“Ma, a prescindere da tanti discorsi teorici e pseudo filosofici, non credi che in base ad un’attenta ed obiettiva analisi delle condizioni dell’atleta possa esistere un solo obiettivo validamente perseguibile e che evutuali altre scelte siano comunque forzature in un senso o nell’altro che hanno poca utilità se c’è un rapporto di fiducia fra tecnico e atleta?”
“No, e qui preciso che la risposta è del tutto personale perché tale osservazione può forse avere una sua validità da un punto di vista scientifico ma lo sport non è una scienza bensì un’arte (tranne che quando andiamo a considerare il supporto farmacologico ed è li che mi intristisco molto quando a volte si da proprio la precedenza a quello…) e pertanto non è soggetta ad indicazioni di carattere scientifico, prova ne sia la gigantesca bufala delle frequenze cardiache che per decenni ha inquinato la preparazione negli sport di resistenza.
Se lo sport fosse una scienza avrebbe senso cercare un unico obiettivo razionale per ogni atleta e sarebbe sensato proporre quello. Invece lo sport è un’ arte e per fare un esempio estremo a me, che sono un prudente ed invito tutti gli atleti ad una grande umiltà, se un ragazzino di tredici, quattordici anni mi viene a chiedere molto semplicemente se può fare il record del mondo dei 100 metri gli rispondo molto semplicemente “Si” perché questa è la fantastica realtà dello sport che anche se esiste un modello probabilistico che ti dice che un qualsiasi normale ragazzino di tredici, quattordici anni ha circa una possibilità su mezzo miliardo di arrivare a fare il record del mondo sui 100 (se pensavate che fossero di meno vi sbagliavate, in realtà è anche più di una su mezzo miliardo ma non ho esagerato per stare con i piedi per terra…) comunque non si può dire a priori praticamente a nessun ragazzino normale di quell’età che non potrà mai fare il record del mondo sui 100.
Pare che facendo questo esempio sia andato molto distante dal quesito. In realtà la maggior parte dei ragazzini sani di quell’età vogliono proprio fare in record del mondo in qualche stramaledetta disciplina sportiva e sono tanto più sani quanto più non sono disillusi su questo argomento perché, al contrario, un ragazzino che non punta molto in alto in nessuno sport a quell’età non è un ragazzino maturo come vogliono farci credere ma un ragazzino un po’ malaticcio almeno dal punto di vista psicologico. Nello sport è piuttosto sensato smettere di sognare attorno ai 100 anni ma con l’avvento alle competizioni della categoria dei 105 enni (pochi ma ormai ce ne sono anche lì…) non ha senso non sognare nemmeno a quell’età ed è per quello che mi arrabbio quando certe idoneità sportive non vengono attribuite solo per motivi di età magari motivando il tutto con una presunta sindrome di Highlander che è tutta da discutere.
La nostra società è malata di razionalità e per fortuna non può esistere un unico obiettivo razionale nella pratica sportiva, poi sono io il primo a dire che sparare troppo in alto, soprattutto nel breve periodo, non è una bella strategia per divertirsi.
Io sono del parere, e anche questa è un’opinione decisamente personale e assolutamente discutibile, che sia utile porsi obiettivi facili da raggiungere all’inizio della pratica sportiva per acquistare fiducia per poi aumentarli di difficoltà man mano si cresce e si è fatta una certa esperienza che ci permette di incassare senza traumi anche alcune delusioni. Invece nella nostra società si tende a fare esattamente il contrario: al poppante che non ci capisce niente di sport si sparano obiettivi insensati rischiando di creargli delle amare sorprese e una pericolosa disillusione verso lo sport agonistico e all’atleta di diciotto-venti anni che ha bisogno di svegliarsi fuori e di forti stimoli per non abbandonare la pratica sportiva diventata a quel punto veramente impegnativa ed onerosa in termini di tempo si propongono obiettivi da atleta delle categorie amatoriali che pratica sport per buttare giù la panza. Il top si raggiunge quando al novantenne che gareggia ancora con la saggezza di un guru indiano gli si dice “Ma sei matto a gareggiare ancora? Lo sai che potresti anche fare un colpo secco?” E qui ognuno è libero di pensare che il matto sia chi si diverte a fare ancora le gare a 90 anni oppure quello che valuta che … c’è il rischio (circa una possibilità su 10.000 che è meno di quella di essere investiti da un’auto sulle strisce pedonali) di farci un colpo secco.
Se devo dare una definizione di utilità dell’obiettivo dico che l’obiettivo è azzeccato nel momento in cui rende l’attività divertente e contribuisce anche ad ottenere i migliori risultati possibili dove questa seconda cosa può eventualmente prendere il sopravvento solo nella fascia di età compresa fra i 22 ed i 30 anni circa che è l’età del massimo rendimento e dove un atteggiamento un po’ più maturo e che sacrifichi almeno parzialmente il divertimento può essere anche lecito.
Pertanto a mio parere non esiste un unico obiettivo, dipende veramente da molte cose e quasi sempre deve essere quello che rende l’attività più divertente e gratificante. Chiaramente a 100 anni è già molto andare a mettersi in pista e lì davvero se l’arzillo vecchietto ha strane pretese si può temere che abbia la sindrome di Highlander ma se ha semplicemente deciso che fra rischiare di morire sul campo sportivo e rischiare di morire al cinema preferisce la prima ipotesi non si può dire che è un pazzo scatenato. A meno che non sia un appassionato di cinema.