ci porta a conoscere meglio il movimento di ogni metodo e/o pianificazione ed è tale atteggiamento che suggerisco io a chi ha già una discreta confidenza con il movimento. Tale atteggiamento posso suggerirlo anche a chi pur non avendo un gran bagaglio motorio non è comunque un sedentario. Se un soggetto mi dice che ha sempre camminato tanto e pertanto non è un sedentario, non ha su di se nessuno dei danni lasciati dalla sedentarietà e pertanto nessuna resistenza, nessuna refrattarietà al movimento io suggerisco subito a questo soggetto di tuffarsi nel fantastico mondo dell’improvvisazione, sbaglierà certamente ma non sbaglierà in modo drammatico perché non essendo mai stato sedentario non lo diventerà, rischierà solo di capire che ha gran tanto da imparare in tema di movimento ma questo non è un rischio ma una conquista.
Al contrario non si può suggerire al sedentario patologico di improvvisare giocando perché questo è quasi sicuro che gioca a fallire con il movimento perché il sedentario ha una paura fottuta del movimento che a suo parere vede come un’atroce condanna ed istintivamente, in modo conscio e pure in modo inconscio, si inventa tutte, ma proprio tutte, le strategie per fallire con il movimento e dimostrare a sé stesso ed al resto del mondo che lui con il movimento non può farci nulla perché non è geneticamente portato per quello. E questa è la grande bufala patologica che dobbiamo smontare, con metodo appunto, nel sedentario. Non si nasce sedentari non si nasce con una cattiva predisposizione al movimento, non si nasce automobilisti, lo si diventa dopo.
Una delle strategie del sedentario è quella di porsi subito obiettivi troppo elevati per poterli fallire e così guarda subito alla bilancia che erge a giudice della qualità del suo lavoro. E questo è il primo grave errore di chi si muove troppo poco e deve cominciare a muoversi di più. L’obiettivo non è il peso ma muoversi. Il peso eccessivo non è che la conseguenza di un problema ben più grave che è la mancanza di movimento. Quando uno ha imparato a muoversi pian piano poi tende a perdere peso ma questa cosa avviene in tempi lunghi perché devono ritrovare efficienza i centri dell’appetito e non è che ci impieghino poco. Io dico che il sedentario è salvo quando è assuefatto al movimento e non ci rinuncia più nemmeno se la bilancia non si muove. Il sedentario che guarda la bilancia tutti i giorni è uno che sta cercando scuse per muoversi di meno e per trovare altre soluzioni per dimagrire di più. Confonde la causa con l’effetto, non capisce che se vuole combattere in modo autentico il sovrappeso dovrà prendere la mania di muoversi sempre senza abbandonarla. Il momento del trionfo è quando può passare dal metodo ad una sana improvvisazione.
Pertanto, a malincuore, sostengo il metodo per chi non può ancora definirsi una persona normalmente mobile a tutti gli effetti e suggerisco pure come questo metodo deva essere orientato a contenere i carichi di attività fisica perché la prima strategia per il sedentario è esagerare per poter avere un’ottima scusa per potersi fermare.
Parola d’ordine del sedentario è continuità di movimento per poter aumentare il carico totale. Non serve a nulla un’unica seduta settimanale di 50 chilometri in bicicletta, servono sette sedute di dieci chilometri che danno un carico totale di 70. Quel carico totale di settanta chilometri settimanali può in breve raddoppiare senza sconquassi se è diluito su sette giorni. Al contrario un carico di 50 chilometri nel fine settimana che già di per sé può risultare gravoso è più difficile da incrementare e già un’ uscita da 70 chilometri può far dire al personaggio che quella è una fatica improponibile ed inutile.
Anche se noioso il metodo è quello che ci pone razionalmente al riparo da sorprese. Poi l’entusiasmo è un’ altra cosa, su questo ne sono d’accordo ma nel sedentario arriva dopo perché all’inizio l’unico vero entusiasmo lo prova solo nel trovare tutte le strategie per tornare al suo regime di sedentario, solo perché non sa che, alla fine, muoversi è molto più bello che stare fermi. Effetto collaterale del movimento: si perde il gusto per quel fantastico “stare fermi” in auto, davanti alla tv, sul cellulare, in tutti quei modi che il mercato continua a proporci perché al mercato della nostra salute non gliene frega proprio niente, esistiamo solo come consumatori.