Domanda su “La correzione in teoria del movimento”

“… ho capito che correggere non è una bella cosa ma se ci troviamo in presenza di un gesto tecnico indubbiamente discutibile, poco efficace e addirittura pericoloso perché potenziale innesco per pericolosi sovraccarichi come possiamo agire per mettere l’atleta in condizione di migliorare quel gesto in tempi non biblici?”

 

Tentare di migliorare un gesto tecnico non vuol dire correggere un errore. Qui ci perdiamo sul lessico ma queste distinzioni lessicali non sono di importanza trascurabile. Per parlare di correzione di errori dobbiamo individuare un errore, un qualcosa di sbagliato ed il problema è quello appunto, individuare qualcosa di sbagliato perché ciò che può apparire sbagliato e sconveniente ad un primo sommario esame si può rivelare in un secondo tempo razionale, efficace e per nulla sbagliato, di più, la miglior soluzione tecnica possibile per quell’atleta.

Due esempi pratici perchè a volte a parole si fa fatica a capirsi (il “lessico” appunto): il maratoneta Robert De Castella e l’ex primatista del mondo dei 200 e 400 metri Michael Johnson. Il primo ha corso la maratona a livello mondiale per un po’ di anni con una tecnica di corsa che quella del nostro, a volte criticato, Gelindo Bordin a confronto era una corsa di un’eleganza sublime. Bordin correva con una corsa un po’ caracollante, a volte pareva dondolare un po’ come a cantarsi  una ninna nanna in una corsa infinita che lo doveva portare nei pressi del traguardo più rilassato degli altri ma era comunque una corsa da ritenersi più che valida per un maratoneta anche se non era esattamente quella di un keniano tipo l’odierno Kipsang (decisamente più elegante ma quasi sicuramente anche più dispendioso, poi, se lui ha un’ infinità di energie da impiegare in quelle due ore, buon per lui…), De Castella correva con una tecnica di corsa che definire “tipo papera” è un complimento. Praticamente De Castella pareva un grosso paperone che si trascinava per 42 km con questo fisico che non sembrava fatto per correre. Ma vinceva e vinceva alla grande. Cosa bisogna dire, che se De Castella avesse corso con la tecnica di corsa di un Keniano o, più semplicemente con una tecnica di corsa simile a quella di Bordin, avrebbe potuto massacrare il  record del mondo della Maratona? No, per lo stesso motivo per cui  se un Keniano  provasse a correre come De Castella si e no che riuscirebbe a non inciampare e a stare in piedi.

Passando al fantastico Michael Johnson anche lui correva con una corsa che pareva ridicola, pareva un personaggio dei fumetti. Frequenze stordenti da farti venire il mal di testa a vederlo ma ampiezze curiose per un protagonista del suo valore. Ebbene Michael Johnson ha massacrato il record dei 200 metri in modo più significativo e clamoroso di quanto sia riuscito a fare il leggendario Bolt. Johnson l’ha portato dai gloriosi 19″72 di Mennea ad un notevolissimo 19″32 per un miglioramento di 40 centesimi, mentre Bolt l’ha portato da 19″32 a 19″19 per un bel miglioramento di 13 centesimi, certamente significativo ma molto meno consistente di quello ottenuto da Johnson. Premesso che Bolt correva splendidamente, cosa dobbiamo dire, che Johnson correndo così avrebbe potuto correre in 18″80? No, per il semplice motivo che se sta in piedi questa ipotesi allora qualcuno può pure sostenere che se Bolt avesse corso come Johnson avrebbe potuto fare anche 42″ e mezzo sui 400 metri. Uno era più elegante (Bolt) l’altro era più economico (Johnson) non è un caso che il più elegante sia riuscito a fare anche il mondiale dei 100 dove la forza e la velocità di punta sono fondamentali, non è un caso che il più economico (Johnson) sia riuscito a fare anche il mondiale dei 400 dove la capacità di correre forte spendendo poco diventa essenziale per correre molto forte anche la parte finale della gara.

Per cui tutto il discorso del miglioramento o della “correzione” sta in piedi solo se abbiamo ben chiaro in testa cosa c’è da migliorare, cosa c’è da correggere. Torno al punto di partenza affermando che non è importante correggere un certo gesto tecnico quanto tentare di capirlo. Quando l’avremo compreso davvero saremo in grado anche di intuire se in questo gesto ci sono delle possibili “perturbazioni” (e daje con ‘sto lessico che fa solo che casino…) da portare per vedere se si riesce in qualche modo a migliorarlo e renderlo più efficace o se invece non è assolutamente il caso di intervenire in alcun modo perché quello è già un gesto messo a punto nel migliore dei modi e frutto di un affinamento tecnico consolidato.

Personalmente ritengo che De Castella corresse nel miglior modo possibile per la sua struttura e che i grandi risultati che ha ottenuto sia riuscito ad ottenerli anche grazie ad una tecnica di corsa magistralmente adattata alle sue caratteristiche fisiche. Stesso discorso dicasi per Michael Johnson che è stato l’unico atleta in grado di interpretare 200 e 400 metri in quel modo. I modelli ipotetici potranno essere modelli di eleganza che forse possono servire per le sfilate di moda ma non servono per primeggiare nello sport e nemmeno per fare attività fisica per la salute perché ciò che è tanto utile per un certo atleta stronca un altro atleta che ha caratteristiche fisiche molto diverse. Molto difficile comprendere ciò che è sbagliato e dunque “correggibile”, altrettanto difficile comprendere i perché di un certo movimento ma almeno deontologicamente più “corretto” (e, a volte, le parole sembrano fatte proprio per prendersi in giro, perché se la correzione è spesso inopportuna può essere anche inopportuno correggere un tecnico che lavora soprattutto su quella…).