“Sento spesso parlare di allenamento condizionale ed allenamento tecnico come se fossero in contrapposizione fra di loro. Anche su questo sito, in alcuni articoli, mi pare di intuire un atteggiamento di disputa fra le due componenti dell’allenamento. Ma non è che questi due aspetti della preparazione possano essere portati avanti in modo sinergico per costruire un piano razionale di preparazione sportiva?”
Hai intuito alla grande quelle che sono le convinzioni del sottoscritto e mi fa piacere che tu abbia capito che faccio il tifo (e ti devo confessare anche in modo piuttosto spudorato) per una delle due componenti della preparazione. Io tifo decisamente per l’aspetto tecnico della preparazione. Hai ragione quando dici che i due aspetti possono essere portati avanti di pari passo in modo sinergico ed il tuo è un punto di vista molto equilibrato. Mi sento in dovere di spiegarti perché io sono chiaramente schierato e mi entusiasmi molto la parte tecnica della preparazione quanto mi pone seri dubbi l’esasperazione dell’aspetto condizionale della stessa.
Ritengo che negli ultimi 30-35 anni, forse con una leggera quanto auspicabile inversione di tendenza negli ultimissimi anni, abbia dilagato la moda di dare la precedenza all’aspetto condizionale della preparazione. Visto che io sono sempre contro le mode basta attendere che diventi di moda l’aspetto tecnico che mi metterò a sostenere quello condizionale. Non credo, penso che sosterrò sempre l’aspetto tecnico anche se dovesse diventare di moda e farò un’eccezione al mio stravagante atteggiamento di scagliarmi sempre contro le mode.
Se l’aspetto condizionale diventa l’unico aspetto della preparazione per assurdo si può anche smettere di allenare gli atleti. Basta prepararli in laboratorio. E’ una frecciata chiaramente polemica nei confronti dell’alta medicalizzazione dello sport questa ed arriva, non a caso, da un personaggio che, pur di non inquinare la sua preparazione con un certo tipo di interventi, ha troncato la carriera sportiva un po’ precocemente. Ma sono sempre più parziale, quando, guardando al mio passato, invece di dire che ho chiuso precocemente perché ho rifiutato ogni tipo di trattamento farmacologico che potesse supportare la mia preparazione, sostengo di essere stato un emerito somaro ad insistere con carichi molto consistenti di allenamento che potevano essere sopportati esclusivamente con un qualche tipo di integrazione alimentare e/o farmacologica. In altre parole mentre gli altri mi dicono che sono stato scemo perché sono andato alla guerra con la fionda e la cerbottana, io dico che sono stato scemo semplicemente perché mi sono allenato troppo.
Comunque continuo a fare lo scemo ancora, e adesso in modo più grave perché consapevole, dicendo che a mio parere l’aspetto tecnico della preparazione deve avere la precedenza assoluta su quello condizionale.
Un’affermazione, penso condivisibile, e poi un esempio scomodando niente popò di meno che il motociclismo per spiegarmi. L’affermazione è che connesso ad un intervento di tipo tecnico sulla preparazione c’è sempre almeno un minimo di aspetto condizionale mentre non si può dire viceversa.
Se io eseguo delle partenze dai blocchi per mettere a punto una partenza sempre più rapida eseguirò certamente un intervento di tipo tecnico (a meno che queste partenze non siano centomila e fatte tutte con la testa altrove…) ma connesso a questo intervento ci sarà sempre anche un minimo di stimolazione di doti condizionali. Insomma per partire dai blocchi devo usare la forza, la rapidità e, oltre che i circuiti nervosi, vado a stimolare anche organicamente tutto l’apparato locomotore.
Al contrario, se alleno in palestra le doti di forza con esercitazioni extra che nulla hanno a che fare con il gesto tecnico ma che hanno il solo obiettivo di incrementare la forza perché so che quella forza mi tornerà utile per partire più rapidamente, eseguo un intervento di tipo condizionale che potrà anche essere molto utile in funzione del risultato finale ma che di propriamente tecnico non ha un bel nulla.
Scomodiamo il motociclismo. Il motociclista può consegnare la sua moto a chi gliela mette a punto e dirgli: “Voglio che in rettilineo faccia vedere la polvere a tutti gli altri” poi se ne va a casa e torna a prenderla quando è pronta. Un altro motociclista (mi viene in mente Valentino Rossi, non so se è leggenda o se è così davvero…) va dal meccanico e gli dice: “Adesso mettiamo a punto questa moto, voglio che quando mi piego faccia così poi comincia a lavorare che ti spiego cos’altro mi occorre ma non fare troppe cose senza dirmi nulla perché devo continuare a provarla e devo capire cosa fai e non sta a cambiarmela troppo altrimenti mi crei un casino…” e insomma gli crea un casino lui al meccanico che devono veramente stare lì a lavorarci assieme.
L’allenamento tecnico è questa seconda strada, non posso stravolgere il mezzo perché non so più come reagisce, è una delicata messa a punto, necessita di una infinità di tempo e di una revisione continua di tutte le piccole modifiche.
So che questo esempio con il motociclismo può stimolare un sacco di repliche, la più banale di tutte che non puoi competere con una 125 contro le 250, ma quello che volevo esplicitare l’ho chiarito. Poi ognuno è libero di vederla come vuole. Forse l’atteggiamento più equilibrato è proprio quello di chi ritiene opportuno dare importanza ad entrambi gli aspetti della preparazione. Io sono un tifoso dell’aspetto tecnico, non lo nego, e penso che sia anche più divertente mettere a punto sul campo (in pista) ciò che in palestra (in officina…) può essere ritoccato ma non stravolto.