Nel dialetto della regione dalla quale provengo si usa dire “Te vol ovo, galina e cul caldo” che in sintesi è un modo come un altro per dire “Vuoi troppe cose”.
Il problema del disagio giovanile non è un problema dei giovani ma un problema degli adulti. Il problema dei giovani è che sono sottomessi al mondo degli adulti e quest’anno si festeggia il 50° anniversario dell’ultima volta che i giovani hanno provato a contare qualcosa nella società. Li abbiamo imbottiti di droga e abbiamo “sedato” i loro tentativi di cambiare la società. Non erano partiti con il piede giusto, d’accordo, ma non si meritavano una repressione simile.
Adesso li rimbecilliamo con schermi di tutti i tipi (i più piccoli sono i più pericolosi, non solo per la vista ma, più o meno sono tutti pericolosi, forse l’unico che si salva un po’ è ancora il cinema non per meriti propri ma solo perché è l’unico che può fornire vere occasioni di aggregazione ai giovani) e poi ci lamentiamo perché ci sono ancora le droghe in giro. La scuola è ancora saldamente in mano agli adulti che la governano a loro piacimento, i giovani la subiscono senza fiatare e ci lamentiamo del disagio giovanile. Loro non se ne rendono nemmeno conto di cosa sia il disagio giovanile e non sono nemmeno consci di patirlo, solo subiscono il mondo degli adulti.
Abbiamo insegnato loro che il valore imprescindibile è quello del danaro e che il rendimento scolastico è importante perchè è quello che spalanca le porte per il successo nel mondo del lavoro. Così adesso abbiamo giovani che a 15-16 anni studiano con piglio professionale ed hanno già abbandonato lo sport perché non riescono a conciliarlo con lo studio. Svolgono attività fisica con lo stesso spirito di un quarantenne che vuol buttare giù la pancetta (veramente molte volte il quarantenne è più agonista perché sta tentando di scrollarsi di dosso vent’anni di repressione) e ci lamentiamo perché accusano il disagio giovanile.
Ma le grandi scelte le hanno fatte loro o le abbiamo fatte noi per loro? Questa società se la sono inventata loro o l’abbiamo costruita noi?
Troppe volte affermo che se la scuola non è in grado di organizzare la fondamentale attività fisica per i ragazzi farebbe bene almeno a tentare di non ostacolarla e quando tratto questo argomento vengo fatto passare per un eccentrico che non si rende conto di che ritardi terribili in termini di apprendimento si deva occupare la scuola attuale. Non lo metto in dubbio che ci siano dei ritardi terribili ma insisto sul detto veneto “No se pol averghe galina ovo e cul caldo”, se pensiamo solo a questi ritardi terribili non pretendiamo di avere una gioventù sana che non accusa il disagio giovanile.
In sintesi li vogliamo obbedienti, pronti e preparati ad affrontare un mondo del lavoro che molto probabilmente non sarà pronto per premiare i loro sforzi (e quello l’abbiamo creato noi, non loro) e ci lamentiamo se nel fine settimana si “buttano” approfittando della pausa da scuola. Siamo noi a volere “ovo, galina e cul caldo” non loro.
Se abbiamo a cura la salute dei giovani dobbiamo considerare cosa succede in tutta la loro settimana non solo cosa succede nel momento in cui vogliono sballare per staccare dalla settimana opprimente, quando diventano pure pericolosi perché girano per le strade come degli zombi, bevuti e magari pure impasticcati.
La maturità si può vedere in tanti modi. Secondo un certo modo di vederla è maturo quel giovane coscienzioso che affronta con grande impegno lo studio, anche rinunciando allo sport, poi se al sabato sera diventa un po’ pericoloso ed incontrollabile possiamo tentare di fare un po’ di convegni sul malessere dei giovani per tentate di capire il problema. Secondo altri invece è maturo il giovane, o almeno equilibrato per la sua età, che ha il coraggio di mettere in crisi il rendimento scolastico andando in conflitto con il mondo degli adulti (professori e genitori in prima linea) pur di proseguire la pratica sportiva e quello al sabato sera non va certamente ad ubriacarsi perché nel fine settimana ha quello che è l’evento più emozionante della sua età di giovane, che non è la pasticca o il bicchiere di troppo ma l’attività agonistica nella quale deve essere coinvolto fino al midollo spinale perché se non è così non è per niente autentica.
Lo sport dei giovani non è uno sport purchessia, non è uno sport per buttare giù la pancia, è uno sport che se ti mette in crisi con la scuola è un bel problema perché l’unica cosa certa è che lo sport non si tocca. La maturità del giovane è questa ed il giovane che ha a che fare con questi problemi non è certamente viziato, almeno non come quello che siccome ha un ottimo rendimento scolastico si può permettere il lusso di fare scemate che non stanno né in cielo né in terra.
Abbiamo pena per i bambini dei paesi sottosviluppati che lavorano in tenera età ma non ci rendiamo conto che i nostri giovani sono dei professionisti della scuola che attendono il fine settimana come un lavoratore che fa un lavoro monotono. Non è giusto che siano dei professionisti dello sport, che le loro gesta vengano valutate per quanto possono essere potenzialmente utili per farli approdare ad una carriera sportiva di alto livello ma non è giusto nemmeno che siano dei professionisti della scuola perché al’interno della scuola i professionisti sono gli insegnanti che fra l’altro hanno proprio il compito di insegnare facendo in modo che per il giovane il processo di apprendimento non diventi un lavoro.
La scuola deve farsi carico della tutela dell’attività fisica dei ragazzi, fondamentale per farli crescere sani, anche se non è in grado, per strutture e mezzi finanziari, di organizzarla. Il disagio giovanile si può prevenire solo declassando le ambizioni di competizione scolastica che sono un non senso in una società che non può garantire nessuna certezza e ha bisogno di essere reinventata dai giovani, più che subita.